• Tutto con Bancomat. Scambi denaro, giochi ti premi.
  • Esprinet molto più di un distributore di tecnologia
  • Fai un Preventivo

A Chieti il museo che custodisce le lettere d’amore

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
A Chieti il museo che custodisce le lettere d’amore

FOTO (Cropped): Lucasss9933 - CC BY-SA 4.0 

Ci sono luoghi che resistono al tempo. Non perché lo ignorino, ma perché lo attraversano scegliendo un’altra misura: la lentezza, la cura, la memoria. A Torrevecchia Teatina, un piccolo borgo in provincia di Chieti, c’è un palazzo antico che ha visto secoli di vita scorrere tra le sue mura, il seicentesco Palazzo Valignani. Oggi quelle stanze accolgono un museo unico in Italia, forse unico al mondo: il Museo della Lettera d’Amore. Non fotografie né oggetti di scena, non cimeli né reliquie: solo parole, parole che hanno resistito al tempo, custodite sulla carta. Lettere vergate a mano, lettere inviate e mai spedite, lettere segrete e pubbliche, piene di silenzi e di promesse. È un luogo dove il sentimento più universale di tutti diventa visibile, leggibile, tangibile.

A Chieti il museo che custodisce le lettere d’amore

Il 14 febbraio 2025, giorno in cui l’amore trova la sua celebrazione simbolica, il museo ha festeggiato un traguardo importante: i venticinque anni del Premio Lettera d’Amore. Venticinque anni di voci diverse, di calligrafie tremanti e ordinate, di racconti intimi e pubblici. Migliaia di lettere sono arrivate in Abruzzo da tutta Italia e dall’estero, con la stessa urgenza di sempre: dire a qualcuno che si ama. Quel patrimonio, immenso e fragile, è oggi un archivio vivo, un corpo collettivo fatto di passioni e malinconie. Per celebrare l’anniversario, è stata inaugurata la sala “La Storia d’Amore più bella d’Italia”, che raccoglie oltre seicento documenti: lettere autentiche, fotografie che fissano momenti irripetibili, registrazioni audio che restituiscono le voci di chi scriveva. Una costellazione di esistenze diverse che, insieme, compongono un grande romanzo corale.

Guido e Maria Antonietta

Tra le tante storie custodite dal museo, una emerge con la forza di un romanzo d’epoca. È quella di Guido e Maria Antonietta, due ragazzi che si incontrano nell’estate del 1941, quando l’Italia è sospesa tra le ombre della guerra e il desiderio di vita. Lei ha quindici anni, lui è un giovane tenente. Si conoscono in un piccolo paese di mare, Porto Palo, e la loro storia comincia con una stretta di mano sulla torre che domina la spiaggia. La musica francese in sottofondo, il mare come testimone. Lei scriverà più tardi: «Al quarto gradino di una vecchia torre, una stretta di mano, un lasciare cadere i nostri nomi… mare attorno e tanta musica francese». È l’inizio di un amore che attraverserà le stagioni e durerà tutta la vita.

Un carteggio che cambia forma

Per sei mesi i due si scrivono dandosi ancora del “lei”, come usava allora. Le loro lettere sono attente, rispettose, eppure già cariche di desiderio. Poi, nel 1944, arrivano le nozze: il tempo della guerra si allontana e comincia una vita insieme. Dal 1956 però, con l’ingresso di Maria Antonietta nell’Opus Dei, il carteggio cambia tono. Le lettere non sono più solo dichiarazioni d’amore: diventano appunti rapidi, messaggi nascosti tra le pagine di un libro, biglietti infilati in una tasca prima di partire. Parlano di figli da crescere, di viaggi di lavoro, di ritorni attesi e ritardati. Sono lettere domestiche, quotidiane, e proprio per questo preziose: perché raccontano che l’amore non è fatto solo di grandi parole, ma di piccoli gesti ripetuti. Rileggendole oggi si capisce che la loro forza è stata la costanza, la fedeltà silenziosa che ha attraversato le tempeste senza mai disfarsi.

Le lettere come testamento

Quando Guido muore, Maria Antonietta ha ottant’anni. Resta sola, con i figli e un baule pieno di lettere. È allora che sceglie di riaprire quelle buste, di rileggere le parole di una vita. E decide di donarne una parte al museo, perché l’amore non si conservi solo nella memoria privata ma diventi testimonianza pubblica. Per lei le lettere non sono solo un ricordo, ma una possibilità di continuare a vivere. Per oltre sedici anni gira l’Italia, incontra studenti, partecipa a conferenze, racconta il suo epistolario. Diventa, come scrivono in molti, “araldo e apostola dell’amore”: la voce di una donna che ha saputo trasformare un’esperienza intima in bene comune.

Le parole che restano

Che cosa serve per amare per tutta la vita? Maria Antonietta lo dice con semplicità, senza formule magiche: lealtà, fiducia, ascolto, cura. Non grandi promesse, non gesti eclatanti, ma la quotidiana scelta di esserci, di rispettarsi, di non tradirsi. È così che l’amore diventa duraturo. In una delle sue lettere, Guido scrive: «Dio deve essere innamorato pazzo di noi… continua a bussare innumerevoli volte alla porta del cuore di ogni uomo». Frasi che oggi risuonano quasi come una preghiera laica, un invito a non smettere mai di credere nella possibilità dell’incontro.

Non un esercizio di nostalgia

Il Museo della Lettera d’Amore non è un archivio polveroso, non è un esercizio di nostalgia. È un luogo vivo, che ci ricorda quanto la parola scritta possa ancora salvarci. In un tempo in cui comunichiamo con emoji e messaggi istantanei, qui ritroviamo l’alfabeto della cura: il tempo di aspettare, il coraggio di esporsi, la pazienza di spiegarsi con frasi intere.
Le lettere custodite in queste stanze hanno fatto sorridere, piangere, attendere. Hanno dato forza, hanno accompagnato solitudini, hanno reso reale un sentimento. Qui, tra scaffali e teche, la scrittura d’amore diventa testimonianza, memoria e possibilità. E ogni visitatore può riconoscersi, per un attimo, in quelle parole che non muoiono mai.
Notizie dello stesso argomento
  • Con Bancomat, scambi denaro, giochi e ti premi.
  • Punto di contatto tra produttori, rivenditori & fruitori di tecnologia
  • POSTE25 sett 720