Una boccata d’arte nel weekend di Capodanno

- di: Samantha De Martin
 
Rinvenuta tra il 1883 e il 1885 sull’isola di Lemno, nel Mar Egeo settentrionale, la stele di Kaminia è oggi una delle iscrizioni più enigmatiche dell’antichità classica suscitando particolare interesse per le due iscrizioni che reca incise. Risalente al VI secolo a.C. e con raffigurata a bassissimo rilievo la figura di un guerriero di profilo, in piedi, armato di lancia e scudo, gli occhi grandi, un sorriso pronunciato, la Stele di Kaminia ha lasciato temporaneamente il Museo Archeologico Nazionale di Atene per svelare i suoi misteri al pubblico in visita alla Fondazione Luigi Rovati, dove sarà accolta fino al 16 luglio. Ma la bellezza svelata fa tappa anche nella capitale dove le stanze del cardinale Neri Maria Corsini, protagonista della Roma del Settecento, aprono al pubblico a poco più di 250 anni dalla sua morte. Capodanno al museo? Perché no. Il 1° gennaio si rinnova anche l'appuntamento con “domenicalmuseo”, l'iniziativa del MiC che consente l'ingresso gratuito, ogni prima domenica del mese, nei museitaliani e nei parchi archeologici statali. Ecco qualche appuntamento cui non mancare.

La stele di Kaminia alla Fondazione Rovati di Milano

La stele di Kaminia, una delle iscrizioni più enigmatiche di tutta l’antichità classica, ritrovata a Lemno e oggi custodita nel Museo Archeologico Nazionale di Atene, fa tappa eccezionalmente alla Fondazione Luigi Rovati di Milano fino al 16 luglio. Rinvenuta tra il 1883 e il 1885, la stele ha suscitato particolare interesse per le sue due iscrizioni. L’alfabeto è del tipo detto “rosso” (o greco-occidentale), ma alcuni tratti peculiari lo avvicinano ai caratteri etruschi. Le notizie degli autori antichi sui Pelasgi o Tirreni, che avrebbero abitato Lemno fino alla conquista di Atene (500 a.C. circa), spinsero la Scuola Archeologica Italiana di Atene a condurre scavi e ricerche sull’isola per identificare le origini dei Tirreni d’Italia, ovvero gli Etruschi. La stele, opera di una bottega locale, mostra la figura di un guerriero di profilo, in piedi, armato di lancia e scudo. La testa è piatta, gli occhi sono grandi e l’immagine ricorda l’iconografia attestata a Lemno, presente su vasi e altri oggetti in terracotta di epoca arcaica (VII- VI secolo a.C.). Intorno al personaggio è incisa una iscrizione distribuita su 8 righi dal significato controverso.  Anche le ipotesi sul ritrovamento sono dibattute. Quello che è certo è che fu il medico e archeologo greco Vasileios Apostolidis a trasportarla nel 1905 al Museo Archeologico Nazionale di Atene, dove ancora oggi è conservata.

I Bronzi di Riace in mostra a Firenze

Dopo oltre 40 anni i Bronzi di Riace fanno ritorno nella città nella quale furono esposti per la prima volta al pubblico. L’occasione è una mostra fotografica alla Galleria dell’Accademia di Firenze, che vede protagonisti i due straordinari guerrieri in bronzo scoperti il 16 agosto 1972 durante una battuta di pesca subacquea nei pressi di Riace Marina (Reggio Calabria), a otto metri di profondità. A immortalare i due guerrieri gli scatti del grande fotografo Luigi Spina, esposti fino al prossimo 12 marzo. Dopo un avventuroso recupero, i due guerrieri furono trasportati al Museo Nazionale di Reggio Calabria, dove vennero sottoposte a un primo intervento di restauro, affidato successivamente, agli inizi del 1975, al Laboratorio della Soprintendenza Archeologica della Toscana. I Bronzi furono esposti per la prima volta al pubblico nel dicembre del 1980, a Firenze, nel Museo Archeologico, e poi, nel 1981, al palazzo del Quirinale, a Roma. Le due opere, riconducibili al secolo d'oro dell'arte greca, databili intorno alla metà del V sec. a.C., sono al centro del percorso “I Bronzi di Riace. Un percorso per immagini. Fotografie di Luigi Spina”, a cura di Carmelo Malacrino, direttore del MArRC, realizzata per il Cinquantesimo anno dalla loro scoperta. La sequenza delle immagini, otto più otto, dedicate rispettivamente alla statua A e alla statua B, crea un lento e incessante racconto che mira a fare emergere non soltanto gli aspetti soggettivamente visibili, ma anche le caratteristiche che riguardano nel profondo la nostra cultura.

A Roma Palazzo Corsini svela le stanze del cardinale

La Roma del Settecento rivive a Palazzo Corsini attraverso una delle principali figure della vita culturale romana settecentesca, a poco più di 250 anni dalla sua morte. Fino al 10 aprile le Gallerie Nazionali di Arte Antica presentano nella sede di Galleria Corsini la mostra Le stanze del Cardinale. Neri Maria Corsini protagonista della Roma del Settecento, a cura di Alessandro Cosma. L’illustre esponente dell’antica famiglia fiorentina, trasferitosi a Roma nel 1726 presso lo zio cardinale Lorenzo Corsini, eletto papa con il nome di Clemente XII, divenne progressivamente la figura chiave dell’azione politica e culturale del papa, impegnandosi attivamente nei rapporti diplomatici per la corte pontificia.  Tra le sue “imprese” nell’ambito della tutela e della valorizzazione pubblica del patrimonio rientrano anche l’acquisizione della collezione Albani e l’apertura al pubblico dei Musei Capitolini nel 1734. Tuttavia la dimensione “pubblica” del ruolo delle arti trova la sua espressione più alta a Palazzo Corsini alla Lungara, precedentemente Palazzo Riario, acquistato dal cardinale nel 1736 e trasformato in un’autentica “reggia” europea grazie all’architetto Ferdinando Fuga. In questo scrigno trovarono posto la straordinaria collezione di dipinti e sculture, arricchita e allestita da Neri Maria nelle proprie stanze private al piano nobile, e la ricchissima biblioteca di famiglia con gli oltre 60.000 volumi, che il cardinale aprì al pubblico dal 1754. Grazie alla mostra in corso ciascuna delle sale della Galleria racconta un aspetto della vita e dell’azione del cardinale attraverso “oggetti significanti”, dagli appartamenti privati al giardino, dalla biblioteca all’Anticamera delle Canonizzazioni. Il pubblico potrà aggirarsi tra oltre 60 opere ammirando dipinti, sculture, disegni, incisioni, volumi, lettere e documenti d’archivio provenienti dalla sua collezione, attraverso un allestimento “rinnovato” delle sale di Neri Maria, che rispetta più fedelmente le originali scelte di gusto fatte dal cardinale. Il percorso vedrà inoltre esposte 19 opere che da decenni non sono visibili al pubblico perché destinate all’arredo di sedi diplomatiche o istituzionali. Torneranno dunque “a casa” opere come il Tributo della moneta di Luca Giordano, il Ritratto di Giovanni I Corner di Domenico Tintoretto, la Lucrezia attribuita a Guercino, le due grandi Vedute di Roma di Panini, la Madonna con Bambino e angeli di Carlo Maratti restaurata per l’occasione. Completano il percorso espositivo alcuni prestiti prestigiosi di opere che nel corso dei secoli hanno lasciato il palazzo, come lo straordinario Ritratto di Neri Maria eseguito a Parigi da Hyacinthe Rigaud in prestito dalla Collezione Corsini di Firenze.

Picasso e Guernica: un racconto al MAN di Nuoro

Dal 23 settembre al 31 dicembre del 1953 la tela di Guernica fu esposta nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale, a Milano, che presentava ancora i segni dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, dando forma, assieme a oltre trecento opere del maestro spagnolo, alla più grande retrospettiva di Picasso mai tenuta in Italia. Oggi Guernica non viaggia più, non lascia mai la Spagna né la sua sala al Museo Reina Sofía di Madrid dove è custodita. Eppure, settant’anni dopo la storica esposizione a Palazzo Reale, il MAN di Nuoro celebra il passaggio italiano di questo capolavoro con un omaggio che si snoda in due sezioni principali: l’eco di Guernica nella produzione artistica di Picasso e il racconto della genesi dell’opera attraverso la narrazione visiva della fotografa Dora Maar, all’epoca compagna dell’artista spagnolo. La prima “anima” della mostra trova il suo fulcro nel dittico di incisioni intitolato Sueño y mentira de Franco, contraltare grafico del grande dipinto.  La seconda sezione ruota attorno alla straordinaria testimonianza di Dora Maar, che ha documentato giorno per giorno, con le proprie fotografie, fondamentali per la ricostruzione filologica della creazione di Guernica, il lavoro di Picasso. Arricchiscono il percorso anche le immagini scattate nel 1953 da Mario Perotti in occasione della rassegna milanese, nell’allestimento toccante della Sala delle Cariatidi segnata dai bombardamenti, una situazione drammatica che convinse Picasso a esporre il suo capolavoro in quel contesto così affine all’anima del dipinto.

Nella foto: Stele di Kaminia | Foto: © Daniele Portanome per Fondazione Luigi Rovati 
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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