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Beats of Pompei: suoni globali nell’arena millenaria

- di: Marta Giannoni
 
Beats of Pompei: suoni globali nell’arena millenaria
La musica incontra la storia: Jarre, Nick Cave, Harper e altro, in un festival che fa vibrare l’Anfiteatro romano.

Non è un semplice festival musicale. È un atto d’amore per il tempo, un ponte emozionale tra millenni. “Beats of Pompeii” (BOP) non si accontenta di ospitare artisti internazionali: li chiama a raccolta in uno dei luoghi più suggestivi e tragici del pianeta, l’Anfiteatro romano di Pompei, e li invita a duettare con le pietre, la storia, la memoria. E loro rispondono con concerti che non sono esibizioni, ma liturgie. Dal 1° luglio al 5 agosto 2025, il sito archeologico si è trasformato in una cattedrale pagana della musica globale, e il pubblico, accorso da tutto il mondo, ne è testimone e partecipe.

Dall’esordio alla magia di Nick Cave: il racconto fin qui

Il festival ha preso il via il 1° luglio con una performance adrenalinica di Gianna Nannini, che ha messo a ferro e fuoco la platea con la sua energia iconica. Il giorno dopo, i Dream Theater hanno catapultato l’Anfiteatro nella dimensione del rock progressivo, celebrando i 40 anni di carriera con una scaletta potente e sofisticata. Il 5 luglio è stata la volta del maestro dell’elettronica Jean-Michel Jarre, che ha offerto uno show immersivo tra laser, sintetizzatori e intelligenza artificiale. *“La tecnologia può servire l’anima, non sostituirla. A Pompei ho voluto dimostrarlo”*, ha dichiarato. Il pubblico ne è uscito stordito, come se avesse attraversato una galassia acustica senza tempo.

Il 12 luglio Antonello Venditti ha portato in scena “Notte prima degli esami 1984-2024”, commuovendo un pubblico intergenerazionale. *“Cantare qui è come entrare nella macchina del tempo con la voce”*, ha detto sul palco, raccogliendo lunghi applausi. Il 15 luglio Ben Harper ha incantato Pompei con la sua inconfondibile chitarra lap steel e un soul rarefatto, profondo, spirituale.

Poi è arrivato il 17 luglio e con lui Jimmy Sax, tra sax e orchestra sinfonica, che ha trasformato l’arena in una discoteca classica a cielo aperto. Ma l’evento cardine, il più atteso e celebrato, è stato quello di sabato 19 luglio: Nick Cave, accompagnato da Colin Greenwood dei Radiohead. L’artista australiano, in abito scuro e voce cavernosa, ha ipnotizzato per oltre due ore con una scaletta da pelle d’oca: da “Girl in Amber” a “Jubilee Street”, da “The Mercy Seat” a “Into My Arms”. L’Anfiteatro sembrava sospeso, come se il tempo stesso si fosse fermato per ascoltare. *“È stato il concerto più spirituale della mia vita”*, ha confidato il giorno dopo una spettatrice in coda all’infopoint. I biglietti erano andati esauriti in meno di un’ora, il che già diceva tutto.

Oggi 20 luglio: il respiro del presente

Oggi, mentre il sole scolpisce i gradoni dell’Anfiteatro e il vento solleva la polvere millenaria, Pompei non si è ancora scrollata di dosso l’incanto di ieri sera. I visitatori che si aggirano nel Parco Archeologico hanno negli occhi la luce dei proiettori, nelle orecchie la voce di Cave. La musica, qui, non è effimera: lascia tracce, sedimenta emozioni come la cenere lasciò corpi. E la giornata di oggi è sospesa in quella coda emozionale.

I prossimi appuntamenti: l’incanto continua

Ma “Beats of Pompeii” non è finito, tutt’altro. Il 24 luglio è attesissimo Riccardo Muti, che dirigerà l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini in un programma sinfonico pensato per fondere i suoni classici con le suggestioni del luogo. *“Pompei è uno spartito che va letto tra le rovine”*, ha detto il maestro. Il 25 luglio arriverà Bryan Adams, leggenda del rock canadese, che proporrà un mix dei suoi grandi successi – da “Summer of ’69” a “Heaven” – e nuovi brani inediti del tour europeo. Un concerto che promette sudore e nostalgia.

Il gran finale, il 5 agosto, sarà affidato ai norvegesi Wardruna, ensemble folk che rievoca le atmosfere vichinghe con strumenti ancestrali, canti runici e suggestioni pagane. Il loro concerto sarà una vera e propria evocazione, una cerimonia sonora che dialogherà con l’anima pagana della Pompei pre-romana. *“Non possiamo che sentirci piccoli, su questo palco”*, ha dichiarato Einar Selvik, leader del gruppo.

Le mostre serali: un viaggio tra memoria e identità

A rendere il tutto ancora più unico ci pensano due mostre serali che ogni giorno, dalle 19:30, accolgono il pubblico dei concerti. La prima è “Pink Floyd: Live at Pompeii”, allestita nei sotterranei dell’arena: un percorso tra memorabilia, immagini e suoni che rievoca l’iconico film-concerto del 1971. I fan possono ascoltare le tracce restaurate, osservare le fotografie scattate da Maben e rivivere l’atmosfera rarefatta di quella storica esibizione “a porte chiuse” tra le rovine.

La seconda mostra, ospitata nella Palestra Grande, è un viaggio nell’universo femminile antico: “Essere donna nell’antica Pompei” racconta attraverso otto sezioni tematiche il ciclo della vita al femminile. Dalla nascita alla morte, passando per il matrimonio, il lavoro, la maternità, la spiritualità e la violenza di genere. Oggetti originali, affreschi, graffiti, ma anche podcast ascoltabili via app MyPompeii, permettono di incontrare figure reali come Eumachia, sacerdotessa e mecenate, o Julia Felix, imprenditrice audace del I secolo.

Le visite si svolgono a gruppi, ogni 15 minuti, con guide specializzate. Dopo un’ora si viene accompagnati all’Anfiteatro per il concerto serale. È una narrazione integrata, che trasforma la sera in una lunga sequenza di immersioni: prima nei volti della storia, poi nella potenza della musica. *“Pompei non è solo un museo, è una coscienza”*, ha dichiarato il direttore Gabriel Zuchtriegel.

Cultura, turismo e innovazione: il modello BOP

Il progetto Beats of Pompeii è promosso da Blackstar S.r.l. e Fast Forward, con il sostegno del Ministero della Cultura, della Regione Campania, del Comune di Pompei e del Parco Archeologico. È parte del programma “Campania by Night” di Scabec, che punta a valorizzare il patrimonio culturale anche in orari serali, integrando musica, archeologia e promozione territoriale. I numeri, già ora, parlano di successo: oltre 60mila biglietti venduti in prevendita, con un impatto economico stimato in 20 milioni di euro solo nel mese di luglio.

Quando la cultura suona sul serio

In un Paese che spesso si lamenta della mancanza di visione, “Beats of Pompeii” è l’eccezione che conferma la necessità. È la dimostrazione che si può fare cultura ad alto livello, attrattiva, sostenibile. Che si può trasformare un sito archeologico in un organismo vivo, senza per questo snaturarlo. Anzi: facendolo risuonare. Qui la musica non copre, ma rivela. Qui il passato non è polvere, è cassa armonica. Pompei – se ascolti bene – suona ancora.

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