Muscoli, petrolio e droga: l’America torna a dettare legge nel “giardino di casa”.
Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca ha riportato il Venezuela di Nicolás Maduro (foto) al centro del risiko globale. Non più solo sanzioni e diplomazia muscolare: oggi Washington mette sul tavolo forza militare, controllo delle rotte del narcotraffico e pressione energetica. Un mix esplosivo che fa del Paese caraibico l’epicentro di una nuova Yalta a bassa intensità, con riflessi diretti sull’Europa e, soprattutto, sull’Ucraina.
Quindicimila uomini e il mare come campo di battaglia
Dall’inizio dell’autunno 2025 gli Stati Uniti hanno schierato circa 15 mila militari tra Caraibi e Pacifico orientale. L’obiettivo ufficiale è la repressione del narcotraffico proveniente dal Venezuela e l’applicazione dell’embargo contro il regime chavista. Nei fatti, l’operazione ha assunto i contorni di una vera campagna militare permanente.
Secondo dati resi noti da fonti statunitensi tra settembre e dicembre 2025, le forze americane hanno colpito decine di imbarcazioni sospettate di trasportare cocaina e oppiacei, con un bilancio di decine di morti e numerosi arresti. La Casa Bianca rivendica i risultati come decisivi nella lotta al fentanyl, ormai considerato una minaccia strategica interna.
La petroliera “fantasma” e l’accusa di pirateria
Il salto di qualità arriva a dicembre, con il sequestro di una petroliera venezuelana definita “fantasma” perché utilizzata per aggirare le sanzioni internazionali. L’operazione, condotta in acque internazionali, viene presentata da Trump come un colpo storico al finanziamento del regime.
La reazione di Caracas è durissima. Maduro parla apertamente di pirateria di Stato e di violazione del diritto internazionale, denunciando la complicità di Paesi vicini e promettendo ricorsi legali e contromisure diplomatiche.
Spazio aereo chiuso e sanzioni secondarie
Alla dimensione militare si affianca quella economica. Washington ha disposto la chiusura dello spazio aereo e introdotto dazi punitivi verso i Paesi che continuano a commerciare petrolio venezuelano. È la logica delle sanzioni secondarie: chi tratta con Caracas, paga il prezzo dei rapporti con gli Stati Uniti.
Una strategia che mette in difficoltà governi dell’America Latina e alcune economie emergenti, costrette a scegliere tra energia a basso costo e accesso al mercato americano.
Non solo droga: il vero bersaglio è Maduro
Dietro la narrazione ufficiale sulla sicurezza, molti analisti intravedono un obiettivo più ambizioso: accelerare la fine del regime chavista. Negli ambienti diplomatici circolano da mesi indiscrezioni su piani americani per il “day after”, che prevedono transizioni controllate, garanzie per l’apparato militare venezuelano e un rapido rientro del Paese nei mercati energetici globali.
Le accuse che dipingono il Venezuela come snodo centrale del narcotraffico verso gli Stati Uniti restano controverse, ma risultano politicamente funzionali a giustificare l’uso della forza e a costruire consenso interno.
Russia e Cina sullo sfondo
Il quadro si complica per la presenza di Russia e Cina. Mosca mantiene legami militari e di intelligence con Caracas, mentre Pechino resta un creditore chiave e un partner energetico. Trump ha lanciato un messaggio netto: il Venezuela è parte della sfera di influenza americana e interferenze esterne non saranno tollerate.
È qui che riaffiora lo spettro di una nuova spartizione globale: meno ideologica della Guerra fredda, ma altrettanto brutale nei rapporti di forza.
Un’ombra lunga sull’Ucraina
Il ritorno della logica delle sfere d’influenza non è una buona notizia per Kiev. Se Washington rivendica il diritto di agire senza vincoli nel proprio emisfero, il rischio è che altri facciano lo stesso altrove. Il Venezuela diventa così un precedente, osservato con attenzione anche sul fronte europeo.
Forza contro diritto
La crisi venezuelana segna un punto di svolta: la forza torna a prevalere sul diritto. Trump lo rivendica senza infingimenti, Maduro lo denuncia come imperialismo. In mezzo, un Paese stremato, una regione sotto pressione e un mondo che sembra scivolare verso un ordine più instabile e più cinico.
Caracas non è più solo una capitale latinoamericana. È diventata un laboratorio geopolitico, dove si sperimenta il nuovo equilibrio globale.