Inchiesta Genova: Aponte (Msc), che incontrava tutti, ora butta a mare Spinelli

- di: Francesco Di Stefano
 
Le notizie che, a cadenza quasi quotidiana, tornano ad arricchire l'inchiesta della procura sul porto di Genova e sul giro di ''do ut des'' che, intorno alla struttura, cruciale per l'economia nazionale, sono fioriti nel corso degli ultimi anni, inducono ad una sola, quanto evidente, certezza: se i pubblici ministeri avessero avuto anche solo un piccolissimo indizio a carico del patron di Msc (il colosso armatoriale globale), Gianluigi Aponte (nella foto), avrebbero aggiunto il suo nome a quello degli arrestati/indagati. Ed invece nessun appiglio, così in questa storia, di cui sembra essere protagonista o quanto meno testimone, nemmeno tanto defilato, l'armatore, almeno ad oggi, sembra potere uscire indenne, come chi attraversa il temporale senza essere nemmeno sfiorato dalla pioggia.

Che Aponte sia stato grande interlocutore dei protagonisti della vicenda appare chiaro, né potrebbe essere altrimenti visti gli interessi che l'armatore ha sul porto di Genova, dentro il porto di Genova, intorno al porto di Genova, su Genova tutta, considerata un hub delle sue attività, almeno nel Mediterraneo.

Inchiesta Genova: Aponte (Msc), che incontrava tutti, ora butta a mare Spinelli

Le carte lo dipingono come il terminale di richieste, ma anche, per converso, di latore, in un ruolo sfaccettato in cui può, a seconda delle necessità, fare valore il suo peso, economico, ma anche come imprenditore.

Al punto che, come di recente ricordato dalla trasmissione Rai Report, per andare ad incontrarlo in Svizzera si mossero, su un jet privato, gli altri protagonisti dell'inchiesta, in una specie di riconoscimento della sua autorevolezza.

L'evento risale al 2017 e di esso, appunto quell'anno, Repubblica parlò pubblicando un post dell'allora segretario del Pd genovese, Alessandro Terrile, che si interrogava sulla correttezza di quella ''processione'' laica, con destinazione Ginevra.

''Il sindaco Bucci (non indagato, ndr), il presidente Toti, l'assessore Rixi (leghista, oggi viceministro alle Infrastrutture, estraneo all'inchiesta, ndr) e il Presidente dell'Autorità portuale Signorini (arrestato nell'ambito dell'inchiesta, oggi ai domiciliari, ndr) vanno a Ginevra ad incontrare Aponte, il proprietario di MSC – si legge nel post di Terrile –. Ci vanno con l'aereo privato pilotato dal proprietario di ERG (Alessandro Garrone, estraneo all'inchiesta di Genova, ndr), e si portano anche il terminalista Spinelli. Spinelli è lo stesso che a maggio 2017 ha ottenuto da Signorini la proroga della concessione per il proprio terminal fino al 2054, senza gara. Aponte è lo stesso che sta per comprare il 49% del terminal Messina. E che insieme a Spinelli ha rilevato l'80% del Terminal Rinfuse, chiedendo a Signorini la proroga della concessione per 50 anni, senza gara. Il futuro del porto più grande d'Italia si programma su un jet privato, senza gare e senza concorrenza. Cronache dal Sudamerica? No. Da Genova, 2017''.

Cosa abbia spinto la comitiva a un viaggio fuori Paese, dicono oggi i protagonisti, sono state mere esigenze organizzative e funzionali alla soluzione di problemi.

Ma fa sensazione che, invertendo ruoli, competenze e responsabilità pubbliche, ad ospitare gli altri, e non ad essere lui ospitato, sia stato un soggetto privato, con enormi interessi in un'area la responsabilità della quale - del tempo e successiva - era nelle mani di coloro che si recarono nel suo ufficio.

Con precedenti del genere, si dovrebbe essere indotti a pensare ad un gruppo di persone amiche. Ma così non è perché Aponte quello Spinelli, che per i pm genovesi è il fulcro del meccanismo di corruttela, lo sopportava a malapena, addirittura dicendo - lo ha riferito ai pubblici ministeri - che, pur se ''non conoscevamo tutti i fatti che faceva Spinelli'', ''eravamo al corrente della sua occupazione abusiva delle aree del Carbonile''.

Anche se non è chiaro a chi si riferisca quel ''eravamo a conoscenza'' e se tra coloro che ''conoscevano'' c'erano anche amministratori della cosa pubblica che, se lo sapevano, avrebbero dovuto denunciare tutto all'autorità giudiziaria. Si vedrà.

Sicuramente Gianluigi Aponte sa muoversi nei meandri di questa storia, districandosi talmente bene da uscire indenne. Anche a costo di buttare a mare - immagine che si attaglia alla perfezione alla materia - quello stesso Spinelli con cui ha dialogato, in termini commerciali, per anni, evidentemente con reciproca soddisfazione.
Tra le tante cose dette nella lunga deposizione davanti ai pm di qualche giorno fa, Aponte ha, come si usa dire, gettato la palla in campo avversario accreditando a Spinelli un'opera di ''pressione'' nei suoi confronti per la soluzione di problemi che stavano a lui (come ai suoi affari) molto a cuore.

E quella pressione sarà stata anche insostenibile, se è vero che l'armatore ha ammesso di avere telefonato al sindaco di Genova, Marco Bucci, per parlare del rinnovo trentennale della concessione del Terminal Rinfuse. Si tratta di una struttura gestito da una società al 55 per cento di Spinelli e, ohibò, al 45 per cento di Aponte. Quindi non una telefonata ad uso e consumo esclusivi di Spinelli, ma per la soluzione positiva di un problema comune ai due imprenditori.

La telefonata c'è stata; Bucci ha detto che se ne sarebbe occupato; il rinnovo della concessione alla fine è arrivato, ma senza l'intervento e il peso personale di Aponte chissà cosa sarebbe mai accaduto.

Aponte che, come confermato da intercettazioni, senza giri di parole, in una telefonata a Paolo Emilio Signorini, all'epoca presidente dell’Autorità portuale, disse che erano state attuate scelte per favorire spudoratamente Spinelli, tirando fuori argomenti come intrallazzi, ladrocinio, mafia, schifo, corruzione.

Aponte ha comunque voluto precisare che con quella telefonata intendeva attaccare non Signorini, ma i suoi collaboratori. Come se possa essere normale che un imprenditore privato telefoni al massimo responsabile di una struttura territoriale, per protestare di non essere trattato alla stesso modo di un suo rivale, non passando invece per i canali formali e quindi normali.

Comunque ci sono molti modi per definire questa storia in cui protagonisti della vita politica e imprenditoriale si scambiano accuse, anche pesantissime, come quella, reciproca, di usare metodi mafiosi.

Insomma: Aponte parla di mafia, quando si riferisce a Spinelli, e quest'ultimo, parlando con il figlio (che non compare nell'inchiesta in alcuna veste) ricambia il giudizio. Siamo alle comiche, tra ''il bue che dice cornuto all'asino'', ''mal comune, mezzo guardia'' e ''chi la fa, l'aspetti''.

Ma non è finita qui, perché Aponte, che ha ammesso di avere avuto diversi incontri con Toti per parlare del porto, dice di non avere mai ricevuto alcuna richiesta di finanziamento da parte del presidente sospeso della Regione Liguria. Ok, allora come la mettiamo con il fatto che, negli ultimi anni, come scrive Repubblica, risulta avere fatto bonifici intestati al comitato del presidente?
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