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Dodici Paesi contro Israele, la Colombia rompe con la Nato

- di: Bruno Coletta
 
Dodici Paesi contro Israele, la Colombia rompe con la Nato
Dalla conferenza di Bogotá arriva uno schiaffo diplomatico a Tel Aviv: embargo sulle armi, stop ai contratti pubblici e un fronte Sud globale sempre più compatto. Petro annuncia l’uscita dalla Nato: “Non c’è altra strada”.

Una dichiarazione esplosiva alza la tensione con Israele

Dodici Paesi, in rappresentanza di quattro continenti, hanno firmato il 16 luglio 2025 a Bogotá un documento che segna un cambio di passo radicale nei rapporti con Israele. La dichiarazione, approvata al termine della Conferenza di emergenza sulla Palestina promossa dal Gruppo dell’Aja, prevede il blocco totale al transito di materiale bellico destinato a Tel Aviv e l’impegno a rivedere ogni contratto pubblico che possa favorire, anche indirettamente, l’occupazione israeliana nei Territori Palestinesi.

“Non possiamo più contribuire con il nostro silenzio o i nostri fondi pubblici a una tragedia che il diritto internazionale definisce con chiarezza”, ha dichiarato Mauricio Jaramillo, viceministro degli Esteri della Colombia, leggendo la dichiarazione congiunta dei firmatari: Bolivia, Cuba, Colombia, Indonesia, Iraq, Libia, Malesia, Namibia, Nicaragua, Oman, San Vicente e Grenadine e Sudafrica.

Stop alle armi, ai porti e ai soldi pubblici: i tre pilastri della svolta

Il testo si articola su tre punti principali:

  • Il blocco della fornitura o del trasferimento di armi, carburanti militari e tecnologie dual use verso Israele, inclusi i divieti di attracco e transito nei porti nazionali per le navi cariche di armamenti.
  • La revisione urgente dei contratti pubblici che possano favorire interessi israeliani, per impedire che fondi statali sostengano “l’occupazione illegale del Territorio Palestinese Occupato”.
  • Il sostegno ai meccanismi di giurisdizione universale per perseguire i crimini internazionali e la richiesta all’Ecosoc di un’indagine indipendente sulla condizione sanitaria e nutrizionale della popolazione di Gaza.

Una linea dura, quella di Bogotá, che rappresenta la prima azione coordinata e ufficiale di rottura diplomatica proveniente dal Sud globale.

Petro rompe con la Nato: “Basta bombe sui bambini”

È stato il presidente colombiano Gustavo Petro a rilanciare con una dichiarazione destinata a fare rumore anche nei salotti atlantici. “Dalla Nato dobbiamo uscire, non c’è altra strada”, ha affermato davanti ai delegati internazionali riuniti per la conferenza.

Nel suo intervento ha denunciato la complicità dei Paesi occidentali, affermando che “la relazione con l’Europa non può più passare attraverso governi che tradiscono il loro popolo e aiutano a lanciare bombe sui bambini”.

La Colombia, unico partner globale latinoamericano della Nato dal 2018, rompe così con un’alleanza militare coltivata per quasi un decennio.

Una frattura annunciata: dal 2018 al gelo odierno

L’ingresso colombiano come “global partner” della Nato era stato annunciato nel maggio 2018 e celebrato con la visita ufficiale alla sede di Bruxelles. Da allora si erano moltiplicati accordi su interoperabilità, sicurezza e scambio informativo.

Ma con l’ascesa di Petro nel 2022, la sintonia si è rapidamente sgretolata. Già nel 2023 aveva criticato apertamente la politica israeliana a Gaza, e nel 2024 aveva sospeso l’acquisto di armi da aziende israeliane. Ora, la rottura è completa.

Il Sud globale si organizza: la nuova alleanza anti-Israele

Il significato politico della conferenza va ben oltre le parole. È la prima volta che un fronte così ampio e intercontinentale propone una strategia concreta e condivisa per ostacolare le operazioni militari israeliane.

Un’iniziativa che si discosta dai canali tradizionali delle Nazioni Unite, paralizzati dal diritto di veto, e dalle risoluzioni puramente simboliche.

“È un messaggio chiaro: non basta più condannare. Bisogna agire, tagliando i legami economici e militari”, ha commentato la giurista sudafricana Thandi Mkhize.

Gli effetti possibili: isolamento crescente e sfida all’Occidente

Per Israele, già sotto pressione per i procedimenti alla Corte penale internazionale e per la condanna della Corte Internazionale di Giustizia, questa dichiarazione rappresenta un colpo ulteriore alla credibilità diplomatica.

Il blocco ai transiti bellici potrebbe complicare le catene logistiche, mentre la revisione dei contratti pubblici rischia di colpire duramente le aziende israeliane attive nei Paesi firmatari.

Anche sul piano simbolico, la decisione della Colombia pesa: Paese storicamente filo-americano, ora si stacca dalla Nato e si schiera apertamente con la causa palestinese.

L’Europa in imbarazzo, gli Stati Uniti tacciono

Finora non si registrano reazioni ufficiali da Washington, ma è evidente che la scelta colombiana complica la strategia americana in America Latina.

L’Unione Europea, già divisa internamente sul dossier israelo-palestinese, si trova spiazzata. La frattura tra Sud e Nord del mondo si amplia anche sulla guerra a Gaza, rendendo sempre più difficile per Bruxelles mantenere un equilibrio tra la linea americana e la crescente pressione delle opinioni pubbliche globali.

La geopolitica cambia rotta, e la Colombia guida

Non è un caso che tutto sia partito da Bogotá. La Colombia di Petro si sta ritagliando il ruolo di leader di un nuovo internazionalismo umanitario, non più basato sulle vecchie alleanze ma su una rilettura militante del diritto internazionale.

In gioco non c’è solo la guerra a Gaza, ma il principio stesso di chi può decidere cosa sia legale o legittimo nel conflitto tra Stati. E i 12 firmatari di Bogotá hanno risposto in modo inequivocabile: “basta bombe, basta complicità. Ora si cambia rotta”.

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