• Tutto con Bancomat. Scambi denaro, giochi ti premi.
  • Esprinet molto più di un distributore di tecnologia
  • Fai un Preventivo

Record di occupazione, ma i trentenni restano al palo

- di: Vittorio Massi
 
Record di occupazione, ma i trentenni restano al palo
Record di occupazione, ma i trentenni restano al palo
Ottobre 2025, dati Istat: occupazione al massimo storico, disoccupazione ai minimi da anni. Ma il mercato del lavoro italiano corre con una gamba sola: quella degli over 50. I 25-34enni arretrano, i sindacati parlano di squilibri strutturali, il governo rivendica il successo delle proprie politiche. Chi ha ragione?

(Foto: Michele Camisasca, Direttore generale Istat).

I numeri di ottobre: il record che cambia la fotografia

I nuovi dati Istat sul mercato del lavoro, relativi a ottobre 2025, raccontano un Paese in cui il lavoro cresce, almeno in termini quantitativi. Gli occupati sono 24 milioni 208mila, il livello più alto da quando esistono le serie mensili (dal 2004), con un tasso di occupazione al 62,7%, nuovo record storico.

Su base congiunturale gli occupati aumentano di 75mila unità (+0,3% rispetto a settembre), mentre il tasso di disoccupazione scende al 6% (-0,2 punti). Ancora più marcato il miglioramento per i giovani 15-24 anni, con la disoccupazione giovanile che cala al 19,8% (-1,9 punti). Il tasso di inattività (chi non lavora e non cerca lavoro) resta stabile al 33,2%.

Nel confronto annuo con ottobre 2024, gli occupati sono 224mila in più (+0,9%). La crescita è trainata dai dipendenti permanenti (circa +288mila unità in dodici mesi) e dagli autonomi (circa +123mila), mentre i contratti a termine risultano in forte calo (circa -188mila). Numeri che indicano un rafforzamento del lavoro stabile e una ristrutturazione della composizione occupazionale.

Il paradosso generazionale: su gli over 50, giù i 25-34enni

Sotto il titolo del “record occupazionale” si nasconde però un paradosso ormai ricorrente: a vincere sono soprattutto i lavoratori più maturi. A ottobre la crescita degli occupati interessa praticamente tutte le fasce d’età tranne quella 25-34 anni, l’unica in calo sia su base mensile che annua.

Gli over 50 non solo tengono, ma avanzano con forza: sono loro a spiegare quasi interamente l’aumento tendenziale, con diverse centinaia di migliaia di posti in più nel giro di un anno. Al contrario, i 25-34enni registrano un saldo negativo: decine di migliaia di occupati in meno nello stesso periodo. Il mercato del lavoro italiano, insomma, appare sempre più come una Italia a due velocità: dentro i più anziani, ai margini le nuove generazioni.

Questo quadro si inserisce in una tendenza di lungo periodo già evidenziata da Istat e da varie analisi: l’occupazione cresce, ma lo fa soprattutto nelle classi d’età più avanzate, mentre per gli under 35 il recupero post-pandemia è stato più fragile e discontinuo. Le ragioni sono molteplici: invecchiamento della popolazione, innalzamento dell’età pensionabile, percorsi formativi più lunghi, ingressi nel lavoro spesso frammentati e discontinui.

Disoccupazione in calo, ma non è la fine dell’emergenza giovani

Il calo della disoccupazione complessiva al 6% è un segnale indiscutibilmente positivo. Le persone in cerca di lavoro diminuiscono di quasi 60mila unità su base mensile, con un miglioramento che riguarda uomini, donne e tutte le classi d’età, secondo i dati Istat.

Anche la disoccupazione giovanile che scende sotto il 20% è da leggere con attenzione: la riduzione può essere dovuta sia a più giovani che trovano un impiego, sia a giovani che smestiscono di cercarlo, entrando così tra gli inattivi. La stessa Istat segnala da tempo che, fra i 15-34enni, una quota non trascurabile esce dal mercato del lavoro e non rientra subito in percorsi formativi strutturati.

È qui che si concentra la critica di chi parla di “record a metà”: si riduce la platea dei disoccupati, ma non si risolve il nodo di un’intera generazione che resta intrappolata tra contratti brevi, salari bassi e salti continui tra lavoro, inattività e formazione episodica.

Lavoro stabile in crescita, ma la qualità resta l’anello debole

È vero: rispetto a un anno fa, aumentano i contratti a tempo indeterminato e recuperano gli autonomi, mentre calano gli impieghi a termine. È un cambio di passo importante rispetto alla fase in cui il precariato sembrava destinato a divorare tutto il resto.

Ma se si guarda alla qualità complessiva dell’occupazione il quadro è meno entusiasmante. Diverse analisi ricordano che l’Italia continua a collocarsi tra i Paesi con i salari reali più deboli in Europa e un’alta incidenza di lavori a basso reddito, pur in presenza di occupazione in crescita. Studi recenti evidenziano come una quota significativa dei nuovi occupati sia concentrata in attività con retribuzioni medio-basse e spesso con forte stagionalità o discontinuità, in particolare nei servizi, nel turismo e in parte dell’industria leggera.

Anche il tema delle ore lavorate non è secondario: una parte del lavoro “in più” è in realtà part time involontario o micro-impiego, che faticano a garantire autonomia economica, soprattutto ai giovani. È questo il terreno su cui i sindacati insistono da mesi: non basta contare i contratti, serve misurare salari, stabilità, prospettive di carriera.

Donne, un avanzamento reale ma ancora incompiuto

Nel mare dei numeri spicca il dato dell’occupazione femminile, che supera il 54% e, secondo le elaborazioni di governo e centri studi, conta oltre 300mila donne in più al lavoro rispetto a un anno fa. Un progresso che viene definito “storico” dalla maggioranza, ma che va contestualizzato: la distanza con la media europea resta significativa e il tasso di partecipazione femminile continua a essere uno dei punti deboli strutturali dell’economia italiana.

Non è solo una questione di numeri: le donne sono sovra-rappresentate nei lavori a bassa retribuzione, nei part time non scelti e nei settori con minori possibilità di progressione di carriera. Il nodo conciliazione lavoro-famiglia, servizi per l’infanzia e carichi di cura non redistribuiti resta centrale, soprattutto nel Mezzogiorno.

Il governo rivendica “una strategia vincente”

Di fronte al nuovo record, l’esecutivo rivendica apertamente la paternità del risultato. La ministra del Lavoro Marina Calderone parla di trend “molto positivo” per il mondo del lavoro, sottolineando che cresce l’occupazione stabile, la disoccupazione scende e il tasso italiano si colloca “in media europea”. Il dato del 62,7%, insiste, confermerebbe la validità della strategia seguita dal governo negli ultimi tre anni e giustificherebbe il proseguimento della linea di riforme e incentivi ora in campo.

Al coro si uniscono esponenti della maggioranza: da Fratelli d’Italia, che legge nei numeri la prova del superamento della stagione dell’“assistenzialismo” e degli strumenti come il Reddito di cittadinanza, a Forza Italia, che parla di risultati che “premiano” le politiche a favore di imprese e famiglie. La vicepresidente del Consiglio con delega alle politiche sociali valorizza in particolare i dati su lavoro femminile e inclusione, mentre altri ministri rivendicano la tenuta del quadro nonostante una congiuntura economica definita “difficile”.

Anche il mondo delle imprese guarda con favore ai numeri. L’ufficio studi di Confcommercio invita a considerare il dato come un “segnale da accogliere con favore”, pur ricordando che il lavoro femminile e quello giovanile restano le aree più fragili e che la crescita dei posti deve accompagnarsi a un aumento di produttività e investimenti.

Opposizioni e sindacati: “Record da Titanic” e rischio crescita a due velocità

Sul fronte opposto, le opposizioni smontano la narrazione trionfalistica. Dal M5S, la vicepresidente del Senato Mariolina Castellone paragona chi festeggia i dati Istat agli orchestrali del Titanic: musica in coperta mentre la nave affonda. Il riferimento è alle persistenti disuguaglianze, al lavoro povero e alla fragilità del reddito di ampie fasce di popolazione, nonostante gli indicatori occupazionali in miglioramento.

I sindacati si muovono su una linea più articolata: riconoscono il progresso ma lo definiscono insufficiente e squilibrato. La Uil parla di numeri “allarmanti” per i più giovani, chiede un piano nazionale per l’occupazione giovanile e denuncia un mercato che “trattiene” i lavoratori più anziani lasciando indietro chi dovrebbe costruire il proprio futuro. Il rischio, sottolinea la segretaria confederale Ivana Veronese, è una crescita a doppia velocità che cristallizza le disuguaglianze piuttosto che ridurle.

La Cisl, per voce del segretario confederale Mattia Pirulli, insiste invece sul cambio di prospettiva necessario: la vera questione, osserva, non è più solo la quantità di lavoro, ma la sua qualità. Da qui il richiamo a un “patto di responsabilità” tra imprese, governo e parti sociali per spingere su produttività, formazione, innovazione e salari.

Dietro i numeri: demografia, riforme e nodi strutturali

Il boom degli over 50 non è un incidente statistico, ma l’effetto combinato di diverse dinamiche:

Primo, la demografia: la popolazione italiana invecchia rapidamente, e la quota di 50-64enni sul totale degli adulti cresce anno dopo anno. È naturale che, a parità di condizioni, questa fascia “pesi di più” anche nelle statistiche occupazionali.

Secondo, le riforme pensionistiche degli ultimi decenni – dalla legge Fornero alle modifiche più recenti – hanno spinto verso carriere lavorative più lunghe, rendendo più difficile l’uscita anticipata. Molti lavoratori restano al lavoro per necessità economica, altri perché le nuove soglie di età e contributi lo impongono.

Terzo, la difficoltà di transizione scuola-lavoro: i giovani italiani entrano nel mercato del lavoro più tardi rispetto ai coetanei europei, spesso con percorsi di stage, tirocini e contratti temporanei che non sempre si trasformano in occupazione stabile. Una parte significativa di under 35 continua a sperimentare lunghi periodi di precarietà o inattività alternata.

A ciò si aggiunge il tema delle competenze: molti settori, soprattutto quelli ad alta intensità tecnologica e di innovazione, segnalano una difficoltà nel reperire profili adeguati. Il risultato è paradossale: aziende che cercano lavoratori e giovani che non trovano lavoro, per un evidente mismatch tra domanda e offerta.

Cosa significano davvero questi dati per l’Italia

Il quadro che emerge da ottobre 2025 è, in sintesi, doppio:

Da un lato, l’Italia è oggi un Paese con più persone al lavoro che mai, un tasso di disoccupazione ai minimi e una struttura occupazionale che, almeno sulla carta, vede aumentare il lavoro stabile. Un risultato tutt’altro che scontato dopo una pandemia, due shock energetici, inflazione elevata e una congiuntura internazionale incerta.

Dall’altro, però, questo record è segnato da squilibri profondi: generazionali (over 50 in crescita, 25-34enni in calo), di genere (nonostante i passi avanti, le donne restano indietro), territoriali (Mezzogiorno in difficoltà cronica) e qualitativi (salari bassi, lavoro povero, part time involontario).

Il punto politico ed economico decisivo è questo: i numeri dell’occupazione da soli non bastano più. Per capire se il Paese sta davvero migliorando bisogna chiedersi:

– Che tipo di lavoro cresce?
– Con quali stipendi reali, in un contesto ancora segnato dall’inflazione?
– Con quali prospettive di carriera per i giovani?
– Quanto di questo lavoro è compatibile con la transizione digitale e verde che l’Europa richiede?

Il record di ottobre 2025 dice che l’Italia è capace di creare lavoro. La sfida dei prossimi anni sarà verificare se è in grado di creare buon lavoro, soprattutto per chi oggi resta alla porta: giovani, donne, lavoratori del Sud, figure con competenze non aggiornate.

In altre parole, il vero esame non sarà sul 62,7% di oggi, ma su quanto quel numero saprà tradursi in meno disuguaglianze, più mobilità sociale e salari dignitosi. Solo allora i “record” statistici potranno diventare, davvero, progresso condiviso.

Notizie dello stesso argomento
Trovati 7 record
Pagina
1
04/12/2025
Il Gemelli ottiene la certificazione di parità di genere
Un percorso interno che diventa impegno pubblico: “Ora avanti, non è un punto d’arrivo”
04/12/2025
Brunetta: “La sfida dei giovani è decisiva per la tenuta del Paese”
Il Cnel presenta il Rapporto sull’attrattività dell’Italia: capitale umano come variabile ...
03/12/2025
Record di occupazione, ma i trentenni restano al palo
Ottobre 2025 segna il massimo storico dell’occupazione in Italia: tasso al 62,7% e disoccu...
02/12/2025
Terna presenta il Piano Strategico 2025-2027 per l’inclusione delle persone con disabilità
Un modello organizzativo accessibile e integrato nella strategia del Gruppo
02/12/2025
Occupazione in crescita: Istat registra +75 mila posti a ottobre
Un mercato del lavoro che accelera, ma non per tutti
Trovati 7 record
Pagina
1
  • Con Bancomat, scambi denaro, giochi e ti premi.
  • Punto di contatto tra produttori, rivenditori & fruitori di tecnologia
  • POSTE25 sett 720