Industria 4.0 una sfida per la competitività del Paese

- di: Andrea Colucci
 








E’ la nuova frontiera per le attività produttive. Se ne parla molto, con una frequenza sempre più alta, ma soprattutto è nelle agende politiche ed economiche dell’UE e di gran parte degli Stati membri.

Il termine Industria 4.0 indica una tendenza dell’automazione industriale che integra alcune nuove tecnologie produttive per migliorare le condizioni di lavoro e aumentare la produttività e la qualità produttiva degli impianti.

L’industria 4.0 passa per il concetto di smart factory , fondamentalmente riassumibile in 3 aspetti:


Smart production: nuove tecnologie produttive che creano collaborazione tra tutti gli elementi presenti nella produzione ovvero collaborazione tra operatore, macchine e strumenti.


Smart services: tutte le “infrastrutture informatiche” e tecniche che permettono di integrare i sistemi; ma anche tutte le strutture che permettono, in modo collaborativo, di integrare le aziende (fornitore – cliente) tra loro e con le strutture esterne (strade, hub, gestione dei rifiuti, ecc.)


Smart energy: tutto questo sempre con un occhio attento ai consumi energetici, creando sistemi più performanti e riducendo gli sprechi di energia secondo i paradigmi tipici dell’Energia sostenibile.

La chiave di volta dell’industry 4.0 sono i sistemi ciber-fisici (CPS) ovvero sistemi fisici che sono strettamente connessi con i sistemi informatici e che possono interagire e collaborare con altri sistemi CPS. Questo sta alla base della decentralizzazione e della collaborazione tra i sistemi, che è strettamente connessa con il concetto di industria 4.0.

Sull’ onda dell’interesse crescente che questo tema sta suscitando in Italia negli ultimi anni è’ stato recentemente presentato a Milano il libro “Sviluppo e Innovazione”, pubblicato con una interessante prefazione di Giovanni Pitruzzella, Presidente dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

Idee, esperienze e policy per la competitività del Paese” di Vito Cozzoli. L’appuntamento ha fatto seguito alla presentazione tenutasi lo scorso maggio a Roma che aveva visto la partecipazione del Ministro Maria Elena Boschi, di Luigi Di Maio, di Gianni Letta e di Maurizio Lupi. Alla versione politica dell’incontro romano, è seguita quella più specificatamente rivolta a un pubblico tecnico-industriale: erano numerosi infatti i manager e gli imprenditori presenti in sala.

Il volume raccoglie gli interventi svolti da Vito Cozzoli nel periodo 2014-2016 in qualità di Capo di Gabinetto del Ministero dello Sviluppo economico. I contributi ricostruiscono ampia parte delle idee-guida proposte, dei risultati raggiunti e delle attività svolte durante quella intensa esperienza per la progettazione e la realizzazione di politiche per lo sviluppo del Paese.

Le tematiche affrontate riguardano la politica industriale e gli incentivi alle imprese, le Smart Cities, l’innovazione e la digitalizzazione, le crisi d’impresa, l’energia, il Made in Italy e l’attrazione degli investimenti, le telecomunicazioni.

In Italia infatti, in questi ultimi anni, si è realizzata una svolta importante, non adeguatamente percepita dall’opinione pubblica. Nell’ultimo periodo parlare di Industria 4.0 è diventato un must, sembra quasi uno slogan da spendere al di là della congruità dei contenuti portati avanti. La realtà è diversa, e l’impressione di enfasi nasce per il fatto che molti rilanciano l’imperativo senza averlo approfondito e neppure ben capito. La realtà è che, malgrado molti non mostrino di essersene resi conto, in Italia, in questi ultimi anni, si è tornato e promuovere politiche di sviluppo. A raccontare questo nuovo corso è Vito Cozzoli con il suo nuovo volume. Il testo è una raccolta, sapientemente selezionata, dei suoi interventi nel periodo in cui era Capo di Gabinetto e costituisce, al riguardo, una interessantissima testimonianza. Cozzoli è stato uno dei protagonisti di un nuovo corso della politica italiana, in cui si è finito di navigare a vista, come per troppo tempo s’era fatto nel passato, e si sono poste le basi per una ripresa dei livelli di competitività del sistema Paese.

Il punto di osservatorio di Cozzoli è il campo d’azione in cui ha potuto profondere impegno e mettere a frutto la sua cultura polivalente (anche se fondata sulle solidissime basi giuridiche di Avvocato Cassazionista, già Capo dell’Avvocatura della Camera dei deputati). Cozzoli è stato osservatore privilegiato e al contempo un protagonista di quel Ministero dello Sviluppo economico che, per propria finalità, era chiamato a innestare la marcia della ripartenza. Dalla coinvolgente lettura degli interventi dell’ex Capo di Gabinetto si ricava come l’impegno per la trasformazione radicale dell’industria, all’insegna dell’integrazione digitale dei processi produttivi, sia maturato attraverso un percorso costante e di estrema attenzione all’evoluzione tecnologica in atto.

A Vito Cozzoli Italia Informa ha chiesto di approfondire alcuni aspetti per meglio contestualizzare l’approccio delle istituzioni italiane.

Avvocato Cozzoli, in pochissime battute cos’è il Piano Nazionale Industria 4.0?

Il Piano nazionale Industria 4.0 è l’occasione per tutte le aziende che vogliono cogliere le opportunità legate alla quarta rivoluzione industriale.

Il Piano prevede misure concrete in base a tre principali linee guida: operare in una logica di neutralità tecnologica; intervenire con azioni orizzontali e non verticali o settoriali; agire su fattori abilitanti.

Sono state potenziate e indirizzate in una logica 4.0 tutte le misure che si sono rilevate efficaci e, per rispondere pienamente alle esigenze emergenti, ne sono state previste di nuove.

Le sue principali linee d’azione sono 6: Iper e Super Ammortamento Investire per crescere; Nuova Sabatini Credito all’innovazione; Fondo di Garanzia Ampliare le possibilità di credito; Credito d’imposta R&S Premiare chi investe nel futuro; Startup e PMI innovative Accelerare l’innovazione; Patent box Dare valore ai beni immateriali”. I fattori del cambiamento possono essere la diffusione delle tecnologie e della cultura digitale nei processi produttivi e organizzativi di tutti i settori imprenditoriali, non soltanto per la grande impresa ma anche per le PMI. Non possono essere premiati soltanto gli investimenti di dimensione rilevante, ma va valorizzata l’ossatura dell’intero nostro sistema imprenditoriale: il rafforzamento della capacità dei territori e delle imprese di investire nell’innovazione e di internazionalizzarsi rappresenta un imprescindibile obiettivo di politica industriale.

Con quale prospettiva il Ministero dello Sviluppo Economico ha affrontato questo tema quando lei era il Capo di Gabinetto del Ministro?

Nella prospettiva costruita dal Mise e dall’Esecutivo nel suo complesso ai tempi del mio operato, l’innovazione e la modernizzazione digitale dovevano essere sia lo strumento per ridare slancio all’industria manifatturiera, sia per creare quelle città-infrastrutture che sono le smart city, nel cui ambito soltanto possono essere coniugati al meglio logiche di sviluppo sostenibile e di impresa 4.0, di riconversione ed efficientamento energetico, di valorizzazione dei giacimenti culturali. Un percorso che, se venisse condotto con la necessaria coesione politica, istituzionale e socioeconomica, potrebbe rappresentare una piattaforma per il recupero almeno parziale dello stesso divario meridionale.

Oggi possiamo dire senza timore di essere smentiti che si è lavorato molto e con efficacia, in questi ultimi anni.

Il problema, spesso, nasce dal fatto che i tempi della semina non coincidono con quelli del raccolto. Sono processi che necessitano programmazione e orizzonti di medio-lungo periodo, ma alla fine i risultati sono strutturali e generano benefici consolidati nel tempo.

 

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