Usa: le tasse non pagate sono il tallone d'Achille di Trump

- di: Brian Green
 
Da tempo giravano parecchie notizie sulle misteriose pratiche che Donald Trump ha usato per la sua personale posizione fiscale negli ultimi anni. E già da prima che si insediasse alla Casa Bianca. Ad esse il presidente ha sempre risposto con distacco, anzi con asprezza tacciandole di falsità. Lo sta facendo anche in queste ore, dopo che il New York Times, con un puntuale reportage, che comunque non chiarisce completamente tutto di quello che riguarda il rapporto tra Trump e le tasse, ha svelato che nel 2016 (anno della sua elezione) e nel 2017 il presidente ha pagato all'erario federale appena 750 dollari.

Un obolo ancora meno che risibile per chi vanta, a destra e a manca, la solidità della sua posizione patrimoniale e che sembra continuare a tenerla ancora al centro delle sue attenzioni, nonostante il suo essere presidente degli Stati Uniti dovrebbe consigliare l'esatto contrario.
La stampa americana quando si tratta di tasse e di bugie non è abituata ad essere gentile o comprensiva, men che meno ben disposta nei confronti del potente di turno. Anzi, quanto più in alto siede l'obiettivo, tanto più il giornalismo d'inchiesta è aggressivo.

Cosa che si potrebbe dire del New York Times che, non foss'altro per essere il giornale della Grande Mela, la città dove è nato il mito di Trump grande imprenditore, quando si tratta di indagare sul presidente non adotta modi cortesi. Il risultato è che, nell'edizione di domenica, il NYT ha, con un lungo articolo, detto molto sullo stato finanziario dell'impero immobiliare che fa ancora capo a Trump.

Dal servizio (che comunque è parziale perché la materia di cui si è occupato è difficilissima da comprendere, una inestricabile matassa di arzigogoli per raggiungere l'obiettivo di pagare meno tasse possibile) emerge comunque una immagine che certo non fa bene a Donald Trump, impegnato totalmente nella campagna elettorale per la sua conferma e, quindi, ad insultare il ticket avversario, Joe Biden (sul quale ha sollecitato un esame anti-doping, raggiungendo picchi di sgradevolezza sconosciuti persino in America) e Kamala Harris.
Supponendo che la stampa statunitense potrebbe essere in qualche modo di parte, nella querelle sulle tasse (non) pagate da Trump, forse è bene affidare ad un prestigioso media straniero, il francese Le Monde, un primo giudizio sul servizio del New York Times.

Le Monde, pur non prendendo le parti di qualcuno, fa una considerazione certo condivisibile. Il quadro che emerge dal servizio giornalistico ''è quello di un impero (soprattutto immobiliare, ndr) indebolito dalle sue perdite, dove l'ottimizzazione fiscale viene praticata in tutte le direzioni, senza che nessuno sappia ancora se sia rimasta strettamente nel quadro della legge''.
Trump, come ormai consuetudine, ha bollato come false le notizie che lo riguardano e non sono di suo gradimento, ma questa volta è un pizzico più difficile fare passare il concetto che su di lui c'è un'opera sistematica di disinformazione.

Perché il New York Times non solo riferisce della ridicola somma conferita all'erario per le tasse del 2016 e 2017, quanto che, nei quindici anni precedenti, Trump non ha pagato un centesimo all'erario, ''aiutato'' in questo dalle notevoli perdite subite dall'Organizzazione Trump nello stesso periodo.
Può anche darsi, ma l'immagine di un Trump in difficoltà finanziarie al punto da non essere nelle condizioni di pagare anche solo un nichelino di tasse cozza in modo deflagrante con quella del tycoon, dell'imprenditore di successo, dell'uomo d'affari vincente, del conduttore del reality tv ''The apprentice'' che lui ha sempre proposto.

Insomma, sembra essere questo l'interrogativo che viene dalla lettura del New York Times, oggi Trump sembra essere meno credibile rispetto al passato perché non è un imprenditore di successo, ma ne ha solo interpretato la parte.
Che l'impero immobiliare di Trump stia affrontando un periodo difficile lo hanno accertato gli esperti fiscali ai quali il NYT ha affidato il compito di raccapezzarsi nel labirinto fiscale in cui il presidente ha celato la realtà della sua situazione finanziaria. Il primo elemento che suona come preoccupate per il presidente è che i molti club di golf (importanti anche per i terreni che portano in dote) che ha acquistato negli ultimi due decenni non sono più macchine da soldi come in passato, così come non starebbe dando i risultati sperati l'albergo, realizzato a Washington in un vecchio edificio pubblico, che doveva diventare il punto di riferimento per i funzionari in trasferta nel Distretto federale come per chi, imprenditore, spera in un buon contatto con l'Amministrazione.

Forse più che cifre, dati, comparazioni, analisi contabili, vale il concetto espresso dal New York Times e che trasuda crudeltà nei confronto di ''the Donald'': "Alla fine, Trump ha avuto più successo nell'interpretare un magnate degli affari che esserlo nella vita reale".
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