Cronache dai Palazzi - Maggioranza e opposizioni divise, tra di loro e dentro di loro
- di: Redazione
L'assioma che, in uno scenario politico che si possa definire normale, maggioranza e opposizione siano irrimediabilmente su posizioni alternative era uno dei capisaldi del pensiero comune.
Perché è scontato che, almeno in pubblico, si scannino chi comanda e chi ne vuole prendere il posto, ed è questo che la gente si aspetta. Ma non alle nostre latitudini, dove tutto e l'esatto contrario sono compagni delle cronache.
Questa estate si sta infatti manifestando torrida, oltre che sul punto delle temperature, anche sul fronte politico dove gli scontri non si limitano a quelli tra maggioranza e opposizioni, ma anche in seno alla singole coalizioni che hanno un bel dire e ripetere che sono coese, ma che, nei fatti, sono ridotte ad un pugno di rissanti, sempre pronti a darsele di santa ragione. È l'anomalia del nostro sistema politico, ivi compreso il meccanismo elettorale che costringe ad alleanze che sono funzionali solo al conseguimento del potere, passando sopra ad evidenti baratri che separano le rispettive ideologie.
Cronache dai Palazzi - Maggioranza e opposizioni divise, tra di loro e dentro di loro
Così, su un fronte e sull'altro, a emergere sono le divisioni o, se più aggrada, i diversi punti di vista su singoli argomenti o su temi generali.
Guardiamo la maggioranza che, grazie ad una ''dotazione'' di voti in parlamento che dovrebbero darle sicurezza e prospettive rosee, avrebbe tutto per guardare con fiducia al futuro, anche se le questioni da affrontare sono molte e difficili. A partire dalle conseguenze della posizione che l'Italia ha assunto in Europa e che ha creato condizioni avverse all'avversarsi delle speranze di sedere al desco dei potenti, con il rischio che invece si sta materializzando di un ruolo marginale quando il banco - Ursula von der Leyen, il Ppe e i socialisti - dovranno distribuire le carte migliori.
Un rischio che evidentemente è stato calcolato, ma forse non fino in fondo, perché presentarsi al voto a Strasburgo in ordine sparso (Forza Italia col Ppe; la Lega con i patrioti di Orban; Fratelli d'Italia e Meloni con sé stessi) alla fine, se ha premiato qualcuno, ha penalizzato il Paese che ora dovrà confrontarsi con la Commissione partendo da una posizione sfavorevole.
Le scorie di quel voto sono rimaste e emergono ad ogni occasione. Come sta accadendo sulla questione della regolarizzazione degli stranieri che non hanno ancora la nazionalità italiana. Ora, la si può pensare come si vuole, ma la proposta di Forza Italia di concedere la nazionalità a chi segue e completa due percorsi scolastici può essere un punto di partenza, qualcosa su cui cominciare a ragionare. Ma, se dall'opposizione si guarda con favore alla proposta, i veri avversatori stanno nella maggioranza, dove si sprecano i toni persino offesivi non solo sull'idea, ma anche sulla persona di chi l'ha avanzata.
L'impressione è che, dentro la maggioranza, si stia affrontando una guerra per accaparrarsi rendite di posizione, non guardando al quadro complessivo, ma solo al particolare. Nel senso che la corda potrebbe anche spezzarsi, se, ad esempio, Forza Italia non accettasse il ruolo di vaso di coccio tra il partito del presidente del consiglio e la Lega, ormai su posizioni di destra estrema che la muovono a battaglie che sino a pochi anni fa non avrebbe affrontato.
Che le tensioni dentro la maggioranza stiano raggiungendo un punto pericolosissimo non lo diciamo noi. Basta leggere quel che ha detto il capogruppo della Lega a Palazzo Madama, Massimiliano Romeo: ''L’insistenza di Tajani, visto che offre una sponda alle opposizioni su questa tematica, rischia di minare seriamente la stabilità del governo. Sinceramente, a che pro facciamo fatica a comprenderlo''.
Non è un ultimatum e nemmeno un ''penultimatum'', ma un chiaro ammonimento, che Antonio Tajani rispedisce al mittente: ''Non è che se un tema non è nel programma di governo non se ne può parlare. Io non impongo niente a nessuno, ma non voglio neanche che nessuno imponga qualche cosa a me, quindi sono libero di parlare''.
L'opposizione, che pure dovrebbe gongolare per quanto accade nel campo avverso, ha anch'essa i suoi problemi perché i successi dei recenti appuntamenti elettorali si stanno appannando, quasi cancellati dal riproporsi di vecchie contrapposizioni che sembravano dimenticate, sacrificate sull'altare della possibile sconfitta della destra.
Basta vedere quel che accade in Liguria dove, quando tutto lasciava pensare ad una candidatura comune della sinistra alle regionali, nella persona di Andrea Orlando, del Pd, tutto è stato rimesso in gioco dalla sortita dei Cinque Stelle che hanno proposto un loro uomo, il senatore Luca Pirontini. Ora, non sapendo quali reali possibilità l'esponente del movimento abbia di sconfiggere chi la destra candiderà, l'indicazione del suo nome sembra essere un modo per sparigliare le carte, seguendo in uno schema che, anche nel recente passato, ha portato l'opposizione a non presentare un candidato comune appunto per i distinguo grillini. I quali, forse, avrebbero anche altro a cui pensare perché, quando si avvicina la data dei loro stati generali, lo scontro tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte ha raggiunto picchi di durezza che potrebbero preludere a gesti clamorosi da parte del garante.