Mentre il conflitto tra Russia e Ucraina si protrae ormai da quasi due anni, gli eventi sul terreno e le manovre diplomatiche continuano a intrecciarsi in una spirale che lascia pochi spazi alla speranza di una risoluzione imminente. La strategia del Cremlino si fa sempre più spregiudicata, con Vladimir Putin deciso a consolidare il controllo sul Donbass e ad alimentare una narrativa di resistenza all’egemonia occidentale. Dall’altro lato, l’Ucraina, con l’appoggio di Stati Uniti e Unione Europea, gioca una partita ad alta tensione per la propria sopravvivenza, simbolica e politica.
La lunga ombra della guerra: la Russia, l'Ucraina e l’Occidente nel baratro dell’instabilità globale
Ma quello che appare come un conflitto regionale è ormai una sfida globale. La guerra non si combatte solo sul fronte di Bakhmut o tra le rovine di Mariupol, ma anche nei mercati energetici, nei consigli di amministrazione delle grandi multinazionali, nei palazzi della politica europea. Le sanzioni imposte alla Russia hanno avuto un impatto economico significativo, ma non sufficiente a piegare il Cremlino. Anzi, Putin ha trovato sponde strategiche in Paesi come Cina, Iran e persino in alcuni Stati africani, costruendo nuove alleanze economiche e militari per aggirare l’isolamento occidentale.
L’Europa, dal canto suo, vive una fase di inquietudine. La dipendenza energetica dalla Russia si è trasformata in una crisi che ha messo a nudo le debolezze strutturali del continente. Il gas liquefatto americano e i progetti per le rinnovabili non bastano a colmare le lacune di un sistema troppo frammentato e incapace di rispondere con una voce unica. Le divisioni interne all’Unione Europea emergono non solo sulle strategie per affrontare il conflitto, ma anche sul futuro delle relazioni con la Cina, che osserva da vicino l’evoluzione della crisi ucraina per valutare le proprie mosse su Taiwan.
Intanto, l’Ucraina continua a pagare il prezzo più alto. Le città devastate, la popolazione sfollata e una generazione intera segnata dalla guerra raccontano una storia di resistenza, ma anche di disperazione. Zelensky, pur sostenuto da Washington e Bruxelles, si trova a fare i conti con una stanchezza diffusa tra gli alleati occidentali. Gli aiuti militari e finanziari, per quanto cospicui, iniziano a sollevare interrogativi tra gli elettori di molti Paesi europei e americani. Quanto durerà la solidarietà verso Kiev? E a che costo?
In Italia, la guerra ha avuto ripercussioni evidenti. La nostra dipendenza dal gas russo è stata un monito sulla fragilità del sistema energetico nazionale, mentre le divisioni politiche interne si sono riflesse anche nel dibattito sul conflitto. Il governo italiano, pur dichiarando fedeltà agli alleati atlantici, non può ignorare le pressioni di una popolazione sempre più preoccupata per l’aumento del costo della vita.
La realtà è che questa guerra, come ogni conflitto, è una questione di potere. Potere sul territorio, sull’energia, sulle narrazioni. E mentre i grandi giocatori muovono le loro pedine, le vite delle persone comuni diventano danni collaterali, numeri nelle statistiche dei rifugiati o nelle liste dei caduti. In questa scacchiera, nessuno sembra essere realmente vincitore: c’è solo un perpetuo bilanciarsi sul filo del rasoio, mentre il mondo assiste con un misto di impotenza e paura.
La storia ci insegna che ogni guerra finisce, prima o poi. Ma la vera domanda è quale prezzo sarà pagato prima che quel momento arrivi e chi sarà ancora in piedi per raccoglierne i pezzi.