Un nuovo fronte giudiziario si apre contro il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, investendo direttamente la sua amministrazione e riaccendendo le polemiche sulla trasparenza e sulla gestione delle informazioni sensibili da parte della Casa Bianca. La vicenda, già ribattezzata “Chat-Gate”, ruota attorno all’uso sistematico di canali criptati da parte del presidente e dei suoi più stretti collaboratori per gestire comunicazioni riservate, fuori dai canali istituzionali previsti dalle norme federali.
Chat-Gate, la giustizia Usa blocca Trump: vietata la cancellazione dei messaggi su Signal
Nelle ultime ore, un giudice federale ha disposto il blocco immediato e vincolante di qualsiasi tentativo di cancellazione, modifica o manomissione dei messaggi scambiati tramite Signal, l’app di messaggistica criptata utilizzata dal presidente e dal suo entourage. Il provvedimento ha valore immediato e mira a salvaguardare l’integrità di quei contenuti, che secondo gli inquirenti contengono informazioni strategiche e dati rilevanti per la sicurezza nazionale.
L’origine dell’indagine e la fuga di dati riservati
L’inchiesta federale è scattata dopo la pubblicazione, sul web, di frammenti di conversazioni attribuite a Trump e ai vertici della sicurezza nazionale. Gli hacker che hanno diffuso quei contenuti sono riusciti a violare alcune chat riservate, rendendo pubbliche informazioni particolarmente delicate: password di accesso a sistemi classificati, dettagli su operazioni militari e discussioni interne su dossier strategici.
Questa fuga di notizie ha immediatamente sollevato l’allarme negli ambienti della sicurezza nazionale, spingendo le autorità giudiziarie ad aprire un’indagine formale. Dai primi accertamenti è emerso che l’uso di Signal per la gestione delle comunicazioni riservate non sarebbe stato un fatto episodico, ma una prassi consolidata all’interno della presidenza Trump, utilizzata per mesi, se non per anni, al fine di eludere i protocolli di tracciabilità previsti per gli atti presidenziali.
Un sistema parallelo di comunicazione
Secondo gli inquirenti, quello che emerge dalle indagini è l’esistenza di un vero e proprio sistema parallelo di comunicazione, costruito fuori dai circuiti ufficiali e al di là di ogni forma di controllo democratico. Le conversazioni su Signal, infatti, non sarebbero mai state archiviate né registrate nei canali istituzionali preposti alla conservazione degli atti presidenziali, rendendo impossibile la verifica dei processi decisionali interni alla Casa Bianca.
Un quadro che, se confermato, configurerebbe non solo una violazione delle norme federali in materia di trasparenza e gestione documentale, ma anche un potenziale rischio per la sicurezza nazionale, dal momento che quei contenuti riguardano decisioni cruciali in materia di difesa e relazioni internazionali.
La difesa della Casa Bianca: "Solo tutela della sicurezza"
Dal fronte presidenziale, la reazione non si è fatta attendere. Fonti vicine al presidente Trump definiscono l’ordinanza del giudice “inaccettabile e strumentale”, rivendicando la legittimità dell’uso di canali criptati. Secondo la Casa Bianca, la decisione di comunicare attraverso Signal sarebbe stata dettata unicamente dall’esigenza di proteggere informazioni sensibili in un contesto globale segnato da minacce informatiche e tentativi di spionaggio.
“La sicurezza delle comunicazioni presidenziali — affermano fonti dell’amministrazione — è stata e resta una priorità assoluta. L’utilizzo di app criptate è sempre avvenuto in funzione di tale tutela e ogni altra lettura è viziata da intenti politici.”
L’accusa: elusi i controlli democratici
Nonostante la linea difensiva adottata dalla Casa Bianca, la magistratura insiste sulla gravità delle violazioni riscontrate. L’uso sistematico di Signal, privo di qualsiasi forma di registrazione o archiviazione, avrebbe impedito agli organismi federali competenti di esercitare il necessario controllo sulle attività presidenziali.
In particolare, gli inquirenti sottolineano come la sottrazione di quelle conversazioni al circuito istituzionale abbia compromesso la tracciabilità delle decisioni più delicate, alterando la dinamica democratica del processo decisionale.
L’ordinanza del giudice punta dunque a evitare che i contenuti di quelle chat possano essere cancellati o compromessi prima che le autorità competenti completino la ricostruzione della vicenda. Il rischio, secondo la procura federale, è che la distruzione di quelle prove possa ostacolare in maniera irreparabile l’accertamento delle responsabilità.
Un caso giudiziario con ripercussioni politiche
La vicenda del Chat-Gate non si esaurisce sul piano giudiziario. L’inchiesta ha già avuto un impatto pesante sulla presidenza Trump, alimentando un clima di tensione tra Casa Bianca, Congresso e opinione pubblica. L’ombra di un sistema parallelo e opaco di comunicazione mina la credibilità dell’amministrazione e rischia di compromettere la fiducia degli americani nelle istituzioni.
Le opposizioni, che da mesi denunciano l’assenza di trasparenza nella gestione del potere presidenziale, hanno colto l’occasione per rilanciare le loro accuse. “Non è tollerabile — si legge in una nota congiunta dei gruppi parlamentari d’opposizione — che le decisioni sulla sicurezza nazionale vengano prese in chat segrete, fuori da ogni controllo democratico. Il presidente Trump ha il dovere di chiarire quanto accaduto e garantire che ogni comunicazione ufficiale sia tracciabile e sottoposta alla supervisione degli organismi preposti.”
La richiesta di chiarezza si fa ogni giorno più pressante. L’opposizione rivendica il diritto del Congresso e dei cittadini americani di conoscere la verità sul sistema di comunicazione adottato dalla Casa Bianca e chiede che ogni tentativo di occultamento venga immediatamente bloccato.