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Trump in picchiata nei sondaggi: il nodo immigrazione pesa

- di: Jole Rosati
 
Trump in picchiata nei sondaggi: il nodo immigrazione pesa
Trump in picchiata nei sondaggi: il nodo immigrazione pesa

Solo il 41% degli americani approva il presidente, ai minimi storici.
Il pugno duro al confine non convince: accuse di autoritarismo.
La base si assottiglia anche tra gli indipendenti.
Reuters/Ipsos fotografa il calo più netto del secondo mandato.

L'immagine sbiadita del leader forte

Donald Trump torna sotto i riflettori non per una vittoria, ma per il record negativo nella percezione pubblica. Secondo un sondaggio Reuters/Ipsos pubblicato il 16 luglio 2025, solo il 41% degli americani approva la sua gestione complessiva come presidente, e la stessa percentuale dà un giudizio positivo sulla sua politica migratoria.

È il minimo storico del secondo mandato e rappresenta un ulteriore scivolone rispetto al 43% registrato nella rilevazione precedente. In particolare, è il tema dell’immigrazione – un tempo fiore all’occhiello della retorica trumpiana – a trascinare il consenso verso il basso. Gli atteggiamenti giudicati “autoritari” da parte di una fetta crescente dell’opinione pubblica, soprattutto tra gli indipendenti e nei sobborghi suburbani, sembrano aver compromesso l’efficacia elettorale del tradizionale richiamo all’“America First”.

Il muro che divide l’America

L’ultimo picco di disapprovazione coincide con l’inasprimento delle misure al confine meridionale: arresti di massa, nuove barriere fisiche, respingimenti rapidi e pressioni sui sindaci delle “città santuario”.

La decisione più controversa è stata l’invio dell’esercito per sorvegliare i confini dell’Arizona e del Texas, senza previa consultazione con i governatori. Il presidente ha giustificato la mossa affermando: “la sicurezza nazionale non può aspettare l’approvazione dei burocrati”.

Ma la Corte Suprema, già sotto pressione su altri fronti, potrebbe essere chiamata a esprimersi anche su questa forzatura.

Sondaggi in allarme rosso

Il campanello d’allarme riguarda l’intero trend di gradimento. Il 41% complessivo include un dato ancor più preoccupante: tra gli elettori indipendenti, l’approvazione crolla al 32%, mentre i giovani under 35 che sostengono Trump scendono sotto il 25%.

Persino tra gli elettori bianchi senza laurea, storicamente roccaforte del trumpismo, cresce l’insofferenza per lo “stile presidenziale”. Come riassunto da un analista politico: “la polarizzazione interna rischia di diventare una trappola per il presidente, che continua a parlare solo alla sua base”.

L'immigrazione come boomerang

Nonostante la Casa Bianca insista sul messaggio di “controllo e ordine”, i fatti raccontano altro. I migranti respinti al confine sono aumentati – oltre 190.000 in un mese – ma anche i ricorsi giudiziari e le proteste legali delle ONG.

Le accuse di violazioni dei diritti umani sono tornate alla ribalta dopo la diffusione di immagini drammatiche dai centri di detenzione in Texas. La presidente del Comitato Giustizia della Camera, Pramila Jayapal, ha definito la gestione “una vergogna per l’America”, mentre il senatore repubblicano Mitt Romney ha dichiarato: “scelte ideologiche che allontanano l’elettorato moderato in vista del voto di metà mandato”.

L’ombra della campagna 2026

Il tonfo nei sondaggi si riflette nella campagna elettorale repubblicana per il Congresso (elezioni di mid-term). Alcuni candidati prendono le distanze dalle misure più estreme, mentre i democratici cercano di capitalizzare il malcontento.

La governatrice della California, Eleni Kounalakis, ha dichiarato: “Non è più solo una questione politica, è una questione morale. Questo presidente non rappresenta i valori americani”.

Ma Trump non sembra intenzionato a cambiare linea. Durante un comizio a Des Moines, ha rilanciato: “Stiamo vincendo perché siamo gli unici a dire la verità sull’invasione che sta distruggendo il nostro Paese”.

Il nodo dei diritti civili

In parallelo, cresce la preoccupazione per il clima di intimidazione istituzionale. Diversi sindaci, soprattutto nei grandi centri urbani, hanno denunciato pressioni dal Dipartimento di Giustizia per collaborare ai rimpatri forzati.

Il sindaco di Chicago, Brandon Johnson, ha dichiarato: “Il governo federale si comporta come un’autorità coloniale, non come un alleato”.

La frattura si allarga anche oltre l’immigrazione. Le comunità ispaniche e afroamericane stanno mostrando segnali di rottura. Secondo una recente analisi, la fiducia delle minoranze nella presidenza Trump è scesa del 12% in tre mesi.

Una leadership sempre più isolata

Il dato del 41% non è solo una cifra: è il termometro di una nazione divisa, stanca, polarizzata. E di un presidente che sembra parlare sempre più a se stesso.

Come ha scritto un editorialista: “Trump ha costruito un muro anche nel suo consenso: nessuno entra, ma qualcuno comincia a uscire”.

Con le elezioni del 2026 all’orizzonte, e una crisi economica che inizia a mordere – inflazione al 5,1% – la domanda che aleggia è una sola: quanto a lungo si può governare contro la metà del Paese?

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