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Acqua, bollette su del 40% ma rubinetto batte sempre bottiglia

- di: Matteo Borrelli
 
Acqua, bollette su del 40% ma rubinetto batte sempre bottiglia
Acqua, bollette su del 40%: rubinetto batte bottiglia
Tre persone, 150 metri cubi, 384 euro l’anno. In dieci anni la spesa idrica domestica è salita con la costanza di una goccia che scava la pietra, mentre i consumi calano e la sete di acqua in bottiglia cresce. Il paradosso italiano: paghiamo di più, usiamo meno, ma continuiamo a preferire la plastica al rubinetto—che resta di gran lunga l’opzione più conveniente.

Quanto paghiamo davvero

Per una famiglia “tipo” di tre componenti e 150 metri cubi annui, la spesa media si attesta attorno a 384 euro. È il risultato di un decennio in cui le tariffe sono aumentate di circa quattro decimi, nonostante gli italiani abbiano razionalizzato i prelievi domestici. Nel frattempo, i gestori hanno accelerato sugli investimenti, ma la rete continua a perdere una quota ingiustificabile di acqua prima che arrivi ai rubinetti.

Rubinetto contro bottiglia: una forbice che fa impressione

Numeri alla mano, il rubinetto è imbattibile. Un litro di acqua potabile distribuita in casa costa in media 0,00256 euro, contro circa 0,26 euro per un litro di minerale. La differenza è vertiginosa: più di cento volte il prezzo, una forbice che si allarga nelle città dove l’acqua confezionata viaggia su listini più alti. Eppure la “bottiglietta” continua a conquistare spazio nei carrelli: dal 2012 i volumi pro capite annui sono cresciuti di oltre un terzo, segno che la percezione (sulla qualità, sul gusto, sulla sicurezza) fa spesso premio sulla matematica del portafogli.

Sprechi di rete e sprechi di casa

Il grande tallone d’Achille resta la dispersione lungo la rete. In media, oltre quattro bicchieri su dieci si perdono tra condotte obsolete e manutenzioni complesse. È un drenaggio di risorsa—e di soldi pubblici—che pesa su territori e famiglie. A questo si sommano gli sprechi domestici: un rubinetto che gocciola può far buttare fino a 5 litri al giorno; una vasca da bagno richiede fino a 160 litri a uso, contro i circa 40 di una doccia; il lavaggio dei denti con l’acqua aperta brucia fino a 30 litri; gli sciacquoni senza doppio tasto possono disperdere fino a 100 litri al giorno.

Investimenti in corsa, risultati ancora lenti

Negli ultimi anni i gestori hanno accelerato: la spesa in infrastrutture e qualità del servizio è salita fino a toccare circa 8–8,5 miliardi di euro su base annua, con un incremento significativo sul 2023. La digitalizzazione (contatori intelligenti, telecontrollo, ricerca perdite con reti di sensori) è in rapida crescita e una quota crescente della rete viene monitorata in tempo reale. Ciononostante, la frammentazione del servizio—migliaia di operatori tra Comuni, gestioni in economia e società specializzate—rallenta le economie di scala e rende più difficile correre dove servono cantieri, scavi e sostituzioni di chilometri di condotte.

“Fare massa critica”

“La frammentazione che si registra nel servizio idrico in Italia non aiuta a superare il problema delle perdite di rete. Molto si è fatto su investimenti e qualità delle acque, ma serve massa critica per garantire economicità e sostenibilità a vantaggio dei cittadini”, dichiara Furio Truzzi, presidente di Consumers’ Forum. “E dal lato delle famiglie, un consumo più consapevole dell’acqua potabile permette di tagliare sprechi e ridurre le bollette: sul fronte della convenienza il rubinetto resta imbattibile”.

Perché continuiamo a comprare bottiglie

La spesa per acqua confezionata cresce per diverse ragioni: marketing aggressivo, abitudini radicate, diffidenza verso il sapore del rubinetto (spesso legato alla durezza dell’acqua, non alla sicurezza), praticità percepita. Eppure i controlli sull’acqua potabile sono capillari e la qualità sanitaria è garantita da norme stringenti. Lì dove il gusto è un deterrente, soluzioni semplici come caraffe filtranti certificate o piccoli sistemi di affinamento possono far cambiare rotta ai consumi senza moltiplicare i costi.

Cosa si può fare subito

In casa: sostituire o riparare le rubinetterie difettose; installare riduttori di flusso; scegliere la doccia alla vasca; montare sciacquoni a doppio tasto; avviare lavatrice e lavastoviglie a pieno carico; chiudere l’acqua durante rasatura e igiene orale. Piccole pratiche che, sommate, riducono di molto la bolletta.

Nelle città: servono cantieri mirati sulle tratte a maggior dispersione, programmazione pluriennale, gare che premino la qualità tecnica, telemetria diffusa e squadre dedicate alla ricerca perdite. La partita della digitalizzazione (smart metering, distretti di rete, algoritmi per individuare anomalie) è già in corso e può portare benefici rapidi se si investe con continuità.

Il conto nascosto della plastica

La preferenza per la bottiglia ha un costo che non finisce allo scontrino. Trasporto, imballaggi, raccolta e riciclo spingono la filiera a consumare energia e produrre emissioni. In molte città stanno comparendo case dell’acqua e fontane con ricarica, oltre a campagne per la riduzione degli imballaggi monouso. Un cambio di passo culturale può valere più di qualsiasi bonus.

La rotta per i prossimi dieci anni

Obiettivo: portare le perdite sotto la soglia critica e allineare le performance delle aree più in difficoltà al resto del Paese. Come? Aggregazioni industriali dove possibile, contratti di performance per la riduzione delle dispersioni, Piani d’ambito più stringenti, e un uso spinto della manutenzione predittiva. Intanto i cittadini hanno già in mano la leva più immediata: tornare al rubinetto quando la qualità lo consente e tagliare le abitudini che fanno lievitare i metri cubi—e la bolletta. 

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