Un campo inglese, una villa romana e la Guerra di Troia raccontata da Eschilo.
(Foto: uno dei più famosi mosaici romani ad Ercolano).
Nel cuore rurale dell’Inghilterra, sotto una superficie agricola apparentemente anonima, riemerge un racconto di sangue, lutto e memoria: un mosaico romano che non segue l’Iliade di Omero, ma una versione tragica della Guerra di Troia legata a Eschilo, con un Priamo padre straziato che pesa il corpo di Ettore su una bilancia d’oro.
Da un rilievo nel terreno a una villa di lusso
La storia comincia nel 2020, in pieno lockdown. Jim Irvine, residente nella campagna di Ketton, nella contea di Rutland (East Midlands), nota un rilievo anomalo nel proprio campo. La segnalazione porta sul posto gli archeologi dell’University of Leicester Archaeological Services (ULAS), affiancati da Historic England, che avviano uno scavo sistematico.
Sotto lo strato agricolo emerge una villa romana di alto rango, con ambienti di rappresentanza e un grande ambiente destinato ai banchetti, il triclinium. Qui, un pavimento musivo di circa dieci metri quadrati racconta, pannello dopo pannello, la tragedia di Troia. La scoperta è stata poi riconosciuta come una delle più rilevanti nella storia dell’archeologia britannica recente.
I tre pannelli: il duello, l’oltraggio, il riscatto
Il mosaico è articolato in tre pannelli narrativi che condensano il cuore del mito troiano.
Nel primo pannello vediamo Ettore sul carro, armato e pronto allo scontro. La composizione richiama modelli noti su monete romane del II secolo d.C. provenienti dall’area di Ilio, in Asia Minore: postura dei cavalli, armi, dettagli come un serpente sotto il carro rimandano a un repertorio visivo mediterraneo ben conosciuto dagli artigiani romano-britannici.
Il pannello centrale mostra Achille che trascina il corpo di Ettore attorno alle mura di Troia, mentre Priamo lo supplica per riavere il figlio. La scena riprende in chiave musiva la composizione di un celebre vaso attico a figure rosse del V secolo a.C. conservato al Museum of Fine Arts di Boston: le tessere, disposte con cura millimetrica, restituiscono movimento, tensione e un realismo drammatico quasi teatrale.
È però il terzo pannello a cambiare le regole del gioco: Priamo, anziano ma dignitoso, colloca vasi d’oro su una grande bilancia per “pesare” il corpo di Ettore. Qui la narrazione devia decisamente dall’Iliade, dove l’eroe troiano viene restituito al padre dopo supplica e riscatto, ma senza alcuna scena di pesatura. Questo dettaglio, secondo gli studiosi, rinvia a una tragedia perduta di Eschilo, la cosiddetta opera dei Frigi, nota solo per frammenti e testimonianze indirette.
La firma nascosta di Eschilo
L’anomalia della bilancia ha acceso la curiosità degli studiosi. Il mosaico è stato oggetto di un ampio studio pubblicato nel 2025 sulla rivista accademica Britannia, in cui un team guidato dalla storica antichista Jane Masséglia ha ricostruito i legami tra le immagini di Ketton e tradizioni teatrali greche di epoca classica.
La scena del riscatto di Ettore, con il corpo del principe troiano messo a confronto ponderale con vasi colmi di preziosi, rispecchia un motivo che le fonti antiche collegano proprio alla tragedia eschilea dei Frigi. Di quella trilogia troiana restano solo brandelli di testo, citazioni di autori successivi come Aristotele e Plutarco e pochi indizi iconografici. Il mosaico di Ketton, però, sembra funzionare come una sorta di “traduzione figurativa” di quel dramma perduto.
In altre parole, il pavimento di una villa inglese conserva visivamente una tragedia greca che non possiamo più leggere.
Eschilo contro Omero: una scelta culturale e personale
Perché un proprietario di villa nella Britannia tardo-romana avrebbe preferito Eschilo a Omero? La scelta non è banale.
Omero offre un racconto epico, centrato sull’eroismo, sulla gloria e sul furore di Achille. Eschilo, invece, mette al centro responsabilità, colpa, pietà, giustizia, con una forte attenzione al ruolo degli dèi e al destino degli uomini. Adottare una versione eschilea della Guerra di Troia significa abbracciare un registro più riflessivo, in cui la guerra non è soltanto spettacolo di forza, ma anche tragedia morale.
Non si può escludere una motivazione più intima: il tema del padre che perde il figlio, reso con la scena della pesatura, potrebbe rispecchiare un lutto reale. Il committente della villa potrebbe aver vissuto una perdita familiare e trovato nel mito un linguaggio simbolico per elaborare il dolore. In questo caso, la scelta iconografica diventa una forma di memoria privata travestita da decorazione colta.
Una Britannia molto meno periferica di quanto immaginiamo
Il mosaico di Ketton dimostra che la Britannia non era, culturalmente, una provincia ai margini, ma un nodo di reti artistiche trans-imperiali. Gli artigiani che posano le tessere non lavorano nel vuoto: hanno accesso a modelli iconografici che circolano su vasi attici, monete dell’Asia Minore, argenteria della Gallia, opere teatrali e racconti mitografici.
Secondo gli studiosi, questo mosaico è parte di un più ampio repertorio visivo in cui gli eroi greci — Achille, Ettore, Priamo — vengono “citati” nelle case dell’élite romana tramite mosaici, pitture, oggetti in metallo, ceramica. La professoressa Hella Eckhardt, dell’Università di Reading, sottolinea come tali immagini mostrino la piena integrazione delle élite provinciali nelle mode culturali dell’Impero: il proprietario di Ketton dialoga idealmente con collezionisti di Atene, di Ilio, della Gallia, scegliendo gli stessi miti e gli stessi simboli.
Che fine ha fatto la Troia di Eschilo?
La trilogia troiana di Eschilo rappresenta uno dei grandi fantasmi della letteratura antica. Il tragediografo ateniese, vissuto tra il 525 e il 456 a.C., avrebbe composto più drammi dedicati alla caduta di Troia e alle sue conseguenze: opere come Teucri e appunto i Frigi, incentrate sui rapporti tra vincitori e vinti, sul peso del destino e sulla colpa.
Delle oltre novanta tragedie attribuite a Eschilo, solo sette sono giunte integre fino a noi. Tutto il resto è rimasto intrappolato nella fragilità dei papiri, nel filtraggio delle biblioteche tardo-antiche, in secoli di trasmissione selettiva. Della Troia eschilea sopravvivono pochi versi citati da autori posteriori, qualche elenco di titoli, indizi sparsi nelle opere di Aristotele, Plutarco, Dionisio di Alicarnasso.
In assenza dei testi, frammenti iconografici — come il mosaico di Ketton — assumono un importanza enorme: non sostituiscono il copione, ma indicano cosa colpiva l’immaginazione degli spettatori antichi. Il gesto di Priamo alla bilancia, enfatizzato nella scena musiva, rivela il cuore etico del racconto perduto: non solo la furia di Achille, ma il peso morale della guerra.
Il cantiere dello scavo: studio, restauri, ricostruzioni
Il lavoro sul mosaico non è solo interpretazione testuale e iconografica. La conservazione materiale è complessa: parte delle tessere è stata danneggiata dal tempo, dall’attività agricola e, in alcuni punti, da tracce di incendio.
La specialista Jennifer Browning, dell’ULAS, ha avuto un ruolo decisivo nella ricostruzione dei settori più compromessi, permettendo di confermare la scena finale della pesatura e di restituire l’assetto complessivo del racconto figurato. La collaborazione con Historic England, ricordata dall’archeologa Rachel Cubitt, ha permesso di contestualizzare meglio la villa: non una semplice azienda agricola, ma un vero centro di potere e rappresentanza, dotato di terme, ambienti residenziali e spazi cerimoniali.
Le indagini post-scavo, ancora in corso, mirano a chiarire cronologia, fasi costruttive, funzioni degli edifici e profilo socio-economico del proprietario. Ogni frammento ceramico, ogni moneta, ogni strato di pavimentazione contribuisce a definire la storia di una comunità che ha voluto inscrivere il proprio dolore e il proprio prestigio in un racconto troiano.
Un mosaico come specchio: tra mito, lutto e identità
Il mosaico di Ketton non è solo una raffinata opera d’arte antica. È uno specchio emotivo in cui si riflettono il gusto estetico, la cultura libresca e le ferite personali di chi viveva nella villa. La scelta di rappresentare proprio il momento del riscatto di Ettore, con un padre che misura sulla bilancia il valore del figlio perduto, suggerisce un legame forte tra mito e biografia.
La Guerra di Troia, qui, non è solo un campo d’onore: è un laboratorio di emozioni, colpa, memoria. In una provincia lontana dal Mediterraneo, un aristocratico romano affida a un pavimento il compito di raccontare l’angoscia di un padre, l’ingiustizia della morte, il tentativo di dare equilibrio — letterale e simbolico — a una perdita irreparabile.
Per questo il mosaico di Ketton parla tanto a noi quanto agli antichi: perché ci ricorda che, dietro le tessere di pietra, ci sono sempre storie di carne viva.