Un addio accorato nella terra di Sicilia, tra riflessioni sul successo, sul bene comune e un lascito spirituale che parla al cuore degli italiani.
Le ultime parole di Pippo Baudo
“Forse a volte ho fatto fatica a essere diretto ed esplicito, però… ho sempre voluto bene ai miei figli”, ha riferito don Giulio Albanese, riportando le ultime parole di Pippo Baudo.
Un saluto universale da Militello: oltre la memoria, l’eredità
Il 20 agosto 2025, nella chiesa di Santa Maria della Stella a Militello in Val di Catania, si è svolta una commemorazione intensa e vibrante per Pippo Baudo: simbolo indiscusso della televisione italiana, scomparso il 16 agosto all’età di 89 anni. Il rito è stato accompagnato da una folla commossa e da voci autorevoli che ne hanno celebrato l’impronta culturale e spirituale.
La chiesa, il vescovo e il contesto: una cornice sospesa tra fede e popolo
La celebrazione funebre è iniziata con l’omelia del Vescovo di Caltagirone, monsignor Calogero Peri, che ha rivolto a Baudo parole cariche di speranza: “Carissimo Pippo, ora splendi come stella non solo nel firmamento degli uomini, ma anche in quello di Dio... perché solo l’amore resta ed è per sempre”, ha detto monsignor Calogero Peri.
All’esterno del santuario, la piazza era gremita: migliaia di persone, tra cui volti noti come Lorella Cuccarini, Al Bano, Michele Guardì e Gigi D’Alessio, hanno accompagnato il feretro con un applauso lungo e commosso.
L’omelia di don Giulio Albanese: un testamento spirituale da custodire
Padre spirituale di Pippo Baudo, don Giulio Albanese ha intessuto il suo discorso con struggente autenticità. Ha ricordato le ultime settimane dell’amato presentatore come un “tempo di purificazione e liberazione”, nonostante il dolore e la morfina, pur conservando lucidità e profondità interiore.
“Il senso della giustizia è stato forte e impresso nel suo animo... soprattutto nel coraggio manifestato contro la mafia”, ha dichiarato don Giulio Albanese.
Parole dense di simbolismo hanno scandito l’omelia: per Baudo, il successo non era fine a se stesso. “Il successo non basta a riempire il cuore… non basta a rendere felici!”, ha confidato don Giulio, facendo riecheggiare una fede essenziale e concreta.
Infine, il sacerdote ha evocato il legame spirituale e affettivo con Militello: Baudo era tornato in quella terra per lasciare un debito di gratitudine verso le sue radici, convinto che la Sicilia rappresenti un crocevia di culture e un nucleo di speranza condivisa.
Un addio che non chiude, ma invita a continuare
L’omelia – definita da molti un vero e proprio “testamento morale” – ha intrecciato memorie personali, fedeltà alla verità e progettualità culturale: Baudo è stato descritto non solo come un volto della Rai, ma come un pezzo vivente della storia italiana del Dopoguerra, entrato con garbo e competenza nelle case di milioni di italiani.
Don Giulio ha concluso immaginando la vita di Baudo come due libri: uno terreno, fatto di giorni vissuti, successi e fragilità; l’altro sacro — la Parola divina — che conferisce senso alla sua esistenza e invita a custodirne l’eredità.
Un’opera di amore, giustizia e radici
L’universalità del bene. Baudo ricordava che “c’è più gioia nel dare che nel ricevere”: un invito ad aprirsi oltre le mura del sé.
Il limite del successo. “Il successo non basta a riempire il cuore…”: una denuncia lucida della sua insufficienza esistenziale, rilanciata dal pulpito come monito.
Il coraggio morale. La sua audacia contro la mafia e l’insegnamento della giustizia restano baluardi che non tramontano.
Il legame con la terra. Tornare a Militello non è stato un gesto nostalgico, ma un simbolico ringraziamento alle radici che lo hanno formato, nel segno dell’amore che resta.