Cronache dai Palazzi: i tanti ostacoli sul cammino del governo

- di: Redazione
 
Nel ''vocabolario'' di tutti i governi, oltre a termini elogiativi che, come d'abitudine, si ritagliano addosso, ci sono anche quelli che riguardano i problemi, gli ostacoli che gli esecutivi si trovano a dovere fronteggiare.
Nel caso del governo guidato da Giorgia Meloni l'elenco dei problemi si basa essenzialmente su quattro punti.
Tre sono abbastanza scontati, perché comuni anche ai precedenti esecutivi, sia pure con diversa intensità.
Parliamo, in rigoroso ordine alfabetico, di Giustizia, di Istruzione e Sanità. Il quarto, meno scontato, ma che per l'attuale governo, a trazione destra-centro, sta diventando potenzialmente molto impegnativo, è la Rai, intesa come industria culturale e, quindi, inserita a pieno titolo in quella rivoluzione che è sempre nel cuore di Fratelli d'Italia e del loro concetto di ''nazione''.

Cronache dai Palazzi: i tanti ostacoli sul cammino del governo

I nodi legati a Giustizia, Istruzione e Sanità sono datati e, apparentemente, quando tornano d'attualità, si mostrano difficili da risolvere, veri e propri nodi gordiani resi tali dalla stratificazione di problemi che né gli anni, né le risorse (che spesso non ci sono) hanno mai potuto risolvere. La Giustizia, ciclicamente, da trent'anni a questa parte, presenta il conto alla classe politica da quando, con l'inizio di Mani Pulite, la magistratura alzò il tiro sulla ''casta'', con tutti i mezzi a disposizione, quelli previsti dal codice di rito e anche altri meno usuali, come l'uso disinvolto della carcerazione preventiva come strumento che inducesse alla collaborazione, se non addirittura alle ammissioni o alle delazioni.

Pilastro dell'architettura costituzionale, il potere giudiziario, ogni qual volta entra in rotta di collisione con chi è al timone del Paese, diventa oggetto di iniziative che, con l'obiettivo ufficiale di dare un profilo garantista alla Giustizia, nascondono il fine recondito di mettere la mordacchia agli uomini in toga, piegando il loro ruolo alle finalità della politica.
Sta accadendo anche ora, come dimostrano le manifestazioni di piazza, gli insulti, persino le minacce di cui sono fatti oggetto i giudici per loro decisioni, giuste o sbagliate che siano, ma che non possono essere usate per metterli nel mirino da parte di una certa politica (che non ha, purtroppo, colore), rendendo il loro lavoro un rischio personale.

La magistratura può adempiere sino in fondo al suo dovere se non si tenterà di condizionarla
, anche quando coinvolge nel suo lavoro politici. Perché questo il suo compito, se è vero che dire che la giustizia è uguale per tutti è un obbligo e non un semplice slogan. Minacciare, come si sta facendo, non colpisce solo i magistrati, ma tutto il Paese che vedrà disgregarsi una delle poche certezze sulle quali alimenta la sua quotidianità.
L'Istruzione, cuore della crescita culturale e sociale, vive, da parte sua, una fase delicatissima, cui certo non giovano i tagli agli organici che, tra aridità di risorse e inverno demografico, la colpiranno nei prossimi anni, riducendo numericamente un corpo docente sempre più anziano, sempre più esiguo.

Il mondo della scuola, spesso demotivato, chiede attenzione, ma, con l'esiguità dei fondi, l'attuale è un momento in cui si gestisce l'esistente e non si può investire sul futuro. Come conferma l'incancrenita piaga della mancata risposta ai precari, lasciato nel limbo dell'indeterminatezza.
Poi la Sanità, su cui non si trovano più parole per descriverne il lento, anzi implacabile declino, facendola scivolare in una condizione, tanto per restare in tema, preagonica, incolpevole per le scelte fatte - in special modo da alcune Regioni - che hanno scommesso sul privato, a danno del pubblico. Una scelta di cui si pagano conseguenze devastanti, di cui le liste d'attesa sono solo un aspetto.
Con sporadiche iniezioni di fondi non si risolve granché, guardando, ad esempio, agli spaventosi buchi degli organici. Lo sappiamo noi, lo sa certo di più il governo, che non può dare più di quel che gli concedono le leggi di bilancio. Ma sino a quando potrà farlo prima che la gente manifesti in piazza?

Infine la Rai, che da sempre è terreno di conquista dei partiti e che, periodicamente, tutti dicono di volere cambiare e che invece resta immutabile, elefantiaca e troppo condizionata dagli avvicendamenti nella stanza dei bottoni. Dove mutano i nomi e gli indirizzi politici, ma non la voglia di farne un gigantesco megafono del potere.

Basta vedere quel che sta accadendo in questo periodo (senza che, per questo, gli altri che l'hanno preceduto fossero diversi negli obiettivi e nel metodo) per accorgersi che poco si fa per migliorare il prodotto, dovendo sistemare questo o quell'amico, a dispetto della qualità dell'offerta e dei risultati in termini di ascolto. Quasi si rimpiangono i tempi in cui esisteva solo il servizio pubblico e quindi la Rai non era costretta a inseguire le televisioni commerciali, che certo hanno liberalizzato l'offerta, ma raramente rendendola migliore.
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