L'America fa i conti con l'antisemitismo e gli ebrei si difendono

- di: Brian Green
 
L'episodio risale a qualche giorno fa, nella zona di West Hollywood, a Los Angeles, mentre i canali televisivi trasmettevano le immagini della battaglia di Gaza. Un video mostra un gruppo di autovetture, dalle quali venivano sventolate bandiere palestinesi, i cui occupanti che hanno dato l'assalto ad un ristorante dove, tra i commensali, c'erano anche degli ebrei. Probabilmente si deve solo al caso se non ci sono stati morti, ma quanto accaduto ha alzato, ancora di più, il livello della paura della comunità israelita dell'area di Los Angeles (ma pare che il sentimento sia comune in molte altre città americane), dove il moltiplicarsi di gesti di ostilità verso gli ebrei sta causando preoccupazione.
La risposta delle forze di polizia è stata tempestiva: per l'assalto al ristorante è stato arrestato un uomo, con l'accusa di aggressione con un'arma mortale, anche se gli investigatori stanno valutando se accusarlo anche di crimine d'odio.

Ma agli ebrei losangelini non basta, anche se molti agenti pattugliano le strade dove sono molte le case e le attività lavorative degli ebrei. Per questo, con un passa-parola che si è mosso velocemente, in molti si sono offerti di proteggere, nei limiti della legge, i loro correligionari. Nel distretto di Fairfax, dove c'è una delle sinagoghe più importanti, gli agenti controllano le strade con discrezione, ma sono a dei ragazzi che indossano magliette con scritte in ebraico che gli israeliti si rivolgono, sapendo che quei giovani, arrivando anche da distretti distanti, sono lì solo per garantire la loro incolumità. Uno di loro si chiama Remi Franklin e, ai cronisti del Los Angeles Times, ha detto di essere ebreo, cresciuto a Malibu e di avere messo, al servizio della sicurezza dei suoi fratelli di fede, la sua pratica di arti marziali. Soprattutto a quelli che percorrono La Brea Avenue, una delle strade principali di Fairfax, indossando abiti della tradizione ebrea ortodossa che li rendono facilmente identificabili e, quindi, potenziali bersagli di atti violenti. Alcuni dei volontari si sono limitati a rimanere lungo la strada, mentre altri si sono offerti di accompagnare le persone da e verso il tempio, per i riti dello shabat.

Il giorno dopo l'incidente al ristorante di sushi, Franklin, su Instagram, ha lanciato la sua offerta di aiuto: "Se qualcuno nella comunità ebraica è preoccupato di andare a piedi al tempio io camminerò con lui''.
In molti - sia ebrei che non ebrei - hanno raccolto l'appello: ora gruppi di volontari vigilano nei quartieri del Southland e, ha detto Franklin, lo stesso accade in altri Stati americani e all'estero.
Il gruppo di volontari di Franklin non è stato l'unico, insieme alla polizia di Los Angeles, a fornire, sabato, una protezione alla comunità ebraica. Lo hanno fatto anche elementi dell'organizzazione di sicurezza ebraica Magen Am, che in ebraico significa "scudo della nazione".
Quanto sta accadendo viene vissuto dalla comunità ebraica con paura, ma anche con rabbia, pensando che parte dei media hanno manifestamente preso le difese dei palestinesi, non occupandosi molto degli attacchi antisemiti.

"Vediamo un enorme indignazione da parte dei media ogni volta che ci sono attacchi contro persone di colore o asiatici. Non vediamo quell'indignazione quando ci sono attacchi contro gli ebrei", ha detto, sempre al Los Angeles Times, un israelita di 39 anni. E ci sono anche altre posizioni che sono destinate ad aprire un dibattito. Come le argomentazioni di Shani Kanner, un'israelita che vive a Toronto e stava visitando la famiglia a Los Angeles. La donna ha detto che in questo momento si sente "molto imbarazzata" riguardo all'essere ebrea quando è in pubblico perché non vuole attirare l'attenzione negativa o essere attaccata. ''Non ho fatto niente" - ha detto - "Sono nata ebrea''.
Tags: esteri, usa
Il Magazine
Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
Iscriviti alla Newsletter
 
Tutti gli Articoli
Cerca gli articoli nel sito:
 
 
Vedi tutti gli articoli