Il cielo è cambiato. Al Nord è bastata una notte per trasformare l’orizzonte: le città che fino a ieri boccheggiavano sotto un sole opprimente oggi si svegliano tra rami spezzati, tetti scoperchiati e il respiro dell’aria finalmente più fredda. Il caldo rovente che aveva investito la Pianura Padana è stato spazzato via da una perturbazione violenta e improvvisa, accompagnata da raffiche di vento fino a 90 chilometri orari, grandine e un fitto temporale che ha fatto saltare l’equilibrio delle giornate roventi.
Ribaltone al Nord, il maltempo spazza via l’afa. Il Centro-Sud resta in trappola
Milano, Torino, Verona, Bergamo: in tutte le principali città del Nord si sono registrati disagi. I vigili del fuoco hanno effettuato centinaia di interventi, le linee ferroviarie hanno subito rallentamenti, e la viabilità urbana è stata ostacolata dalla caduta di alberi e impalcature. È il primo vero ribaltone atmosferico dopo settimane di caldo africano, ed è arrivato con una forza che ha sorpreso anche i meteorologi.
Il fronte freddo avanza, ma il Sud resta inchiodato all’estate estrema
Mentre il Nord respira, il Centro-Sud resta sotto assedio. L’anticiclone africano non molla la presa: oggi a Foggia, Taranto, Catania e Cagliari sono previsti ancora picchi tra i 38 e i 40 gradi. L’aria è immobile, la sabbia del Sahara torna a depositarsi sulle auto, e le notti restano tropicali. Il Ministero della Salute ha emesso un nuovo bollettino per le ondate di calore: sette città in allerta rossa, con particolare attenzione alle fasce vulnerabili della popolazione.
Nelle campagne della Puglia e della Sicilia si segnalano gravi danni alle coltivazioni: le temperature elevate e la mancanza di pioggia mettono a rischio raccolti e falde acquifere. Gli allevatori parlano di animali stremati, le associazioni agricole chiedono lo stato di calamità. A Roma, Palermo e Napoli le centraline dell’Arpa registrano livelli di ozono sopra la soglia. Il caldo non è solo disagio, ma fattore di rischio sanitario e sociale.
Un Paese diviso tra due climi, e nessuna strategia comune
Il quadro che si delinea è quello di un’Italia climaticamente spaccata. Da una parte le regioni del Nord che, pur con violenze atmosferiche crescenti, riescono a ritrovare un equilibrio termico. Dall’altra il Mezzogiorno, intrappolato in una estate che sembra non voler finire mai. E in mezzo, ancora una volta, l’assenza di una risposta strutturale. I sindaci sono lasciati soli, le Regioni navigano a vista, e il Governo nazionale si limita a diramare allerte.
Non esiste un piano di adattamento climatico davvero operativo. Le risorse del PNRR dedicate al rischio idrogeologico sono state diluite in mille rivoli, e gli interventi di prevenzione si limitano spesso a pulizie straordinarie dei tombini. Intanto i cittadini si arrangiano come possono: ventilatori, tende chiuse, spostamenti notturni. Il clima diventa anche una questione di classe: chi ha una casa fresca resiste, chi vive in mansarda o nei container urbani soffre. E muore.
Papa Leone e il disordine degli elementi
In un passaggio della sua omelia domenicale, Papa Leone ha richiamato il racconto biblico della creazione: “Il mondo fu ordinato dal caos, ma l’uomo lo sta riportando nel disordine.” Non è solo una riflessione spirituale, ma anche una lettura precisa del tempo che viviamo. Il Papa, fin dall’inizio del suo pontificato, ha fatto del clima un punto chiave della sua visione etica. E il suo sguardo si fa oggi ancora più severo: “Non è la natura che si ribella. Siamo noi che l’abbiamo disobbedita.”
Parole pronunciate mentre l’Italia fatica a prendere coscienza. Perché non basta il meteo a raccontare ciò che sta accadendo: serve una cultura del rischio, della prevenzione, della responsabilità condivisa. E se il Nord torna a respirare, il Centro-Sud aspetta ancora la sua tregua. Ma il tempo, ormai, non basta più. Serve una scelta.