FOTO: Unione Europea
Con la morte di Jean-Marie Le Pen, scomparso all’età di 96 anni, si chiude uno dei capitoli più controversi e discussi della politica francese. Fondatore del Front National, Le Pen ha trasformato l’estrema destra in una forza politica di rilievo, capace di scuotere l’establishment e di influenzare profondamente il dibattito pubblico. Figura divisiva, fu un maestro della retorica populista e il simbolo di una stagione politica che portò le tensioni sociali e identitarie al centro dell’agenda nazionale.
Addio a Jean-Marie Le Pen, il fondatore del Front National. L’Eliseo: “Giudicato dalla Storia”
Nato nel 1928 a La Trinité-sur-Mer, in Bretagna, Le Pen crebbe in un ambiente umile. La morte del padre, pescatore, durante la Seconda guerra mondiale influenzò profondamente la sua visione del mondo e della politica. Dopo un’infanzia difficile e il servizio militare in Indocina e Algeria, entrò in politica aderendo al movimento poujadista, per poi fondare nel 1972 il Front National, partito che promuoveva il nazionalismo, il controllo dell’immigrazione e un ritorno ai valori tradizionali.
Sotto la sua guida, il Front National passò da una forza marginale a un attore chiave nella politica francese, conquistando un consenso crescente tra le classi popolari e parte della borghesia. Con il tempo, Le Pen divenne un punto di riferimento per coloro che temevano i cambiamenti sociali e culturali portati dalla globalizzazione e dall’immigrazione.
Il terremoto del 21 aprile 2002
Il momento più significativo della sua carriera arrivò con le elezioni presidenziali del 2002. Al primo turno, Le Pen superò il socialista Lionel Jospin, conquistando l’accesso al ballottaggio contro Jacques Chirac. Fu un evento che sconvolse la Francia e l’Europa, portando milioni di persone a manifestare contro l’avanzata dell’estrema destra. Sebbene Le Pen venisse poi sconfitto al secondo turno con un risultato schiacciante, il suo exploit segnò una svolta nella politica francese.
Le controversie e la rottura con Marine Le Pen
Jean-Marie Le Pen fu spesso al centro di polemiche per dichiarazioni provocatorie, tra cui la celebre definizione delle camere a gas come “un dettaglio della storia”. Accuse di razzismo, xenofobia e antisemitismo segnarono tutta la sua carriera, portandolo a frequenti scontri con la giustizia.
Nel 2011, la leadership del Front National passò alla figlia Marine, che intraprese un processo di “ripulitura” dell’immagine del partito. Le tensioni tra padre e figlia culminarono nel 2015, quando Jean-Marie Le Pen fu espulso dal Front National, evento che segnò una frattura profonda e definitiva.
Un’eredità complessa e controversa
Alla notizia della sua morte, l’Eliseo ha commentato: «Jean-Marie Le Pen ha giocato un ruolo nella vita pubblica francese, un ruolo che sarà giudicato dalla Storia». Anche le reazioni politiche sono state polarizzate: Jordan Bardella, presidente del Rassemblement National, lo ha definito «un servitore della Francia, difensore della sua identità e sovranità», mentre Jean-Luc Mélenchon, leader della France Insoumise, ha ribadito che la «lotta contro l’uomo è finita, ma quella contro l’odio e il razzismo continua».
La figura di Le Pen ha lasciato un’impronta profonda nel panorama politico francese, dividendo l’opinione pubblica e influenzando generazioni di leader. Amato e odiato, ha incarnato la resistenza ai cambiamenti che molti temevano, diventando il simbolo di una Francia nostalgica e timorosa di perdere la sua identità.
“Il patriottismo è amare la propria terra; il nazionalismo è odiare quella degli altri”
Con questa frase, Jean-Marie Le Pen riassumeva il suo pensiero e il suo approccio politico. Parole che, sebbene ampiamente criticate, riflettono la sua convinzione di combattere per una Francia forte e sovrana, anche a costo di alimentare profonde divisioni. Il suo nome, controverso e divisivo, resterà inciso nella storia politica del Paese, come monito e come lezione per il futuro.