Rispettare le decisioni dei giudici, anche quando vanno contro il tribunale della gente

- di: Bianca Balvani
 
L'orrore per l'ennesimo omicidio in cui la vittima è una donna non deve fare dimenticare che le decisioni del magistrati chiamati a pronunciarsi sui singoli casi devono essere rispettate, perché sempre e comunque frutto di un lavoro di analisi e, come nel caso della morte di Giulia Tramontano, di concordi esempi giurisprudenziali. Il gip, confermando la misura restrittiva a carico dell'assassino, Alessandro Impagnatiello, ha escluso le aggravanti della premeditazione e della crudeltà, rifacendosi a casi simili che hanno avuto esiti coincidenti. 

Questo che significa riducendo tutto al concreto? 

Significa che,  se il giudizio del gip troverà conferma nella sentenza della corte d'assise (che non potrà che essere di condanna ''piena', posto che, al momento l'assassino non sembra potere ricorrere alla ''scappatoia'' del vizio di mente), Impagnatiello, tra benefici della legge Gozzini e un buon comportamento nel periodo di detenzione, potrebbe essere fuori dal carcere quando avrà meno di 50 anni, quando delle sue vittime, Giulia Tramontano e il figlio non ancora nato, resterà solo polvere, se non nel ricordo della famiglia della giovane.

E' duro da accettare, ma queste sono le regole del gioco della giustizia, che non può adattarsi ai singoli casi, avendo come faro che non si può spegnere la legge scritta e non le sentenze del tribunale della gente. E' chiaro che agli occhi di tutti, Impagnatiello si è macchiato di un delitto orrendo, non solo per le modalità, quanto anche per il contesto in cui è maturato, tra tradimenti, tentativi di depistaggi, false promesse e altrettanto fasulle linee di difesa. Per questo la gente, anche la sua stessa madre, concorda in un giudizio di inappellabile condanna per un giovane che sembra avere vissuto più vite parallele, tra compagne e amanti, tra il lavoro e la famiglia, tra la realtà vera e quella che esisteva solo nella sua mente e che gli consentiva di cercare di manipolare soprattutto chi gli voleva bene.

Ma questo giudizio generale (formato su quel che si legge sui giornali o si sente dai notiziari in tv) non può condizionare il lavoro dei magistrati che devono pronunciarsi, collocandosi ben lontano da ogni condizionamento emozionale. Certo non è facile, perché, come in casi del genere, estraniarsi dal contesto è cosa difficile, soprattutto se gli input sono tanti, concordi e che vanno verso un'unica direzione. Ma se vogliamo avere fiducia nella giustizia dobbiamo essere sempre convinti che un magistrato, pur restando un essere umano con i suoi sentimenti e i suoi stilemi ideologici, giudichi alla luce della legge e non dell'emozione, sia pure se la pressione mediatica assume, come nel caso dell'uccisione di Giulia, una dimensione insostenibile.
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