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Frattura totale tra Trump e Greene, star Maga: addio al Congresso

- di: Matteo Borrelli
 
Frattura totale tra Trump e Greene, star Maga: addio al Congresso
Frattura totale tra Trump e Greene: addio al Congresso
La star Maga si sfila dopo lo scontro più feroce dell’era trumpiana.

(Foto: di spalle Marjorie Taylor Greene nel Congresso Usa).

La notizia è arrivata come un lampo: Marjorie Taylor Greene, volto simbolo del movimento Maga, ha annunciato che lascerà il Congresso il 5 gennaio 2026. Una decisione clamorosa, maturata dopo settimane di tensione con Donald Trump e trasformata in una rottura personale senza precedenti.

Il caso Epstein accende la miccia

A far esplodere tutto è stato il dossier sugli archivi legati alle vicende di Jeffrey Epstein. Greene ha sostenuto con forza la richiesta di pubblicare integralmente i file, posizione che ha irritato profondamente il tycoon e parte della dirigenza repubblicana. Da lì, la frattura si è allargata fino a diventare insanabile.

In un video di oltre undici minuti, la deputata ha dichiarato: “Ho troppo rispetto per me stessa e troppa dignità per affrontare una primaria costruita su insulti e ostilità da parte del presidente per cui abbiamo combattuto per anni”. Parole durissime, che hanno colto di sorpresa anche molti fedelissimi di Trump.

Il contrattacco di Trump

Il presidente non ha perso tempo: la reazione è stata immediata, ruvida, tipicamente trumpiana. Ha definito l’annuncio “una grande notizia per il Paese” e ha affibbiato a Greene l’ennesimo soprannome spregiativo, sostenendo che si stesse ritirando per un calo nei sondaggi e per la paura di una sconfitta alle primarie.

In un successivo intervento, Trump ha rincarato la dose, accusandola di essersi “allontanata dal movimento” e di aver collaborato con alcuni parlamentari del GOP considerati ostili al suo programma.

La metamorfosi della paladina Maga

Per anni Greene è stata una delle voci più rumorose e radicali del trumpismo: comizi incendiari, post virali, fedeltà assoluta al leader. Ma negli ultimi mesi qualcosa si è incrinato. La deputata aveva contestato l’indirizzo preso dalla Casa Bianca su più fronti: dalla politica estera giudicata troppo interventista ai sussidi sanitari, fino alla gestione dello stesso movimento Maga, che a suo dire si sarebbe trasformato in una struttura verticistica e incapace di ascoltare le sue basi.

Il punto di non ritorno è stato proprio il caso Epstein, che Greene ha descritto come un “tradimento delle promesse fatte alle vittime”. Un attacco diretto al presidente, rarissimo per una figura cresciuta all’interno del trumpismo.

Effetti immediati sul GOP

L’addio della deputata più famosa dell’ala radicale arriva in un momento delicatissimo. Il Partito Repubblicano è attraversato da tensioni crescenti, con diversi parlamentari preoccupati per i sondaggi in calo del presidente e per la gestione sempre più aggressiva del dissenso interno.

Il seggio di Greene, nel 14º distretto della Georgia, dovrà ora essere riassegnato con un’elezione speciale. Si apre così una fase di incertezza, in cui il trumpismo perde una delle sue punte più riconoscibili proprio mentre cerca di riorganizzare la sua struttura in vista delle prossime sfide elettorali.

Il futuro politico di Greene

L’ex deputata non ha chiarito quali saranno i suoi prossimi passi. Ha però lasciato intendere di non considerare affatto conclusa la propria carriera. Nei corridoi di Washington circola già l’ipotesi di una sua candidatura alla presidenza nel 2028, un’idea che alimenta lo scenario di un trumpismo post-Trump capace di reinventarsi con nuovi volti.

Nel suo messaggio di addio, Greene ha detto: “La mia vita è piena di felicità e le mie convinzioni rimangono inalterate, perché il mio valore non è definito da un uomo, ma da Dio”. Una frase che molti osservatori leggono come un manifesto personale e politico.

Una rottura che cambia gli equilibri del trumpismo

La scelta di Greene mostra quanto il movimento Maga sia diventato un terreno minato: la lealtà non basta più; ogni deviazione è punita con durezza. La fuoriuscita di una figura così centrale indica una crisi più ampia, che riguarda non solo il rapporto con Trump ma la stessa identità del GOP.

Il trumpismo è ora costretto a rispondere a una domanda cruciale: può sopravvivere come forza politica coesa o è destinato a frantumarsi in correnti contrapposte? L’uscita di Greene accelera questo interrogativo e apre una fase tutta nuova. 

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