Ottavia Piana: la speleologa che sfida il buio e le ombre della nostra società

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 

Ottavia Piana ha 35 anni, occhi chiari che sembrano scrutare oltre la superficie e una forza interiore che l’ha portata a fare del buio la sua seconda casa. Speleologa professionista, è diventata suo malgrado il simbolo di una società divisa: da un lato il coraggio dell’esplorazione, dall’altro il giudizio sommario, veloce e feroce, che si abbatte su chi osa spingersi oltre i confini del quotidiano.

Ottavia Piana: la speleologa che sfida il buio e le ombre della nostra società

Nata a Verona, Ottavia ha trascorso la sua infanzia nelle campagne venete, dove si è innamorata dei misteri della natura. Suo nonno le raccontava storie di antiche caverne scoperte lungo il corso dell’Adige, e da allora la bambina curiosa che osservava i fossili con la lente d’ingrandimento ha deciso che il buio sarebbe stato il suo mondo. Si è laureata in Scienze Geologiche, specializzandosi in speleologia, e negli anni ha partecipato a numerose spedizioni, sia in Italia che all’estero.

Ottavia non è una sognatrice spericolata, ma una professionista che affronta ogni missione con un’attenzione scrupolosa alla sicurezza. Tuttavia, chi esplora il buio lo sa: il rischio è sempre presente. E così, qualche giorno fa, quel rischio si è materializzato nella forma di un imprevisto, un errore umano che l’ha intrappolata a 300 metri di profondità, in una grotta nei pressi di Sant'Anna d’Alfaedo.

Matteo, il suo compagno e complice d’avventura

Matteo, il suo compagno da sette anni, è stato tra i primi a scendere nella grotta per raggiungerla, coordinando i soccorsi. Anche lui speleologo, Matteo e Ottavia condividono una vita fatta di sacrifici e di passione per le profondità della terra. “Esplorare è il nostro modo di vivere, è la nostra risposta al bisogno di capire il mondo”, ha confidato un loro amico.

La loro casa, un piccolo appartamento a Verona, è un museo di ricordi: foto di spedizioni in grotte di tutto il mondo, lampade da miniera, tute di ogni genere. È una vita che molti considererebbero fuori dal comune, ma per loro è normalità. Una normalità che li ha portati, più volte, a rischiare il tutto per tutto per scoprire l’ignoto.

Il linciaggio mediatico

Mentre Ottavia lottava per la vita, in attesa di soccorsi, sui social si scatenava una tempesta di odio. “Fatele pagare i soccorsi”, “Colpa sua se rischiano anche i soccorritori”, “Perché dobbiamo pagare noi cittadini per chi fa cose inutili?”. Una raffica di commenti che si sommano a una lunga lista di episodi simili, dove la superficialità dei giudizi prevale sull’empatia e sulla comprensione.

Ottavia è sopravvissuta, ma quanto avrebbe pesato su di lei scoprire, al suo ritorno, tutto questo odio? Cosa spinge una società a scagliarsi così violentemente contro chi si trova in difficoltà? È davvero il costo dei soccorsi a indignare, o è qualcosa di più profondo? Forse il fastidio per chi osa vivere in un modo diverso, per chi non si accontenta delle certezze e cerca qualcosa di più.

Una lezione per tutti

Il salvataggio di Ottavia è stato un successo: un’operazione delicata che ha richiesto ore di lavoro e il coinvolgimento di decine di soccorritori esperti. Ma questa vicenda non riguarda solo lei, riguarda tutti noi. È uno specchio che ci costringe a guardarci dentro e a riflettere su cosa siamo diventati. Una società che preferisce il comodo della tastiera alla complessità dell’umano, che non riesce a distinguere tra errore e colpa, che si scaglia contro chi vive fuori dagli schemi.

Ottavia Piana non è solo una speleologa. È una simbolo di coraggio, determinazione e voglia di conoscere. E forse, proprio da lei, dovremmo imparare qualcosa: la vita non è fatta per essere vissuta al sicuro, ma per essere esplorata. Che sia nelle profondità di una grotta o nelle pieghe della nostra umanità.

Quando guardiamo Ottavia, non vediamo solo una donna che sfida il buio, ma una persona che ci ricorda che c’è sempre qualcosa oltre, anche quando sembra impossibile. E allora, forse, il vero errore è restare fermi, al sicuro, senza mai guardare oltre l’ombra delle nostre paure.

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