Prime time, grandi promesse e una domanda inevitabile: quanto è profezia da palcoscenico e quanto è già scienza che bussa alla porta?
(Foto: Sam Altman, Ceo di OpenAi).
La frase che accende la miccia
Sam Altman ha rimesso l’intelligenza artificiale al centro della conversazione globale con un mix di entusiasmo e prudenza:
nel 2026, sostiene, i modelli inizieranno a produrre scoperte scientifiche.
E poi il salto: in un orizzonte più ampio, l’IA potrebbe arrivare ad aiutare la medicina a curare malattie.
Il contesto è tutt’altro che accademico: il CEO di OpenAI ha portato il tema davanti al pubblico generalista del
The Tonight Show, insistendo su un punto: la velocità.
La stessa tecnologia che potrebbe spingere la salute in avanti, avverte, può essere piegata anche a usi dannosi.
Perché Altman punta proprio sul 2026
L’idea di un “anno-soglia” non nasce dal nulla. Altman aveva già messo un segnaposto nel calendario:
il 2026 come momento in cui i sistemi potrebbero generare intuizioni nuove.
È la logica della “singolarità gentile”: progresso rapido, ma (nelle intenzioni) gestibile e diffuso.
In parallelo, l’IA viene spinta fuori dal recinto dell’assistenza testuale e dentro i flussi della ricerca.
OpenAI ha formalizzato una linea di lavoro orientata alla scienza, descrivendo obiettivi come
supporto alla revisione della letteratura, progettazione di esperimenti e automazione di workflow.
Scoperte scientifiche: cosa significa davvero (e cosa no)
“Scoperta” non è per forza il colpo di genio solitario. Molto spesso significa:
generare ipotesi migliori, selezionare candidati più promettenti, ridurre tempi e costi degli esperimenti.
È qui che una previsione come quella di Altman diventa concreta: non magia, ma accelerazione misurabile.
Medicina: i segnali che esistono già
Farmaci e trial: l’IA arriva in clinica
La domanda decisiva è semplice: c’è qualcosa che entra davvero nei trial?
Nel 2025 Nature Medicine ha pubblicato risultati di fase 2a su un candidato farmaco descritto come
“AI-generated” (inibitore di TNIK) per la fibrosi polmonare idiopatica.
Antibiotici: IA come setaccio contro la resistenza
Sul fronte dei batteri resistenti, diversi lavori hanno mostrato approcci guidati da machine learning per individuare o progettare nuove molecole.
Tra agosto e fine 2025, MIT News/Broad Institute hanno raccontato composti candidati contro patogeni difficili,
mentre Nature Microbiology ha descritto un lavoro che usa deep learning per scovare molecole antimicrobiche nel mondo degli Archaea.
Ma c’è il rovescio della medaglia: anche quando la chimica funziona, l’uscita dal laboratorio resta complicata.
Un’analisi del Financial Times ha evidenziato che molte scoperte guidate da IA sono ancora iniziali e che
gli incentivi economici per portare nuovi antibiotici sul mercato restano fragili.
I numeri: entusiasmo, sì. Trionfalismo, no
Una review del 2024 su Drug Discovery Today ha discusso la performance di pipeline “AI-native” nei trial,
con indicatori incoraggianti in alcune fasi iniziali. È un segnale utile, ma va letto con cautela:
dataset giovani, bias di selezione e molte variabili non comparabili.
Il punto che Altman ripete: rischi e velocità
Nel racconto di Altman il tema chiave è la rapidità con cui tutto cambia: strumenti nuovi, adozione accelerata, impatto sul lavoro.
E quando il cambiamento corre, contano governance e sicurezza: disinformazione, frodi, uso improprio, e anche rischio bio.
OpenAI stessa nel 2025 ha pubblicato un documento dedicato alla preparazione rispetto a future capacità in ambito biologico,
con mitigazioni e criteri di valutazione.
Tra palcoscenico e laboratorio: cosa aspettarsi senza illusioni
- Nel 2026 è realistico vedere IA più utile nel ciclo scientifico: ipotesi migliori, esperimenti più rapidi, progettazione più mirata.
- “Curare malattie” significa soprattutto contribuire a nuove terapie e a trial più efficienti, non un pulsante universale di guarigione.
- Rischi e benefici crescono insieme: più capacità e più accessibilità richiedono regole, controlli e competenze diffuse.
Tradotto: Altman spinge sul futuro, ma lo fa su un terreno dove la ricerca mostra già risultati.
La partita è tutta nella gestione dell’accelerazione: governarla oppure subirla.