Biorestauro: le ricercatrici ENEA fanno “rinascere” una scultura in marmo del Rinascimento

- di: Barbara Bizzarri
 

La “Madonna del Parto”, splendida statua scolpita dal fiorentino Jacopo Tatti, detto il Sansovino, nel secondo decennio del Cinquecento su incarico della famiglia Martelli,  è custodita in un’edicola nel lato destro dell’ingresso principale di Sant’Agostino in Campo Marzio, la basilica romana che conserva anche un’altra famosa opera in marmo, la “Madonna con Bambino e Sant'Anna” di Andrea Contucci, maestro di Jacopo, che ne “ereditò” il soprannome, oltre a pitture celeberrime come la “Madonna dei Pellegrini” di Caravaggio e il “Profeta Isaia” di Raffaello.

Biorestauro: le ricercatrici ENEA fanno “rinascere” una scultura in marmo del Rinascimento

Oggetto di devozione secolare soprattutto da parte delle partorienti, la statua è stata portata a nuova vita da un team di ricercatrici Enea che, con la tecnica innovativa della biopulitura, ha contribuito al restauro della scultura, continuamente toccata dai devoti e intrisa con l’olio sacro presente nei lumini votivi, provocando l’imbrunimento di gran parte della superficie marmorea, ma in particolare nella figura del Bambino Gesù.

La biopulitura è stata effettuata con l’impiego di batteri che, in modo estremamente selettivo, hanno rimosso, ‘mangiandole’, sostanze di differente natura, senza intaccare il marmo. L’intervento, durato sei mesi e coordinato dalla restauratrice Anna Borzomati, è stato promosso dalla Soprintendenza Speciale di Roma, in collaborazione con Intesa Sanpaolo.

“L’importanza dell’opera e il degrado del manufatto hanno imposto un protocollo operativo approfondito con indagini diagnostiche che hanno permesso di caratterizzare i materiali di deposito e le macchie presenti sulla superficie come olii, cere e materiale proteico - spiega la ricercatrice Chiara Alisi del Laboratorio di Osservazioni e misure per l’ambiente e il clima di Enea -. Il nostro lavoro è iniziato con diversi test esplorativi effettuati con i ceppi batterici della collezione Enea per individuare i microrganismi più adatti a rimuovere le diverse sostanze responsabili delle profonde maculazioni brune compenetrate nel marmo. Questo ci ha permesso di identificare 4 ceppi diversi in grado di metabolizzare in modo selettivo i depositi individuati in precedenza dalle indagini chimiche”.

I batteri sono stati applicati in successione all’interno di un gel, su un foglio di velina inglese bagnato con acqua per farlo aderire alla superficie. Il tempo di contatto è stato di circa di 12 ore per ogni singolo impacco, sigillato con pellicola trasparente.

“I lunghi tempi di applicazione, necessari per la rimozione dei depositi, e la selettività dei batteri impiegati hanno permesso di operare in sicurezza nel rispetto del materiale costitutivo, preservando anche la salute sia degli operatori che dei fruitori dell’opera all’interno di uno spazio chiuso come la Basilica di Sant’Agostino - prosegue Alisi -. Per la riuscita della biopulitura è stato importante un approccio basato sull’integrazione delle conoscenze tra arte e scienza, in uno sforzo congiunto di restauratori e ricercatori nell’individuare la soluzione più adatta alla rimozione delle sostanze compenetrate nel marmo”.

La capacità metabolica dei batteri costituisce una nuova frontiera nel restauro, ed è stata già impiegata con successo da Enea anche nelle statue in marmo realizzate da Michelangelo Buonarroti presso le Cappelle Medicee in San Lorenzo a Firenze.

Tags: enea, arte
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