Ue: giro di vite contro l'uso politico dei migranti da parte di Paesi ostili

- di: Redazione
 
I migranti come arma politica: quello che ha fatto, negli ultimi mesi, il regime del dittatore bielorusso Aleksandr Lukashenko ha spiazzato l'Unione europea, pur non essendo, storicamente, un fenomeno nuovo. Tanto che l'anomala pressione dei flussi migratori al confine orientale dell'Ue sta spingendo l'Unione europea a cambiare quello che, sino a ieri, era il suo approccio solidaristico verso il fenomeno. Per la prima volta nella sua storia, infatti, l'Unione - sebbene la crisi al confine bielorussa appaia quasi completamente rientrata - sembra essere determinata a trattare i flussi migratori non tanto come un problema sociale, quanto di sicurezza e difesa, anche se con la consapevolezza che questo avrà ripercussioni sulla tutela del diritto di asilo.

Ue: giro di vite contro l'uso politico dei migranti da parte di Paesi ostili

D'altra parte la crisi bielorussa ha portato la Commissione europea a definire quanto stava accadendo al confine con la Polonia come un "attacco ibrido" (la definizione è stata usata, a settembre, dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen), cui hanno fatto seguito proposte più restrittive sugli standard di protezione internazionale quando i migranti diventano, loro malgrado, strumenti a fini politici dei governi di Paesi ''non amici'' dell'Ue. Come era scontato la svolta dell'Ue ha determinato una decisa opposizione da parte delle organizzazioni che difendono i diritti civili, ma anche di parte del Parlamento Europeo, che ritengono la svolta una violazione dei principi fondanti dell'Unione.

La situazione dell'Afghanistan, a seguito della conquista del potere da parte dei talebani, e il conflitto nel corno d'Africa sono considerati segnali preoccupanti di nuovi mesi di tensione migratoria.
Un segnale che si andrebbe a sommare ad un 2021 che si è chiuso con più di 120.000 ingressi irregolari attraverso il Mediterraneo ( un aumento di quasi il 30% rispetto all'anno precedente ). Una crisi che ha determinato anche un aumento esponenziale delle richieste di asilo che, solo per la Polonia, hanno avuto un aumento del 181 per cento rispetto all'anno precedente.
La Commissione europea ha avanzato a dicembre due proposte per inasprire le misure di asilo in situazioni di "strumentalizzazione dei migranti" da parte di Paesi terzi con "l'intenzione di destabilizzare" l'UE e il potenziale per "mettere in pericolo le funzioni essenziali" di uno Stato membro. La prima delle iniziative, messa sul tavolo il primo dicembre, mira ad autorizzare, in modo eccezionale e comunque, limitato un più duro trattamento dei profughi che raggiungono Polonia, Lituania e Lettonia. Questa misura, che deve ancora essere approvata dal Consiglio Ue (l'organo in cui siedono i 27 governi), include il mantenimento dei richiedenti asilo alla frontiera, l'estensione del trattamento delle domande fino a quattro mesi e il ritorno tempestivo a coloro che vedono la loro richiesta respinto. La seconda delle proposte - arrivata solo due settimane dopo - mira a rendere permanenti questi straordinari strumenti ed estenderli all'intero circolo comunitario.

A schierarsi contro questo giro di vite sono state organizzazioni non governative, ma anche parlamentari europei. Per European Council of Refugees and Exiles, le misure avrebbero effetti negativi, violando un lungo elenco di valori fondamentali: dal diritto alla dignità umana ai diritti del bambino. Bruxelles si avvia, comunque, alla luce delle decisioni che ha adottato, verso più rigoroso controllo delle frontiere comunitarie. L'agenzia europea Frontex, che prevede di aggiungere 10.000 agenti rispetto ai mille attuali, ha battuto i record di rimpatri di immigrati in situazione irregolare nella prima metà del 2021. La misura del rimpatrio, forzato o volontario, quindi, diventa uno dei principali strumenti del nuovo approccio comunitario al fenomeno della migrazione e che si traduce nel limitare la permanenza sul suolo comunitario esclusivamente a coloro che hanno diritto all'asilo e nell'accelerare le espulsioni del resto dei migranti in arrivo in Europa. Usare i migranti come arma di pressione o, addirittura, di ricatto non è un fenomeno recente, soprattutto dopo l'adozione della Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati. Lo sono stati i ''marielitos'' (gli esuli cubani in fuga, soprattutto via mare, agli inizi degli anni '80 diretti in Florida); lo sono stati i migranti che Gheddafi usò per chiedere all'Ue cinque miliardi di euro per fermarli sulle coste libiche ed evitare di fare dell'Europa ''un nuovo continente nero''.
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