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Scuola, la Camera approva la legge sul consenso informato: il testo passa ora al Senato

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Scuola, la Camera approva la legge sul consenso informato: il testo passa ora al Senato

La Camera ha dato il via libera al disegno di legge del Governo sul consenso informato in ambito scolastico. I numeri, 151 voti a favore, 113 contrari e un astenuto, parlano di un’assemblea attraversata da un brivido di divisione che non è semplice procedura parlamentare, ma indice del terreno sensibile su cui si è deciso di intervenire. Quando si sfiora l’educazione alla sessualità, la scuola smette di essere un luogo neutro e diventa un campo simbolico: ogni parola pesa, ogni voto è una dichiarazione di identità.

Scuola, la Camera approva la legge sul consenso informato: il testo passa ora al Senato

Il provvedimento ora passa al Senato, dove si replicherà lo stesso copione, forse con accenti ancora più marcati. Perché nulla, in politica, accende come una legge sulla scuola.

Che cosa prevede davvero la nuova norma
Il testo approvato stabilisce che le istituzioni scolastiche debbano ottenere il consenso informato preventivo dei genitori – o degli studenti se maggiorenni – per qualunque attività che riguardi temi attinenti all’ambito della sessualità. Non un’autorizzazione generica, ma una procedura più articolata: le scuole dovranno rendere disponibile il materiale didattico prima che l’attività venga svolta, in modo che le famiglie possano valutarlo in anticipo.

Una premessa, però, è netta: tali attività sono escluse per la scuola dell’infanzia e la primaria. Un confine che il Governo considera tutela dei minori, mentre le opposizioni ci vedono la logica di un arretramento culturale.

La linea di frattura: chi educa su temi sensibili?

Il voto di oggi è solo la punta del dibattito che percorre da anni la società italiana. Chi decide come si parla di affettività, di corpo, di relazioni? A chi spetta l’ultima parola: alla famiglia, alla scuola, allo Stato? Nell’Aula queste domande si sono fatte sentire, anche senza sempre essere pronunciate.

Da un lato chi rivendica la necessità di coinvolgere le famiglie in contenuti che toccano la sensibilità personale; dall’altro chi teme che la richiesta di consenso diventi un freno, se non un veto, sulla possibilità di fare educazione in un mondo in cui i ragazzi apprendono altrove – spesso peggio, spesso da soli – ciò di cui gli adulti preferirebbero non parlare.

È la scena politica italiana che si riflette in uno specchio antichissimo: la scuola come teatro delle nostre paure e delle nostre aspettative.

Verso Palazzo Madama, dove il confronto si farà più teso
La discussione si sposta ora al Senato. La maggioranza punta a un’approvazione rapida, desiderosa di chiudere un dossier che considera strategico nel proprio percorso identitario. Le opposizioni, invece, preparano una battaglia sulle nuance del testo: la definizione di “temi attinenti alla sessualità”, la trasparenza dei materiali, l’equilibrio fra autonomia scolastica e ruolo delle famiglie.

In mezzo, ci sono gli insegnanti, che temono un eccesso di rigidità; e ci sono gli studenti, che si troveranno ad affrontare un percorso più vincolato, mentre il mondo attorno a loro accelera senza chiedere autorizzazioni.

Una legge che non chiude ma apre un discorso

Il via libera della Camera non è un punto d’arrivo. È l’inizio di una discussione più ampia: che cosa significa educare oggi? Possiamo permetterci una scuola che delega alle famiglie ciò che non vuole affrontare? O al contrario è giusto che i genitori conoscano e approvino ogni passaggio quando si tratta di temi così delicati?

La legge sul consenso informato nasce in questo crocevia, e lo amplifica. La politica si divide, le famiglie si interrogano, il mondo educativo si prepara a cambiare procedure e responsabilità.

In attesa del verdetto del Senato, resta una certezza: la scuola italiana continua a essere il luogo dove si misurano le tensioni più profonde del Paese, e dove ogni riforma diventa un racconto di chi siamo – e di chi vogliamo diventare.

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