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Alba e Pistoia, due Italie che vincono con la cultura

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Alba e Pistoia, due Italie che vincono con la cultura

C’è un’Italia che non si misura con il Pil, ma con la forza della sua immaginazione. È quella che il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro della Cultura Alessandro Giuli, ha deciso di celebrare nominando Alba Capitale italiana dell’Arte Contemporanea 2027 e Pistoia Capitale italiana del Libro 2026. Due città molto diverse tra loro – una immersa tra le colline delle Langhe, l’altra abbracciata dalla Toscana operosa e colta – ma accomunate da una stessa idea: la cultura come strumento di coesione, sviluppo e rinascita.

Alba e Pistoia, due Italie che vincono con la cultura

Alba, dicono le carte del ministero, ha vinto grazie alla sua “eccellente capacità di coniugare rigenerazione territoriale, innovazione artistica e partecipazione diffusa”. E non è un caso. Negli anni Cinquanta, Pinot Gallizio, pittore e chimico, ne fece un laboratorio internazionale di arte totale, anticipando i movimenti che avrebbero poi rivoluzionato il linguaggio visivo del Novecento.
Oggi quella stessa energia torna a vivere in un progetto che non si limita ai musei, ma si estende ai borghi, alle cantine, alle ex fabbriche e agli spazi sacri. Le Langhe-Roero e il Monferrato, patrimonio Unesco, diventano così una piattaforma espositiva diffusa, dove la tradizione incontra la sperimentazione e l’arte si confonde con il paesaggio.

La Biennale delle Langhe, cuore pulsante del programma, promette di imporsi come uno degli appuntamenti più rilevanti del panorama artistico internazionale. Il modello di governance, basato su un partenariato pubblico-privato e sul coinvolgimento del terzo settore, è stato definito “solido e sostenibile”. Non un evento effimero, dunque, ma una politica culturale che punta a lasciare radici profonde.

Pistoia, la città che legge
Se Alba guarda al futuro con la forza dell’arte, Pistoia sceglie la via dei libri. La giuria ministeriale, anche in questo caso unanime, ha premiato la città toscana per “l’elevata qualità progettuale e la visione inclusiva e profondamente radicata nel tessuto sociale”.
Il progetto pistoiese è un mosaico di oltre 1.500 iniziative distribuite lungo tutto il 2026: festival, letture pubbliche, laboratori nelle scuole, collaborazioni con biblioteche e librerie indipendenti. La parola chiave è partecipazione, con un’attenzione speciale ai giovani, alla povertà educativa, al cambiamento climatico, all’intelligenza artificiale e al divario digitale.

La lettura, in questa visione, diventa strumento di emancipazione e coesione sociale, ma anche di lavoro: Pistoia ha infatti previsto accordi con i centri per l’impiego per formare nuovi professionisti dell’editoria e seminari dedicati alla filiera produttiva, dalla carta alla stampa. Un’idea di cultura che non si chiude nei salotti, ma che dialoga con l’economia reale.

Due capitali, un solo messaggio
Dietro le due nomine c’è la regia di un governo che vuole restituire centralità alla cultura, dopo anni di tagli e incertezze. Alessandro Giuli, che da quando è arrivato al Collegio Romano ha insistito sul legame tra radici e innovazione, trova in Alba e Pistoia due simboli complementari: la prima, laboratorio dell’arte che genera comunità; la seconda, città che fa del libro un diritto civile.

E forse è questa la chiave della doppia scelta: riconoscere che la cultura non è solo intrattenimento, ma politica pubblica, capace di incidere sulla qualità della vita e sul senso di appartenenza.

L’Italia che non si rassegna
Nel tempo delle crisi e delle distrazioni digitali, Alba e Pistoia raccontano un’Italia che non si rassegna. Dove la rigenerazione urbana parte da un museo diffuso e la giustizia sociale da una biblioteca aperta. Dove l’arte e la lettura tornano a essere non un lusso, ma un linguaggio comune.

Due città, due storie, una sola direzione: fare della cultura il cuore pulsante del Paese. Perché – come scriveva Cesare Pavese, piemontese come Alba e figlio di un’altra Italia che non smette di immaginare – “un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via”. Ma a volte, come oggi, il paese resta. E costruisce futuro.

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