Draghi manda in soffitta Conte, bacchettando Erdogan e i furbi del vaccino

- di: Diego Minuti
 
Sornione a tratti, spesso sorridente, pacato e chiaro nell'esporre i contenuti delle risposte a molteplici e variegate domande. Benvenuto Mario Draghi nella dimensione politica del suo incarico, per la prima volta trovatosi a dovere spiegare non solo quel che si sta facendo, ma anche quello che non si deve fare, parlando a sé stesso, come ai partiti della coalizione di maggioranza, come agli italiani.
La conferenza stampa del presidente del consiglio è stata di quelle che solitamente danno ai giornali occasione per almeno un paio di titoli. Il primo, e forse più scontato, è quello che Draghi ha ormai segnato, con una netta cesura, il suo modo di affrontare la pandemia, in termini di campagna vaccinale, mettendolo in chiara antitesi rispetto a quello del suo predecessore, dicendo che d'ora in avanti si procederà su base anagrafica e non più, come fatto sino a ieri, per categorie. Una distinzione - quella delle categorie - che ha certamente provocato tanta confusione (vista la discrezionalità affidata alla Regioni ed agli organismi sanitari territoriali) e, soprattutto, un proliferare di abusi, sui quali Draghi ha avuto parole durissime.

Secondo il Corriere della Sera, il numero complessivo coloro che, in tutto il Paese, hanno indebitamente "saltato la fila", facendosi vaccinare pur non avendone ragionevolmente titolo, è di circa due milioni. Ovvero, il 25 per cento, o giù di lì, dei vaccinati hanno ottenuto questo "privilegio" in spregio dei basilari pilastri della convivenza e del sentirsi comunità.
Perché, ha detto Draghi, non si può privare un anziano (e quindi maggiormente a rischio) di una dose che potrebbe contribuire a salvargli la vita per somministrarla ad un psicologo di 35 anni, fatto rientrare nella generica definizione di operatore sanitario. Ma più oltre il presidente del Consiglio non poteva andare perché reprimere o scoprire questi abusi spetta ad altri organi dello Stato, a cominciare dalla magistratura che si sta muovendo, non pensando però che il fenomeno di coloro che fregano il prossimo, scavalcando file ed inventandosi appartenenza a categorie essenziali, potesse essere così ampio e che coinvolgesse anche persone che, del rispetto delle regole e delle leggi, dovrebbero avere fatto la loro stella polare. Come giudici e avvocati.

Probabilmente Draghi, non potendo comunque andare oltre ad una reprimenda, chiederà un maggiore rigore nella repressione di questo abuso per il quale, magari, si dovrebbe pensare non ad un inasprimento delle pene previste, ma che possano essere usate - nei casi più clamorosi - per sbattere fuori da ordini e categorie questi galantuomini.
Draghi ha tirato fuori le unghie anche su altre questioni facendo capire che per lui l'emergenza non si concluderà con la sconfitta del virus per come lo conosciamo ora, perché dobbiamo, come Paese, farci trovare attrezzati a fronteggiare probabili mutazioni che potrebbero manifestarsi in futuro ed alle quali l'Italia deve essere già oggi pronta. Un programma, una linea di condotta conseguenza del fatto che Draghi, da economista, non si ferma al momento attuale e magari foriero di ottimismo, ma guarda in avanti preparandosi a scenari nuovamente drammatici.

Tra domande su golden power, Alitalia-Ita, aperture/riaperture e relative pressioni dei partiti, Draghi ha avuto il modo di esplicitare quel che pensano tutti su Tayyp Erdogan, presidente turco democraticamente eletto e, insieme, autocrate. Lo ha definito, a chi gli chiedeva un giudizio sulla vicenda della poltrona negata alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, come un ''dittatore'' che però è utile. Ora, forse Draghi s'è fatto prendere la mano (come confermato dall'immediata convocazione al ministero degli Esteri di Ankara del nostro ambasciatore) dando comunque di Erdogan la definizione che tutte le cancellerie condividono, pur se non la manifestano per ovvi motivi. Ma non si deve cadere nell'errore di ritenere che si sia trattato di una sbavatura nel suo formalismo, che possa essersi fatto scappare di bocca qualcosa da rimangiarsi dopo un istante. Al di là del fatto che il presidente del consiglio ha detto di Erdogan esattamente quello che pensa, bisogna inquadrare le sue parole in un contesto di politica internazionale e, quindi, pensare di essere molto vicini alla verità ritenendo che, sull'argomento e sul modo scelto per definire il presidente turco, Draghi sa di non essere affatto solo.
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