Ma la bresaola è di destra, o di sinistra?

- di: Barbara Leone
 
“La mortadella è buonissima, non c’è niente da fare è proprio buona. La mortadella è comunista. Il salame socialista. Il prosciutto democristiano, la coppa liberale, le salcicce repubblicane… il prosciutto cotto è fascista. E i radicali? La finocchiona. I radicali la finocchiona”. Caustico, geniale, brillante. Semplicemente lui: Francesco Nuti, indimenticabile su quella panchina nel surreale dialogo con Antonio Petrocelli in “Caruso Pascoski”. Surreale come tutta la sua vita. E come la sua morte, arrivata con irriverente tempismo in una giornata che, naturalmente, è stata monopolizzata a livello mediatico dalla notizia della dipartita del Cavaliere. Quasi a voler rompere le scatole a giornali e tg, tutti impegnati in quell’altra morte lì, a torto o a ragione considerata più illustre, Nuti se n’è andato in silenzio a soli 68 anni, che letti al contrario sono 86: gli anni di Berlusconi. E se n’è andato nel suo di silenzio, dopo che un assurdo incidente domestico nel 2006 l’aveva reso disabile anche nell’uso della parola, aggravando ulteriormente il suo già labile stato di salute, caratterizzato da una pesante depressione e da recidivi problemi di alcolismo.  Oggi s’è consumata l’ennesima beffa del destino per questo saltimbanco talentuoso ed eclettico, ultimo grande cantastorie della commedia dell’arte toscana nonché uomo sensibile e sfortunato. Fino alla fine. Una fine che probabilmente passerà inosservata, o quasi, fagocitata da una notizia ben più ghiotta e ricca di sfaccettature. Un dato vero ma solo in apparenza, perché in quanto a sfaccettature Nuti ne aveva da vendere. A cominciare dalla sua comicità folgorante, pure nelle pause. Figlia d’una tradizione carica di sudore e tavole di palcoscenici calcati per poche lire. Una comicità delicata, ma allo stesso tempo nevrotica. Infantile, ma allo stesso tempo assurda. Mai scontata, e sempre eccessiva. Soprattutto quando analizzava il complicato rapporto uomo-donna.

Addio a Francesco Nuti

Era lì, forse, che Nuti dava il meglio di sé. Memorabili i suoi successi: da “Io, Chiara e lo Scuro” a “Casablanca, Casablanca”, passando per “Tutta colpa del paradiso”, “Stregati”, “Caruso Pascoski di padre polacco”, “Willy Signori e vengo da lontano” fino a “Donne con le gonne”, fortunata pellicola che nei primi anni Novanta batté ogni record d’incassi, segnando il momento di maggior successo della sua carriera. Una pellicola di cui fu sceneggiatore, regista e attore protagonista al fianco della bellissima Carole Bouquet. Da lì qualche scivolone, punito da critica e pubblico che in maniera troppo feroce ne ha decretato praticamente la fine della carriera. Con conseguente depressione ed alcolismo. Poi l’incidente, qualche blitz degli amici di sempre. Quelli che non lo hanno mai abbandonato: Panariello, Pieraccioni, Carlo Conti, Marco Masini… Resta il grandissimo rimpianto di non aver potuto conoscere ciò che avrebbe potuto fare e dare ancora con la sua genialità. Ma soprattutto resta la triste realtà di certi ambienti patinati, ove si sfruttano i personaggi in voga e la loro fama solo quando sono nel pieno del loro successo. Destinandoli invece all’oblio più totale nel momento della difficoltà o della malattia, fisica o psicologica che sia. Una storia dell’umana ipocrisia che si ripete a oltranza, seminando amarezza e dolore tra chi, invece, proprio nelle umane fragilità riconosce la grandezza di un’arte antica che oramai non esiste quasi più. Il dubbio resta, e cioè che il ragazzaccio di Prato, che c’ha sempre visto lungo, se lo sia scelto per bene il giorno della morte. Perché chissà in quanti lo davano già per morto. Andandosene oggi, a dispetto di tutti, rimarrà nella storia anche per questo: Francesco Nuti morto lo stesso giorno di Berlusconi. E ce li vediamo lassù su una panchina a domandarsi: ma la bresaola è di destra, o di sinistra?
Il Magazine
Italia Informa n° 2 - Marzo/Aprile 2024
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