• Intesa Nov 24 8501

Petrolio in caduta libera: torna l’incubo recessione globale

- di: Matteo Borrelli
 
Petrolio in caduta libera: torna l’incubo recessione globale
Mercati asiatici a picco, futures europei in rosso e Goldman Sachs alza l’allarme sul rischio recessione Usa. Il barile torna a minacciare quota 60 dollari.
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Il petrolio scivola pericolosamente verso la soglia psicologica dei 60 dollari, risucchiato dalla spirale di panico che ha travolto i mercati globali. A far tremare gli investitori sono i segnali inequivocabili di una nuova recessione, alimentata dalla guerra commerciale riaccesa da Donald Trump e da un crollo generalizzato delle Borse asiatiche.
Nella notte, il Light crude statunitense ha perso il 2,74%, scendendo a 60,29 dollari al barile, mentre il Brent è arretrato del 2,65% a 63,84 dollari. È il livello più basso toccato dai due benchmark da mesi. Il tonfo riflette un’ondata di vendite innescata dal crescente timore di un brusco rallentamento dell’economia mondiale.
Secondo un’anticipazione che arriva da Pechino, l’innesco è arrivato con il tracollo delle Borse asiatiche, guidato da Shanghai e Tokyo, affossate dal rischio di una frattura commerciale insanabile tra Stati Uniti, Europa e Cina. A peggiorare il quadro, i futures sull’apertura delle Borse europee e di Wall Street si presentano in netto calo, segnalando un lunedì nero sui mercati globali.
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Goldman Sachs: “Rischio recessione Usa al 45%”
A dare la stoccata finale è Goldman Sachs, che ha alzato la probabilità di una recessione americana entro i prossimi 12 mesi dal 35% al 45%. “Gli indicatori macro e la crescente instabilità commerciale legata alle politiche del presidente Trump rafforzano lo scenario di un imminente rallentamento”, si legge nell’ultimo report riservato della banca d’affari, trapelato nella notte.
La mossa di Goldman è letta come un segnale d’allarme sistemico, che amplifica le preoccupazioni sulla tenuta della domanda globale di energia, già penalizzata da una produzione industriale in frenata in Europa e da consumi stagnanti negli Stati Uniti.
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Una crisi che parte da Trump
Non è un caso se l’epicentro della nuova ondata di tensione sia ancora una volta la Casa Bianca. Dopo l’annuncio di nuovi dazi su acciaio, auto e tecnologia, le principali economie del pianeta stanno serrando i ranghi, ma l’effetto domino sui mercati non ha tardato a manifestarsi. Il petrolio, termometro sensibile delle attese economiche, reagisce con violenza.
“Il problema è politico, non solo economico. Con Trump l’instabilità è diventata la norma e gli investitori corrono a coprirsi”, afferma un analista di Nomura. I mercati temono che la stretta protezionistica americana si traduca in una stagnazione globale simile a quella del 2008, ma senza la coesione internazionale che allora arginò il collasso.
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Prospettive fosche anche per l’Europa
In attesa dell’apertura delle Borse europee, l’umore è cupo. Gli operatori guardano con ansia a Bruxelles, dove si attende una risposta alle nuove misure americane. Ma senza una strategia comune, la vulnerabilità dell’Eurozona rischia di trasformarsi in debolezza strutturale.
Il prezzo del petrolio, nel frattempo, torna ad agitare lo spettro di un’energia troppo debole per sostenere la crescita, ma ancora troppo cara per non alimentare l’inflazione importata. In un equilibrio fragile, basta poco per far precipitare la situazione.
E oggi, quel poco si chiama Donald Trump.

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