Auto elettriche e non solo: la sferza di Biden sulla Cina, il senso pratico di Stellantis

- di: Redazione
 
Non bisogna capirne molto di economia per sapere che, se proprio non riesci a sconfiggere il nemico, almeno puoi tentare di allearti con lui. 
Se poi il campo è quello delicatissimo (viste anche le implicazioni dei complessi rapporti geo-politici con Pechino) delle vetture elettriche prodotte in Cina e pronte a invadere il mondo, si capisce che qualsiasi mossa fatta in ogni direzione può essere decisiva, in un senso o nell'altro.
Per questo non deve affatto sorprendere che, a poche ore dall'annuncio che, tra le misure adottate da Joe Biden per arginare l'aggressiva politica delle esportazioni della Cina, c'è quella di quadruplicare le tariffe per le auto cinesi, Stellantis ha ufficializzato l'accordo per vendere, prima in Europa, poi nel resto del mondo che si trova al di là dei confini del Paese del Dragone, le vetture elettriche prodotte da una casa cinese, la Leapmotor, che fabbrica essenzialmente veicoli per il mercato di fascia media.

Auto elettriche e non solo: la sferza di Biden sulla Cina, il senso pratico di Stellantis

Con tantissimi saluti, verrebbe da dire, alle tentazioni protezionistiche che stanno attraversando cuore e portafoglio di molti governanti del cosiddetto Occidente economico.
Quindi, ripetendo, se non lo puoi battere, fattelo amico.
Ci troviamo di fronte ad una guerra che si combatte senza esclusione di colpi e che (seppure quello dei veicoli elettrici è il settore maggiormente al centro dell'attenzione globale) riguarda i prodotti ''Made in China'' che invadono i mercati globali grazie ad una competitività figlia di un basso costo del lavoro e, diciamolo, di una conflittualità sindacale praticamente inesistente. Combinazione virtuosa che consente alle case produttrici cinesi (auto, ma anche apparecchiature medicali, guanti, mascherine, aghi, siringhe e ci fermiamo qui per motivi di spazio) di inondare i mercati degli altri Paese in modo ''ecumenico'', non distinguendo quelli ricchi dai poveri, così da guadagnare da tutti.
Su questo Janet Yellen, segretario di Stato americano al Tesoro, mentre qualche settimana fa stava per salire sull'areo che l'avrebbe portata a Pechino per incontri ad altissimo livello, era stata chiarissima: ''L’eccesso di capacità produttiva della Cina distorce i prezzi globali e i modelli di produzione e danneggia le aziende e i lavoratori americani, così come le aziende e i lavoratori di tutto il mondo''. 
Una constatazione, ma anche un segnale lanciato agli altri Paesi, produttori ma anche importatori, di alzare il livello d'attenzione nei confronti di un fiume chiamato export cinese. 
Quindi non deve certo sorprendere che l'ukase di Joe Biden si sia rivolto non solo alle auto, ma a gran parte di quei prodotti che agli importatori statunitensi conviene fare arrivare dalla Cina piuttosto che comprarli dai produttori americani a prezzi oggettivamente fuori commercio perché più alti, per i motivi che abbiamo esposto.
Quindi, oltre a quadruplicare le tariffe che erano applicate sui veicoli elettrici (portate dal 25 al 100%), salgono anche i dazi per altri prodotti cinesi: celle solari (dal 25% al 50%); acciaio e alluminio (da 7,5% a 25%, quasi triplicando); triplicando), batterie agli ioni di litio per i veicoli elettrici e sulle batterie al litio destinate ad altri usi. 
Per non parlare di quella che, per Biden, è veramente la madre di tutte le battaglie: assicurare l'indipendenza degli Stati Uniti nel settore dei semiconduttori. In attesa che l'America ne produca tanti da coprire la domanda (non solo interna), le tariffe sui semiconduttori cinesi importati saliranno dal 25% al 50%.
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