Dietrofront Nyse: stop al delisting per le aziende tlc cinesi

 
Retromarcia a sorpresa del New York Stock Exchange, che con uno scarno comunicato stampa pubblicato nella serata del 4 gennaio ha annunciato di aver bloccato le azioni previste per espellere dalla Borsa statunitense i tre colossi cinesi del settore delle telecomunicazioni: China Telecom, China Unicom e China Mobile.

Solamente quattro giorni prima era stata ufficializzata la decisione del delisting riferita ai gruppi controllati da Pechino, dopo l'ordine esecutivo arrivato direttamente dalla Casa Bianca per penalizzare tutte le grandi aziende considerate vicine alle forze armate cinesi. L'espulsione era arrivata infatti dopo la richiesta di Donald Trump che aveva firmato l'executive order solamente lo scorso novembre, con la Borsa che avrebbe quindi bloccato China Unicom, China Telecom e China Mobile perché considerate sotto la direzione della Assets Supervision and Administration Commission (un'agenzia legata al governo cinese).

La nota diffusa dal Nyse non chiarisce il motivo di questa repentina e inaspettata retromarcia, che però sarebbe arrivata dopo "Incontri e consultazioni avute con le autorità di regolamentazioni competenti", senza però specificare altro. Mentre la notizia del mancato delisting (che inizialmente era prevista fra il 7 e l'11 di gennaio) ha dato prevedibilmente una spinta positiva ai titoli dei tre giganti delle telecomunicazioni asiatiche che nella borsa di Hong Kong, dove sono quotati, hanno registrato rialzi che sono compresi fra il 7% e l'11%

Proprio la quotazione a Hong Kong avrebbe reso meno pesante l'effetto del delisting negli Stati Uniti, con gli investitori internazionali che avrebbero così avuto la possibilità di avere accesso ai titoli, ma lo stop del Nyse per il momento ha un impatto distensivo quantomeno nel campo della tensione internazionale fra Usa e Cina, in attesa dell'operatività di Joe Biden come presidente e soprattutto della fine dell'amministrazione Trump che ha sin dalla sua entrata nella Casa Bianca ha messo nel mirino il paese guidato da Xi Jinping.
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