Mossa lampo su Truth: dazio al 100% sulle pellicole realizzate fuori dagli Stati Uniti. Questioni legali irrisolte, possibili ritorsioni e un duello politico con Gavin Newsom accendono il dibattito.
Hollywood si sveglia con una minaccia che colpisce al cuore la sua macchina internazionale: Donald Trump annuncia un dazio del 100% su “qualunque film realizzato fuori dagli Stati Uniti”. L’obiettivo dichiarato è riportare a casa le produzioni attirate dagli incentivi stranieri. Ma, al netto dello slogan, restano nodi sostanziali: su cosa poggia giuridicamente il provvedimento, cosa si intende per “film estero” nell’era dello streaming e come si applica una tariffa a un file digitale importato via rete.
Cosa c’è davvero nell’annuncio
Il messaggio è tranchant: 100% di dazio su ogni titolo “girato fuori dagli Usa”. Mancano però tempistiche, un atto esecutivo e l’ambito oggettivo: vale solo per i lungometraggi? anche serie, documentari e animazione? E soprattutto, come si definisce la “nazionalità” di un’opera? Cast, troupe, sede legale, location prevalente, finanziatori: senza criteri chiari, la misura appare politicamente dirompente ma tecnicamente incompleta.
Il nodo legale: tariffe sì, ma sui file?
Sul piano giuridico una strada teorica esiste (azioni per pratiche “sleali”), ma tariffare contenuti digitali scontra due ostacoli: i dazi colpiscono beni fisici alla frontiera, mentre i film oggi viaggiano come servizi/trasmissioni elettroniche; inoltre la moratoria WTO sull’e-commerce sconsiglia dazi sulle trasmissioni elettroniche. Si potrebbero tassare le copie fisiche (pellicole, Blu-ray), ma il mercato principale passa ormai dallo streaming. In breve: attuazione complessa e contenziosi probabili.
Filiere globali, effetti paradossali
La misura colpirebbe anche molte co-produzioni americane che girano all’estero per incentivi o logistica. Canada, Regno Unito, Irlanda, Spagna, Italia ospitano intere filiere che lavorano per Hollywood. Con un dazio, diversi titoli a marchio Usa rischiano di auto-penalizzarsi. Possibili ritorsioni da Ue, UK o Canada aumenterebbero l’incertezza e i costi lungo tutta la catena.
Sindacati e studios: più incentivi, meno clava
Nel fronte industriale avanza una linea pragmatica: rafforzare i crediti d’imposta federali, coordinare gli incentivi statali e sostenere l’occupazione, invece di innescare guerre tariffarie. Dalla galassia delle guild emerge l’idea che la via fiscale sia più rapida e solida della clava doganale.
Lo streaming è il vero campo di battaglia
La prima finestra economica è la distribuzione online. Un dazio “alla frontiera” su un file è difficile da incardinare. Una norma ad hoc sulle “importazioni digitali” aprirebbe un precedente internazionale e un possibile contenzioso. Alternativa più concreta: legare l’accesso a incentivi e detrazioni a requisiti di produzione domestica.
Politica pura: la frecciata a Gavin Newsom
Nell’annuncio spicca anche la chiave politica. La California viene indicata come “particolarmente colpita” e il governatore Gavin Newsom bersagliato. È l’ennesimo episodio del loro duello: Newsom ha adottato una strategia comunicativa aggressiva, anche ironica, che ha dato nuova energia alla base democratica. Il dazio è anche messaggio elettorale a Los Angeles e dintorni.
Cosa succede adesso
Scenario più probabile nel breve: nessuna tariffa immediata, ma un percorso esplorativo (agenzie competenti, testi attuativi) e possibili correzioni in corsa. Intanto le produzioni potrebbero rimodulare i piani (più riprese in Usa, hedge sui costi). Se il passo diventasse operativo, prevedibili ricorsi e dispute internazionali, con impatti su prezzi dei biglietti e cataloghi streaming.