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Ancora un sito sessista: le donne spogliate dall’IA

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Ancora un sito sessista: le donne spogliate dall’IA

Non siamo più davanti all’ennesima foto rubata. Ora siamo passati al passo successivo: il corpo delle donne lo si crea da zero, si reinventa digitalmente per poterlo spogliare anche quando non c’è. Francesca Barra ha scoperto ieri che circolano in rete immagini pornografiche che la ritraggono nuda, elaborate dall’intelligenza artificiale. Non c’è bisogno di violare la vita privata: basta violare l’identità. È il patriarcato in versione software.

Ancora un sito sessista: le donne spogliate dall’IA

Questo non è erotismo: è dominio. Non è fantasia: è pretesa di possesso. La pornografia sintetica ha un tratto rivelatore: non nasce dal desiderio dell’altro, ma dalla cancellazione del suo consenso. È l’appropriazione di un volto per negare la sua voce. Il messaggio è lo stesso di sempre: tu donna esisti finché sei immagine. E se non lo sei spontaneamente, ti facciamo noi.

In Francia, la stessa logica: trasformare la donna in bersaglio
Intanto a Parigi dieci persone finiscono a processo per aver diffuso la fake news secondo cui Brigitte Macron sarebbe una donna trans. Nessuna curiosità morbosa: solo l’uso dell’identità femminile come insulto pubblico. È la medesima radice culturale: spogliare o deformare, purché si tolga legittimità. Non colpisco il tuo pensiero, colpisco il tuo corpo — o il corpo che invento per te.

Quando lo sputo diventa algoritmo
Il deepfake porta un’evoluzione particolarmente perfida: la violenza non è più un gesto, ma un prodotto automatico. Prima serviva un aggressore; oggi basta un tool. È la democratizzazione della misoginia. Chiunque, seduto dietro una tastiera, può “costruire” uno spogliarello forzato di una donna che non ha mai posato. Non serve violare: basta generare. E così si trasforma l’intelligenza artificiale in forgia della disumanizzazione.

Corpo pubblico, donna privata
Il bersaglio è sempre lo stesso: cancellare la cittadinanza delle donne nello spazio pubblico. Se occupano un ruolo – giornalista, politica, first lady – allora devono essere riportate alla categoria disponibile che più rassicura l’aggressore: corpo oggettificato, o corpo ridicolizzato. Brigitte Macron non viene attaccata come figura istituzionale, ma come identità fisica. Francesca Barra non viene colpita per ciò che dice o scrive, ma per “come può essere esposta”.

La violenza “senza contatto” è pur sempre violenza
C’è chi la chiama satira, chi “contenuto divertente”, chi “fantasia dei social”. Ma è la negazione della parola donna come soggetto. È un’espropriazione simbolica, che pesa quanto quella materiale. Perché il messaggio non cambia: il tuo corpo non è tuo, ma di chi lo vuole usare. L’IA ha solo cambiato il mezzo, non la gerarchia. Ha dato modernità a un potere antico.

Quando il diritto non arriva, arriva l’impunità
Ed è qui che appare il buco normativo gigantesco: la pornografia deepfake non è ancora punita come aggressione identitaria nella maggior parte dei Paesi. Le vittime devono provare l’offesa come se fosse “mero danno d’immagine”, quando l’immagine è precisamente il terreno dell’offesa. Non stupisce, allora, che sempre più donne scoprano di avere un doppio digitale costruito contro di loro.

La cultura che resta: cambiano gli strumenti, non la mentalità
La tecnologia non ha inventato il sessismo. Gli ha dato continuità, velocità e anonimato. La scena è nuova, la trama sempre identica: una donna che parla è tollerabile solo se qualcuno può, al bisogno, farla tacere trasformandola in oggetto.
Ecco perché questa non è una “notizia curiosa”, ma un sintomo spento sotto la luce: nell’era dell’IA le donne vengono spogliate anche quando non possono più essere toccate.

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