Green Arrow Capital, il Ceo de Blasio: "Infrastrutture energetiche green, private equity e private debt le nostre strategie"

 
I punti di forza di un Gruppo che è il più importante operatore italiano negli investimenti alternativi, con l’obiettivo di collegare il mondo finanziario e l’economia reale attraverso fondi specializzati in Private equity, Private debt e Infrastrutture. Una piattaforma unica nel suo genere. Ne parliamo con Eugenio de Blasio, Fondatore e Ceo del Gruppo .

Il Gruppo Green Arrow Capital è il maggiore operatore italiano indipendente specializzato negli investimenti alternativi che, in generale, hanno un rendimento molto stimolante rispetto ai tassi attuali di mercato e contribuiscono allo sviluppo dell’economia eco-compatibile. Dottor de Blasio, su quali tipologie di investimenti alternativi puntate in particolare?
"Abbiamo tre strategie di investimento. La prima riguarda le infrastrutture energetiche green, dove siamo al decimo fondo e dove occupiamo la posizione di secondo più importante operatore italiano e il primo indipendente, oltre che a stare tra i primi dieci in Europa. In questo settore dei fondi infrastrutturali energetici, il ritorno è mediamente del 9-10% annuo. Si tratta di fondi con un orizzonte temporale abbastanza lungo, tra i 15 e i 20 anni, e, come detto, presentano dei rendimenti molto attraenti, che li rende la soluzione giusta soprattutto per i fondi pensione. Di energia rinnovabile abbiamo un grande bisogno e in questo campo c’è un sistema ormai competitivo rispetto alla produzione di energia da fonti fossili. Siamo insomma alla cosiddetta ‘grid parity’, per cui non conviene costruire un impianto che inquina se quello che non inquina è anche competitivo dal punto di vista economico. La seconda strategia di investimento nella quale siamo specializzati è relativa al private equity, dove rientriamo tra i più grossi operatori italiani e nel sud dell’Europa. Nel 2021 lanceremo il quarto fondo. Nel private equity effettivamente i nostri rendimenti sono ancora più interessanti, a “doppia cifra”, ossia tra il 15 e il 20 per osa facciamo? Investiamo nelle aziende che definiamo ‘Italian Champions’, quindi aziende d’eccellenza di nicchia che vanno mediamente da 50 a 150 milioni di fatturato. Si tratta di aziende che hanno bisogno di un socio di capitale per la crescita e per lo sviluppo del loro business, in particolare all’estero, e di una fase di managerializzazione spinta. Sono imprese che vogliamo preservare italiane e che accompagniamo nella loro crescita internazionale o nell’acquisizione di alcuni concorrenti più piccoli. In sostanza il nostro lavoro è di supportare la loro crescita. La terza strategia è invece quella del private debt, dove lanceremo il secondo fondo nel primo trimestre del 2021. Il nostro primo fondo ha avuto una performance lorda del 7% e quindi anche questa è una strategia di investimento molto redditizia per gli investitori".

Come riuscite a realizzare rendimenti così importanti a favore degli investitori?
"Prima di tutto abbiamo dei team molto competenti nella scelta dei target su cui investire. Secondo, investiamo nell’economia reale, non sui mercati liquidi, quindi in aziende quotate o in bond. Facciamo un lavoro un po’ più faticoso rispetto a chi compra e vende quotidianamente sui mercati liquidi. Il nostro lavoro è di lungo termine e dobbiamo essere molto bravi a comprare bene e a vendere meglio. Di conseguenza, le nostre performance derivano dalla capacità di centrare gli investimenti e su questo abbiamo un track record misurabile, che ci viene riconosciuto dal mercato".

Chi sono i principali investitori nei vostri Fondi? Si tratta di investitori domestici o anche internazionali? Sono presenti piccoli investitori o si tratta di prodotti solo per ‘mani forti’?
"Ad oggi l’ottanta per cento degli investitori è italiano. Si tratta di quattro categorie di investitori istituzionali: fondi pensione, casse di previdenza, assicurazioni e fondazioni. Gli stranieri sono circa un 20% e hanno le stesse caratteristiche. Ma il mercato sta cambiando e gli investitori privati, che non hanno grandissime disponibilità come i fondi pensione, iniziano ad avvicinarsi a prodotti di questo tipo, dal momento che i titoli di Stato non rendono più niente, il real estate è molto tassato e comunque i mercati del mondo equity quotato sono molto volatili e pericolosi. Sono poi arrivati e stanno arrivando prodotti come i Pir alternativi, che hanno un vantaggio anche fiscale e che quindi incentivano i privati a investire in questi prodotti. Solo che in questo caso utilizziamo come nostri interlocutori degli intermediari, che sono banche o grandi società di gestione, perché non riusciamo a gestire migliaia di piccoli investitori, ma lo facciamo appunto attraverso intermediari qualificati che hanno le reti sul mercato".

Relativamente ai nuovi fondi c’è quello denominato “The Green Arrow Infrastructure of the Future Fund” (Gaif). Quali sono le strategie di investimento di questo fondo?
"Il Fondo Infrastrutture per il Futuro è diverso rispetto a quelli tradizionali, che investono in porti, autostrade, aeroporti e simili. Questo fondo investe solo in energia rinnovabile e in digitalizzazione, oltre che nei parcheggi per le auto elettriche. Quindi 5G, cablaggi a banda larga, fibra, parcheggi per auto elettriche e energia da fonti rinnovabili. Fattori di cui tutti abbiamo un incredibile bisogno. Il fondo punta sulla convergenza tra digitale ed energia, dalla ricarica del nostro cellulare o della nostra telecamera, alla banda larga. È il primo fondo che si chiama così in Europa e siamo orgogliosi di essere stati i primi a lanciarlo".

Come valuta il mercato italiano?
"L’Italia è il Paese dove ci sono 4 milioni di partite Iva e, in proporzione a 60 milioni di abitanti, sono tantissime. Un Paese dove c’è moltissima imprenditoria, fatta in gran parte di piccole aziende. Una caratteristica che ci distingue rispetto ai nostri vicini francesi, spagnoli e tedeschi, dove la realtà è fatta di imprese che hanno dimensioni più grandi, ma inferiori al livello numerico. La possibilità che esiste nel nostro Paese rispetto agli altri è che ci sono tante imprese che hanno bisogno di aggregarsi tra loro per diventare ‘Italian Champions’. Perché aggregarsi, quindi crescere dimensionalmente, è una strada che la globalizzazione obbliga a percorrere se si vuole competere a livello internazionale. E come dicevo, il nostro Fondo Private Equity 4 che lanceremo a breve ha proprio la strategia di rinforzare gli ‘Italian Champions’ e renderli competitivi a livello mondiale".

Parlando del Fondo Private Equity 4, in vista del suo lancio avete rafforzato il team del private equity con l’arrivo di due professionisti di alto profilo. Si tratta di Jody Vender, tra i fondatori dell’industriadel private equity in Italia, e di Massimo Massari. Quale segnale manda al mercato il Gruppo Gac con questi nuovi arrivi di gran peso?
"Il messaggio è di organizzare di un Gruppo che non fa leva soltanto sulle individualità dei suoi fondatori, tra iquali ci so no anche io, ma che si managerializza, dando quindi alle aziende che acquistiamo l’esempio di riuscire a fare sistema e a strutturarsi per crescere, internazionalizzandosi. Questi due innesti, che sono due pesi massimi nel mondo del private equity, ci aiuteranno a gestire meglio il Fondo 4 e i futuri fondi del segmento private".



Dalla sua nascita, avvenuta nel 2013, Gac ha sviluppato numerose importanti operazioni economiche o finanziarie. Tutte rilevanti, ma quali sono a suo parere quelle più significative?
"L’acquisizione della piattaforma Quercus, che era già leader delle energie rinnovabili in Europa, e l’inserimento di Banca Intesa nel capitale della nostra holding. Banca Intesa ha creduto nel nostro Gruppo, o meglio Ubi Banca, che è stata poi acquisita da Banca Intesa, e oggi abbiamo come socio al 5% nella nostra holding la più grande banca italiana e la seconda d’Europa. Insomma, un player istituzionale di peso. Ciò dimostra che la nostra crescita, la nostra strategia, la nostra compliance, i nostri valori, le nostre persone hanno superato un test importante e meritano la fiducia di un grandissimo Gruppo europeo".

Sui mercati c’è grande liquidità grazie all’azione delle Banche centrali. Però i dati dicono che tra gli investitori la prudenza è molto forte, prevale l’attendismo. Qual è oggi, dal suo punto privilegiato di osservazione, lo stato del mercato dei capitali e quali le previsioni nel breve e nel medio periodo?
"Confermo che c’è una massa di liquidità enorme, come non c’è mai stata nella nostra storia. Sia gli investitori privati che gli istituzionali hanno molta liquidità e hanno timore di investirla in maniera sbagliata. Credo che sarà una grande opportunità per il nostro Paese se queste risorse finanziarie saranno destinate alle infrastrutture, alla digitalizzazione, al cambiamento e alla modernizzazione dell’Italia, che è il più bel Paese del mondo. L’economia oggi soffre la crisi dettata dalla pandemia, ma stanno arrivando e arriveranno dall’Europa aiuti - a fondo perduto o di debito - come non è mai successo nella storia del nostro Paese. E allo stesso tempo a livello privato c’è una quantità di denaro come mai prima. Abbiamo veramente l’occasione per cambiare l’Italia, renderla più competitiva in tutto: nelle infrastrutture, nelle aziende, nel modo di vivere più sano, più attento al verde, alla natura, alla salvaguardia della nostra specie. Su questo vedo una completa comunione di interessi e di intenti e tutti sono d’accordo nell’investire le proprie risorse su tali binari. Alle nuove generazioni possiamo lasciare un Paese migliore e quindi abbiamo il dovere di farlo anche noi che ci occupiamo di finanza, di grandi investimenti".
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