Il settore delle costruzioni ha chiuso il 2024 con 156mila occupati in più. Un aumento del 5%, che porta la filiera a quota 3,3 milioni di lavoratori. È il dato che più colpisce del rapporto Federcostruzioni, presentato a Bari: l’occupazione cresce mentre la produzione rallenta leggermente. Il valore complessivo si ferma a 643 miliardi di euro, in calo dell’1,7% in termini reali. Ma il motore del lavoro resta acceso.
Costruzioni, l’occupazione corre: +156mila addetti. La filiera tiene anche con produzione in calo
Dopo tre anni di espansione, il comparto non si è contratto ma ha consolidato i livelli raggiunti. L’impatto degli incentivi straordinari rientra, ma non sgonfia la domanda. A sostenerla è la trasformazione del modello: meno ciclico, più continuo. Il settore non si muove più per ondate ma per linea di fondo. E questa stabilità genera occupazione.
Dentro i numeri: chi traina davvero
La parte più dinamica non è il cantiere tradizionale ma la progettazione e i servizi tecnici. Il segmento vale 154,5 miliardi e sale del 7,6%. È qui che si concentra la domanda di nuove professionalità: ingegneri, tecnici digitali, figure intermedie in grado di gestire efficienza energetica e progettazione integrata. La costruzione in senso stretto (51,4% della filiera) arretra del 5,3%, ma l’ecosistema attorno tiene in piedi l’intero comparto.
La spinta dell’export
Il settore continua a pesare anche fuori dai confini. Le esportazioni arrivano a 64,6 miliardi, con un surplus di 33,4 miliardi: numeri tipici delle filiere più forti del manifatturiero italiano. E non è solo prodotto. È servizio, know-how, progettazione. Legno, marmo, ceramica e laterizi non sono più soltanto materiali, ma portatori di filiere specialistiche. La meccanica per le costruzioni aggiunge altri 15 miliardi. L’Italia vende il “modello edilizio” oltre ai componenti.
Una tenuta che non è congiunturale
Il rallentamento è visibile nei cantieri infrastrutturali e nell’edilizia ordinaria, ma non arriva al cuore del sistema. La domanda di riqualificazione energetica e la manutenzione del patrimonio immobiliare continuano a spingere l’occupazione. Non è solo edilizia: è servizio permanente. È il motivo per cui la contrazione produttiva non provoca tagli. Al contrario: induce trasferimento di forza lavoro interna da attività più tradizionali a posizioni tecnico-qualificate.
Il fattore lavoro
Qui sta l’elemento politico-economico: il comparto è uno dei pochi in cui la crescita dell’occupazione non è legata a una spinta artificiale, ma a un bisogno strutturale. Il mismatch resta forte. Le imprese cercano profili che mancano. Sempre più spesso si ricorre a formazione rapida e manodopera straniera. Il ricambio generazionale è tutt’altro che stabile. La spinta occupazionale non è soltanto un segnale positivo: è un sintomo di fabbisogno scoperto.
L’Italia costruisce lavoratori
La filiera delle costruzioni si conferma dunque settore anticiclico. Regge dove altri arretrano. Produce lavoro anche quando la produzione economica scende. È uno dei rari ambienti in cui l’indicatore sociale (gli occupati) racconta meglio dell’indicatore macro (il valore). È il motivo per cui il comparto continua a essere monopolizzato dall’attenzione del governo, delle Regioni, delle imprese e delle associazioni: è un pezzo di politica industriale, oltre che edilizia.