Salvini e la crisi di Governo: sì, no, forse

- di: Redazione
 
Ci ha messo anche meno di quel che si poteva pensare Matteo Salvini a cercare di recuperare un po' dell'immagine barricadera che tanto gli piace e che, in fondo, è alla base di suoi successi politici. Gli è bastato che il Consiglio dei ministri discutesse di delega fiscale e, oplà, ecco che è arrivato un buon pretesto per mostrare al suo popolo che (politicamente) è ancora vive e lotta insieme a lui.

Dopo le amministrative, Matteo Salvini continua ad alimentare lo spettro della crisi di Governo

La motivazione è che, nell'iniziativa del governo (monco dei leghisti, con la delegazione che si è ritirata dai lavori), Salvini ha visto un annuncio di un aumento degli estimi catastali e, quindi, anche delle tasse collegate al ''bene supremo'' degli Italiani, la casa. Anche se a leggere le parole di Draghi - ''non c'è alle viste nessuna 'patrimoniale' sulla casa'' - bisognerebbe chiedersi quali carte Salvini ha letto da indurlo alla durissima presa di posizione. Ma lui parla di nuove e non concordate tasse e di null'altro.

Una spiegazione del genere sarebbe andata sicuramente bene in un altro frangente della politica, ma se arriva dopo una mezza batosta elettorale la cosa assume il profilo di una mossa per tornare a mostrarsi ''di lotta'' e non solo ''di governa'', una condizione nella quale Salvini si trova bene perché, lo sanno tutti, criticare é molto più facile che essere costruttivi. E lui, Salvini, nella condizione di ''costruttore'' proprio non ci si ritrova, sentendosi meglio nelle vesti del guastatore. Lo fa oggi, che come Lega è ampiamente rappresentato al Governo, ma non lo ha fatto quando, collega di banco di Luigi Di Maio e Giuseppe Conti, ha votato il varo di una misura come il reddito di cittadinanza, che ora vuole cancellare.

In fondo, comunque, è comprensibile che il leader della Lega abbia rimesso la maschera del ''truce'' perché evidentemente ha addebitato alla sua troppa accondiscendenza al verbo draghiano la quasi sconfitta elettorale. E non è certamente un caso che la sua sortita abbia trovato immediatamente sponda in Alberto Bagnai, che certo non ha mai manifestato entusiasmo per il governo.

Nel vocabolario della politica il significato della parola ''crisi'' non è in termini assoluto, non è inequivocabile. Perché ''crisi'' somiglia terribilmente a ''dimissioni'' che si minacciano sempre, ma raramente vengono presentate. Se oggi Salvini, pur non parlandone, fa aleggiare su palazzo Chigi i corvi della crisi è perché deve ricompattare sulle sue posizione un partito che, sino a lunedì pomeriggio, ha mostrato di avere diverse anime che non quella del ''capitano'' che continua la sua partita a scacchi.
Ma, la sua scacchiera non ha quattro lati ed un avversario, perché di avversari se ne stanno presentando molti al portone del castello: da Giorgia Meloni (che sembra avere meglio assorbito la ''non vittoria'' delle amministrative), a Enrico Letta (che non perde occasioni per dire che Salvini si sta mettendo fuori dall'esecutivo), allo stesso Mario Draghi (''Quousque tandem abutere patientia nostra, Matteo''?).
Sempre che l'avversario Salvini non ce l'abbia in casa.
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