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Caso Garlasco, rischio contaminazione sulle impronte rilevate con polveri e adesivi

- di: AdnKronos
 
Il consulente della famiglia Poggi all'Adnkronos: "Non avendo utilizzato pennelli singoli per evidenziare ciascuna traccia non si può escludere che ci sia stato un ‘trasferimento’ di materiale"
Le sessanta impronte rilevate dal Ris di Parma con polveri e adesivi per evidenziarle e asportarle dalle superfici all’interno della villetta di via Pascoli a Garlasco sono a "forte rischio contaminazione". E' il nuovo elemento che si aggiunge all’indagine della Procura di Pavia su Andrea Sempio, indagato per l’omicidio di Chiara Poggi. I para adesivi sono stati repertati dagli esperti poco dopo il delitto del 13 agosto 2007 e dopo quasi 18 anni saranno al centro dell’incidente probatorio che prenderà il via il prossimo 17 giugno.

L'impronta numero 10 e i dubbi dell'esperto
Le impronte, prelevate in particolare al piano terra della villetta e attribuite a persone note o non approfondite in quanto non ritenute utili, si trovano anche sulla porta d'ingresso toccata da più soccorritori e carabinieri, alcuni dei quali entrati senza guanti. Una di queste in particolare, la numero 10, vicino alla maniglia interna della porta d’ingresso ha catturato l’attenzione dei nuovi inquirenti e la difesa di Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni di carcere per l’omicidio della fidanzata, che punta ora a trovare un Dna utile all’indagine in corso. La consulenza tecnica dei pubblici ministeri ha già escluso che l’impronta sia riconducibile a Sempio, a Stasi o dei familiari della vittima.
Ora, però, il consulente della famiglia Poggi, il genetista Marzio Capra che ha partecipato fin dall’inizio all’indagine sull’omicidio, solleva una questione: "Sui para-adesivi - svela all'Adnkronos - c’è un forte rischio contaminazione, l’ipotesi è che non avendo utilizzato pennelli singoli per evidenziare ciascuna traccia, non si può escludere che ci sia stato un ‘trasferimento’ di materiale pennellando da una all’altra”. Difficile per lui anche pensare di poter ottenere ulteriori risultati dall’impronta 33, la traccia palmare - attribuita dai consulenti della procura a Sempio - trovata sulla parete della scala dove giaceva il corpo senza vita di Chiara. Un'impronta senza sangue - come mostrano i test fatti subito dal Ris - trovata vicino ai gradini che tuttavia l’assassino non calpesta. "L'intonaco grattato dalla traccia 33 è andato interamente consumato nel tentativo di trovare del Dna che comunque non sarebbe stato databile", conclude il genetista.

Le nuove indagini e i dubbi sul caso
Ma tra battaglia di indizi e speranza di prove certe, la nuova inchiesta della Procura di Pavia riapre il dibattito sul caso Garlasco. Mentre sull'amico del fratello della vittima c’è un’indagine coperta da segreto istruttorio, per l’allora fidanzato resta una condanna definitiva che ha seguito le regole.
La Procura di Pavia non si è mai occupata di Alberto Stasi, all'epoca c'era Vigevano poi la Corte d'Appello di Milano. Le richieste di archiviazione di Sempio, firmate dall'ex pm di Pavia Mario Venditti, hanno ottenuto l’approvazione di due diversi giudici e fanno parte dei sette tentativi della difesa Stasi di riaprire i giochi, tra cui due tentativi di revisione davanti Corte d'Appello di Brescia (nel secondo caso anche dalla Cassazione). Di recente il ricorso alla Corte europea dei Diritti dell'Uomo ha stabilito che il processo a Stasi è stato equo. I magistrati (circa 40) che si sono occupati del condannato hanno tutti riconosciuto la responsabilità di Stasi oltre ogni ragionevole dubbio.

Quando Stasi va a processo la legge gli consente di scegliere il rito abbreviato (non più possibile nei casi più efferati come dimostrano le condanne di Alessandro Impagnatiello o Filippo Turetta) e viene punito “con il massimo della pena” prevista per l’omicidio. Alberto Stasi "non appare meritevole di alcuna attenuante” visto il comportamento “tenuto contemporaneamente e dopo l'omicidio” data l’assenza di pietà per la vittima e avendo da subito sviato le indagini. La pena di 24 anni deve essere ridotta di un terzo per la scelta del rito abbreviato e si arriva così ai 16 anni di condanna.
Le prove che hanno inchiodato Stasi
Chiara viene colpita all’ingresso, trascinata fino alle scale della cantina, sollevata con le mani sporche di sangue e gettata giù. Le suole insanguinate delle scarpe ‘a pallini’ dicono che l’assassino si ferma al gradino zero, poi si lava in bagno. E’ certo che l’assassino si pulisce le mani ed essendoci sul dispenser (pulito) solo le impronte di Stasi questo fa di lui l’ultimo che l'ha toccato e quindi il killer, si legge in sentenza. Una prova rafforzata dalla suola insanguinata sul tappetino del bagno davanti al lavabo: scarpa Frau numero 42 che combacia con la taglia del fidanzato. Stasi ha una bici nera da donna vista da una testimone e non ha un alibi in quei 23 minuti (tra le 9.12 e le 9.35).

Ma allora le scarpe immacolate? Stasi uccide la mattina, torna a casa e finge di lavorare alla tesi. Prova a chiamare più volte Chiara e solo dopo quattro ore, pur sapendola sola in casa, va da lei in auto indossando le scarpe Lacoste. Dice di entrare, ma la perizia dell’appello bis (che in primo grado il gup Stefano Vitelli non fa fare) dimostra che quando il laureando dice di aver sceso un paio di gradini e di aver visto Chiara senza vita sta mentendo. E’ statisticamente impossibile su quelle macchie di sangue fresco non sporcarsi le scarpe. Ed è fisicamente impossibile vedere il corpo senza scendere, le conclusioni dei giudici.


 
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