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Pronta la lettera per silurare Powell: Trump accelera lo scontro

- di: Marta Giannoni
 
Pronta la lettera per silurare Powell: Trump accelera lo scontro

Il presidente vuole cacciare il capo della Fed (foto) con l’accusa di frode.
Powell resiste: “Non può farlo, difenderò l’indipendenza”.
I mercati tremano, parte il totonomi tra i fedelissimi.
Fonti Usa: la decisione potrebbe arrivare entro l’estate.

Un nuovo bersaglio per Trump: la Fed come ostacolo al suo potere

Jerome Powell potrebbe presto diventare la prossima vittima del metodo Trump: un mix di intimidazioni pubbliche, accuse roboanti e tentativi di demolizione istituzionale. Il presidente sarebbe pronto a firmare una lettera di licenziamento per l’attuale numero uno della Federal Reserve, nominato da lui stesso nel 2018 e da tempo diventato suo nemico giurato.

Il motivo ufficiale? Una presunta frode legata ai costi della ristrutturazione della sede della Fed a Washington, saliti a 2,5 miliardi di dollari. “Powell vuole un palazzo come Versailles”, ripetono da giorni funzionari dell’amministrazione. Ma la motivazione reale è un’altra: Powell si è rifiutato di piegare la politica monetaria alle pressioni della Casa Bianca, mantenendo i tassi alti contro il volere del presidente.

Indipendenza a rischio: il precedente che fa tremare la finanza

Trump ha negato pubblicamente l’intenzione di licenziare Powell, ma ha lasciato trapelare minacce tutt’altro che velate. “Non escludo nulla. A meno che non lasci per frode. Credo sia sotto indagine”, ha dichiarato durante un incontro alla Casa Bianca con il principe del Bahrain. Un’accusa fondata su nulla, ma sufficiente per scatenare l’allarme.

Powell ha ribadito più volte che il presidente non ha l'autorità legale per licenziarlo, citando lo statuto della Fed. La Sezione 10 della Federal Reserve Act permette la rimozione di un governatore solo “per giusta causa”, ma la definizione resta vaga e mai testata in tribunale.

“Ci troveremmo di fronte a una crisi costituzionale e finanziaria senza precedenti”, ha spiegato Adam Posen. “Attaccare l’indipendenza della banca centrale sarebbe come manomettere i freni di un’auto in corsa”.

Una ristrutturazione tossica come pretesto

La presunta “frode” riguarda in realtà lavori approvati nel 2017 e iniziati nel 2021. La stessa Fed ha spiegato che l’aumento dei costi è legato alla scoperta di contaminazione da amianto e materiali pericolosi nel terreno, che ha richiesto bonifiche extra e revisioni tecniche.

Inoltre, la banca centrale non riceve fondi dal Congresso: si finanzia con gli utili derivanti dalle operazioni di politica monetaria. Nessun costo, dunque, per i contribuenti americani.

Un attacco che scuote i mercati

La sola ipotesi di un licenziamento ha agitato Wall Street: gli indici americani sono scivolati in negativo dopo le prime voci, per poi rimbalzare con la smentita parziale di Trump. Le Borse europee hanno chiuso tutte in rosso: Milano ha perso lo 0,40%, Francoforte lo 0,52% e Parigi lo 0,47%.

“Gli investitori temono che la Fed possa diventare una succursale politica della Casa Bianca”, ha dichiarato Liz Ann Sonders. “Perderebbe la sua credibilità e la capacità di agire in modo indipendente contro l’inflazione”.

Totonomi e fedelissimi: parte la corsa al trono

Trump non nasconde di avere già in mente i sostituti. “Molti vogliono quel posto. Mi supplicano al telefono”, ha detto con tono teatrale. In testa alla lista c’è Kevin Hassett, economista e fedelissimo del tycoon. Tra i nomi anche Scott Bessent, attuale segretario al Tesoro, ritenuto però troppo impegnato con i dazi e i rapporti con la Cina per essere spostato ora alla Fed.

L’eventuale rimozione anticipata di Powell – il cui mandato scade nel maggio 2026 – darebbe comunque a Trump l’occasione di piazzare un lealista nel ruolo più delicato della finanza mondiale.

La Fed nel mirino: una strategia per il secondo mandato

Il conflitto con Powell si inserisce in una strategia più ampia di controllo delle istituzioni indipendenti. Dopo aver già minacciato nel 2024 di “ripulire il Deep State”, Trump sembra ora voler piegare anche la Fed alla sua volontà.

“Se riuscirà a licenziare Powell, chi sarà il prossimo? La Corte Suprema? Il Congresso?”, si chiede David Wessel. “È una battaglia per il cuore della democrazia americana”.

Un precedente inquietante

Mai nella storia degli Stati Uniti un presidente ha licenziato il governatore della Fed. L’autonomia dell’istituto è considerata un pilastro dell’affidabilità americana sui mercati internazionali. Ecco perché un eventuale siluramento di Powell sarebbe una scossa tellurica nel sistema finanziario globale.

“La Fed è la banca centrale del mondo. Se viene delegittimata, l’intera architettura economica rischia di collassare”, ha detto Jean-Claude Trichet.

La battaglia dei tassi diventa guerra di potere

Dietro la minaccia di frode si nasconde un progetto ben più ambizioso: sostituire un custode della stabilità monetaria con un soldato della linea trumpiana. L’indipendenza della Fed – sinonimo di rigore, autonomia e previsione – rischia di essere travolta dalla logica del comando politico.

Se Trump porterà a termine la sua offensiva, non sarà solo Powell a cadere. Ma anche un intero modello di garanzia democratica sul governo dell’economia. E questa, più ancora delle parole gridate alla Casa Bianca, è la vera minaccia.

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