Sciopero generale: CGIL e UIL scelgono la "madre di tutte le proteste"

- di: Redazione
 
Chi ha consuetudine con le trattative - per averle condotte direttamente o solo per avervi assistito - sa che alla fine tutto si riduce a un gioco di ruolo, in cui ciascuno decide, già da prima che inizino le ostilità, chi interpretare e cosa fare, ipotizzando tutti gli scenari possibili per approntare le necessarie contromosse. Anche l'incontro che c'è stato tra Governo e sindacati sui contenuti della legge di bilancio non si è sottratto a questo cliché che ha visto al tavolo persone che si sono fatto portatrici di interessi sui quali hanno cercato di ottenere il massimo. E, sapendo che mai gli obiettivi possono essere conseguiti al cento per cento, avevano già ben chiara la soglia sotto la quale non potere scendere.
Tutto già visto, come era abbastanza scontato che, a meno di miracoli, dal tavolo qualcuno dei ''duellanti'' si sarebbe alzato e sarebbe andato via quasi sbattendo la porta, ritenendo le proprie richieste respinte in modo troppo secco. Ma la decisione di due (CGIL e ) delle tre gambe dei sindacati maggiormente rappresentativi (l'altro è la CISL) di replicare alla posizione del governo indicendo uno sciopero generale spinge ad alcune considerazioni, che sono abbastanza scontate, ma che non possono essere taciute solo per consuetudine, perché così accade sempre e c'é ben poco da fare.

Sciopero generale: CGIL e UIL scelgono la "madre di tutte le proteste"

Lo sciopero generale (al di là delle sue motivazioni, rispettabilissime, come, peraltro, le tesi del governo) è la scelta di maggiore conflittualità che una rappresentanza sindacale può fare. E' il passo definitivo nel percorso di ricerca di un punto di caduta che non appaia una sconfitta tra chi porta avanti la trattativa. Perché, è banale dirlo, lo sciopero generale è l'arma definitiva cui può fare ricorso un sindacato e oltre esso non c'è nulla.
Ma indire uno sciopero generale è anche l'ultimo appiglio che un sindacato dà alla controparte, per fare capire come le tesi che vengono contrapposte a quelle dei rappresentanti dei lavoratori devono tenere conto che l'esasperazione ha un limite, a costo di mettere in ginocchio un intero Paese. Perché è questo l'obiettivo sottinteso di uno sciopero generale, mostrare di non essere disposti ad accattare condizioni ritenute improponibili.

Però, pur nella condivisione delle motivazioni della decisione di CGIL e , è abbastanza scontato chiedersi se il particolare momento storico (e soprattutto per le scadenze che si stanno per avvicinare, minacciose, visti gli impegni presi con l'Ue nel 'do ut des' sui fondi comunitari) giustifica sino in fondo una decisione come quella di paralizzare il Paese, peraltro per poche ore e tutelando le esigenze di gran parte degli italiani.
Lo sciopero è un'arma, che possiamo ammantare di tutti gli orpelli della retorica, ma resta tale e di essa i sindacati fanno uso quanto ritengono di non potere tornare indietro, pena la perdita di credibilità. Ma i punti messi alla base della protesta (fisco, pensioni, scuola, lavoro, precarietà, giovani e donne) non possono essere depotenziati se non da una risposta forte del governo che, da parte sua, sostiene che sulle tematiche sociali sono state impegnate risorse ingenti e, comunque, capaci di dare risposte.

Quanto complicata è la vita se due soggetti che si contendono una vittoria pensano di essere nel giusto. Perché, se le risorse sono parecchie, è altrettanto vero che non possono rispondere a tutte le esigenze di una popolazione stremata da quasi due anni di pandemia, che si è sedimentata su una situazione che era già complicata. Questo il quadro generale, in cui trovano spazio anche altre motivazioni che sono interne al 'corpus' dei lavoratori che, mai come oggi, ha rappresentanze frastagliate, talvolta nate nel volgere di un mattino per soddisfare esigenze di pochi soggetti, però in grado di infliggere colpi durissimi all'agibilità di un intero Paese.

Il tempo dei sindacati gialli pensavamo fosse finito, ma non è esattamente così perché la moltiplicazione dei mezzi di comunicazione, se ha ampliato la platea dei destinatari, ha anche aumentato esponenzialmente la veicolazione di messaggi non esattamente fondati, ma che spesso mirano ad una informazione intossicata.
La mossa dello sciopero generale forse nasce anche da questo, dall'esigenza di ricostituire un consenso che negli ultimi vent'anni si è contratto, sacrificato sull'altare delle contrattazioni dirette e non nell'alveo di una comune azione su base nazionale.

Da qui al 16 dicembre - quando l'Italia targata CGIL e  si fermerà per otto ore, ad eccezione del comparto della sanità - c'è ancora margine per comporre la frattura. Ma forse i sindacati non possono fare quel passo indietro auspicato dal governo a meno che sul tavolo si ritrovino una palese marcia indietro da parte dell'esecutivo. Oggi ipotesi abbastanza remota, visto l'atteggiamento muscolare che Mario Draghi ha messo in campo ogni qual volta che qualcuno ha cercato di frenane i piani.
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