Terzo trimestre a -0,5 miliardi di euro: nuova scoppola per Eni, che nega l'evidenza

- di: Diego Minuti
 
''In un contesto di mercato che rimane molto difficile, stiamo contenendo con successo gli impatti negativi di questa crisi e progredendo nella nostra strategia di decarbonizzazione'': se qualcuno ancora si ostina a dire che l'italiano non è la più bella lingua della storia del mondo gli basterebbe leggere queste poche righe per capire come solo parlando e scrivendo nell'idioma di Dante e Petrarca, Boccaccio, Leopardi, ma anche Ungaretti, Quasimodo e Piccolo si potrebbe arrivare a negare in modo così abile quella che è e resta una evidenza.

Queste poche parole vengono dalla nota con cui l'Eni ''spiega'' (il tentativo è questo) i motivi per i quali i risultati del terzo trimestre - e dell'anno in generale - per il gruppo energetico siano positivi, ma non tanto; negativi, ma non completamente; forieri di ulteriori cattive notizie, ma potrebbero anche non esserlo.

Sta di fatto che l'Eni ha preso l'ennesimo schiaffo, almeno a leggere i risultati del 2020, che comunque addebita alle conseguenze della pandemia, ma anche alla più generale crisi economica in cui hanno interagito l'emergenza sanitaria, che ha determinato una contrazione dei consumi, ed un eccesso nelle scorte di petrolio gas e prodotti. Insomma, l'Eni prende atto della delicatezza di una situazione generale, ma non fa a sé stessa un minimo di autocritica per i ''non risultati'' di questo sventurato 2020.



Premesso che anche altri giganti energetici stanno patendo molto i contraccolpi della crisi da Covid-19, l'Eni dovrebbe ammettere che non è da oggi, ma da tempo ormai, che le sue prospettive, alimentate da progetti e intraprese di notevole spessore e quindi potenziale rischio, si sono sgonfiate alla luce degli effettivi risultati conseguiti.

I numeri sopperiscono laddove le parole non bastano. Nel terzo trimestre del 2020, lo dice una nota del gruppo energetico si sono registrate ''una perdita netta adjusted di 0,15 miliardi nel terzo trimestre e di 0,81 miliardi nei nove mesi e una perdita netta di 0,5 miliardi nel trimestre e di 7,84 miliardi nei nove mesi determinata dalla rilevazione di svalutazioni''.

Tutto negativo, quindi? No, almeno a dare credito ad una parte della nota che così recita: "il trimestre registra un rimbalzo della performance dovuto a un migliore bilanciamento dei fondamentali oil in un contesto di lenta ripresa dell’attività economica e incertezze circa il contenimento della pandemia, con ricadute sulla propensione dei consumatori agli spostamenti".

La scelta del verbo ''recitare'' quando si tratta di dare spessore alla propria attività è, ammettiamolo, mirabile, ma certo non aiuta a sgombrare le nubi che, ormai da mesi, si addensano sull'Eni e sul suo gruppo dirigente, che sembra non avvedersi di come il mondo economico e finanziario che ruota intorno alla materia energetica sta cambiando a velocità molto più elevata rispetto all'andamento lento del gruppo del cane a sei zampe.

Un periodo difficile per l'Eni che si ritrova a doversi difendere, oltre che dalle montagne russe dell'andamento del mercato energetico, anche in sede giudiziaria, come il processo che si sta svolgendo davanti ai giudici del tribunale di Potenza chiamati a decidere se il gruppo ha lucrato o no nel processo di smaltimento dei rifiuti liquidi prodotti dal Centro Oli Cova di Viggiano. Accusa che, per il combattivo collegio di difesa, è assolutamente priva di fondamento, ma che, in ogni caso, un magistrato (il gip) ha comunque ritenuto meritevole di un giudizio in aula. E magari i problemi per l'Eni si fermassero come Cristo ad Eboli, perché anche dal Mediterraneo giungono brutte nuove, con l'aggressiva politica di Erdogan, che mira ad accaparrarsi, mostrando i muscoli, i giacimenti gasieri su cui il gruppo italiano da tempo ha buttato un occhio. Ma si sa, spesso il diavolo fa le pentole, ma dimentica di fare i coperchi.
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