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Australia vieta i social ai minori di 16 anni: rivoluzione digitale

- di: Marta Giannoni
 
Australia vieta i social ai minori di 16 anni: rivoluzione digitale
Dal 10 dicembre 2025 scatta la nuova legge che impone alle piattaforme di bloccare gli under 16.

L’Australia ha scelto una strada drastica: vietare ai minori di 16 anni l’accesso ai social media. Una decisione che segna una svolta nel dibattito globale sulla sicurezza digitale e che mette le piattaforme davanti a un obbligo preciso: entro il 10 dicembre 2025, tutti gli account appartenenti a utenti di età compresa tra 13 e 15 anni dovranno essere rimossi o bloccati.

A guidare l’operazione è la eSafety Commissioner, che ha notificato a colossi come Meta la necessità di eliminare gli account esistenti dei minorenni e impedire nuove iscrizioni. Si tratta della prima misura così ampia adottata da un Paese occidentale.

Le nuove regole e le piattaforme coinvolte

La normativa stabilisce che tutti i servizi classificati come social media — a partire da Instagram, Facebook, TikTok, Snapchat, YouTube e altre piattaforme analoghe — debbano adottare un sistema di controllo dell’età in grado di escludere gli under 16. L’obbligo non riguarda invece le app di messaggistica pura né i servizi prevalentemente dedicati al gaming.

Il governo ha annunciato anche un regime di sanzioni particolarmente severo: fino a 49,5 milioni di dollari australiani per ogni violazione accertata. Una cifra concepita per rendere molto chiaro il messaggio destinato alle Big Tech.

Le preoccupazioni delle piattaforme

Meta ha comunicato che la procedura di rimozione è già stata avviata: migliaia di adolescenti australiani hanno ricevuto messaggi che annunciano la cancellazione del loro profilo entro dicembre. Ma l’azienda non nasconde le difficoltà tecniche.

Come ha affermato Antigone Davis, vicepresidente e responsabile globale della sicurezza di Meta, “Riteniamo che sia necessario un sistema più accurato, capace di verificare l’età senza compromettere la privacy. Il rispetto della legge richiederà uno sforzo multilivello”.

Meta ha anche chiesto la collaborazione dei genitori, spiegando che molti ragazzi utilizzano dati falsi o stratagemmi — come username che richiamano la supervisione familiare — che non saranno più sufficienti a eludere i controlli.

Le critiche: privacy, diritti digitali e affidabilità dei controlli

La misura ha aperto un fronte di discussione intenso. Diversi osservatori ritengono che il divieto rischi di limitare in modo eccessivo la libertà dei più giovani e di introdurre forme di identificazione digitale invasiva. Il punto più contestato riguarda infatti l’assenza di tecnologie pienamente affidabili per verificare l’età senza raccogliere dati sensibili.

Tra gli esperti c’è chi teme che la norma possa trasformarsi in un precedente globale, spingendo altri Paesi a introdurre obblighi analoghi senza garanzie sufficienti per la privacy.

Cosa cambia per giovani, famiglie e aziende tech

Per gli adolescenti australiani il cambiamento sarà immediato: chi ha meno di 16 anni perderà l’accesso ai social più popolari, con la possibilità di riattivare un profilo solo al compimento dell’età richiesta.

Per le famiglie si apre una fase in cui sarà necessario verificare con attenzione i dati forniti ai servizi digitali e monitorare eventuali tentativi di registrazione fraudolenta.

Le aziende tech dovranno invece affrontare un doppio fronte: da un lato aggiornare le tecnologie di verifica dell’età, dall’altro dimostrare alle autorità di aver adottato tutta la prudenza possibile per evitare violazioni.

Perché l’Australia ha scelto la linea dura

Secondo il governo, i rischi per i preadolescenti sono troppo elevati: esposizione a contenuti non controllati, cyberbullismo, dipendenza digitale, difficoltà emotive legate alla pressione dei social. Il nuovo quadro normativo è stato concepito per introdurre un sistema di protezione preventiva e non solo correttiva.

La legge — approvata nel 2024 e ora giunta alla piena applicazione — segna il passaggio da una logica di moderazione del contenuto a una logica di controllo dell’accesso, considerata dal legislatore come più efficace.

Un precedente globale?

L’Australia diventa così il primo Paese a muoversi con una regolamentazione così netta sui minori e sui social media. Molti analisti prevedono che questo modello sarà guardato con attenzione da altri governi, soprattutto in Europa e negli Stati Uniti, dove il dibattito sull’impatto dei social sui ragazzi è sempre più acceso.

Resta aperto il nodo della privacy e della reale efficacia di sistemi basati su algoritmi di riconoscimento dell’età, ancora imperfetti e talvolta facilmente aggirabili.

Un segnale forte

La mossa australiana è un segnale forte: proteggere i minori richiede un approccio più deciso e anticipatorio, secondo il governo. Ma la domanda di fondo resta aperta: fino a che punto si può limitare l’accesso digitale degli adolescenti senza violare diritti fondamentali come la partecipazione online o la libertà di espressione?

Il 10 dicembre 2025 sarà il primo banco di prova. Da quel giorno il rapporto tra giovani e social potrebbe entrare in una fase completamente nuova.

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