TIM: più ombre che luci nel terzo trimestre 2020

- di: Diego Minuti
 

L'ottimismo è il profumo della vita: bisogna sempre tenere a mente questa frase - resa famosa dal grande Tonino Guerra in una pubblicità di parecchi anni fa, che riguardava, se ben ricordo, una catena di negozi elettronica - quando le società commentano, o fanno commentare, i risultati della loro attività.

È un po' quello che viene da dire guardando ai risultati ottenuti da Tim nei primi nove mesi dell'anno e che, a dispetto dei numeri, sono considerati dall'azienda come incoraggianti.

Può anche darsi - e guai se non fosse così, cioè guai se non si credesse in quello che si fa -, ma i numeri raccontano una verità diversa, non necessariamente totalmente negativa, ma certamente diversa. 

I risultati del periodo gennaio-settembre di quest'anno indicano ricavi per 11.657 milioni di euro, quindi con un arretramento, rispetto al dato degli stessi mesi del 2019 (erano stati pari a 13.423 milioni di euro), del 13,2 per cento. La variazione organica dei ricavi totali è stata di -7,9 per cento.

Questo a fronte di un utile netto, nel periodo preso in esame, pari a 1.178 milioni di euro, con un incremento del 38 per cento rispetto agli 852 del 2019. Il margine operativo lordo, a fronte di un taglio degli investimenti in conto capitale e dei costi, è stato di 5,11 miliardi.

A rendere il quadro generale ancora più difficile da decrittare positivamente, come pare si faccia in casa Tim, c'è il riferimento al ''contributo'' dato ai conti da un consistente taglio dei posti di lavoro che, a fine settembre, erano 42.827, ma a fronte di 2.700 risorse che sono state perse nel giro di pochi mesi.

La storia recente di Tim quindi non si distacca troppo dal percorso precedente, in quella che potremmo definire ''l'era Gubitosi'', subentrato a Amos Genish quasi due anni fa. Dall'assunzione, da parte di Gubitosi, delle leve di comando in Tim ad oggi il titolo ha dimezzato il suo valore, passando da 0,67 a 0,33

Eppure le pennellate di ottimismo che sono stese su questi numeri sono tante, anche se non sempre appaiono realistiche, basandosi più su una coltre di speranze che sulle certezze della realtà. E, nel turbinio di cifre, numeri, percentuali, raffronti e quant'altro, c'è qualcuno che suggerisce di guardare alla sostanza delle cose, che lascerebbe pensare che gli utili non si sono ''autogenerati'', ma sono conseguenze di qualche artificio di abbellimento contabile per mascherare il fatto che a determinare il segno "+" sono stati, per esempio, una minore tassazione e la vendita del 4,3% di INWIT per 400 milioni.

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