Assolto Alberto Muraglia, il "vigile in mutande" eroe dei nostri tempi

- di: Diego Minuti
 

Ai più il nome di Alberto Muraglia non dirà assolutamente nulla perché quando egli assurse agli altari della notorietà nazionale (e forse anche d'oltre confine) fu etichettato solo dalla definizione di ''il vigile che timbrava in mutande'' che la diceva tutta sul sentimento di rabbia che l'opinione nazionale nutriva verso di lui e verso i suoi colleghi, dipendenti del Comune di Sanremo, presi in una retata anti-furbetti.

Muraglia fu ripreso, da una delle telecamere sparse in giro per il Municipio sanremese e le sue pertinenze dalla Guardia di Finanza a caccia di assenteisti, mentre strisciava il suo cartellino personale nell'apparecchio marcatempo collocato nel mercato comunale dove il vigile prestava servizio come custode.

Il frammento del video delle Fiamme gialle rimandava l'immagine di un uomo dalla pancia strabordante, appena contenuta da una maglietta a maniche corte, che sovrastava uno slip. Era appunto il vigile urbano che, sottoposto a provvedimento da parte della procura, insieme ad altri 33 dipendenti comunali, a distanza di cinque anni (cinque anni di massacro mediatico), è stato assolto, insieme a nove 'compagni di sventura', con una sentenza che non ha solo demolito l'impianto probatorio (in sostanza il rapporto della Finanza, su cui il pm ha costruito un castello di accuse con poco materiale realmente attendibile) quanto ha restituito, agli imputati, l'onore perduto. E questo aprirà, da qui a breve, una stagione di ricorsi ed istanze mirati alla riassunzione ed anche alla corresponsione delle mensilità non pagate durante la fase acuta dell'indagine.

Comunque, a salvare l'inchiesta sono state sedici condanne, inflitte a chi tra gli imputati - quasi tutti hanno ricorso al rito abbreviato - aveva posizioni indifendibili. Come quello che timbrava, si metteva in maglietta e calzoncini ed andava a praticare il suo sport preferito, il canottaggio. 

Uno dei punti cruciali di questa complicata vicenda è che il giudice, nel motivare le assoluzioni, ha posto una domanda affatto retorica, che verte sul dubbio su come chi frodato l'ente, facendo in modo di risultare presente quanto invece era in altro affaccendato, abbia potuto farlo nel totale disinteresse dei suoi diretti superiori, che sarebbe utile sapere come non si siano potuti accorgere di nulla. ''E sarebbe stato altresì interessante capire - si legge nella sentenza - per quali ragioni, data l'abitualità di tale modus procedendi, i dirigenti dei settori ai quali appartenevano i dipendenti ritenuti infedeli, non siano stati ritenuti responsabili (o comunque non siano stati indagati) per un loro (nell'ottica del Pm) palese concorso nei reati commessi da tali dipendenti''.

Ma torniamo ad Alberto Muraglia, il vigile in mutande. La sentenza, oltre ad assolverlo, lo dipinge come un lavoratore indefesso, che prestava servizio anche per un'ora in più al giorno senza chiedere una retribuzione aggiuntiva. E il particolare della timbratura in mutande? ''Fu perché aveva appena gestito il traffico sotto il diluvio in contemporanea con la Milano-Sanremo''.

E che dire della chiusa della sentenza nella parte che riguarda il vigile in mutande? 

''Anche ammesso che Muraglia abbia timbrato in mutande o in abiti succinti, non va dimenticato che le contestazioni (...) erano di falso e truffa .... non di atti osceni o di atti contrari alla pubblica decenza (illeciti anch'essi, comunque insussistenti, in quando allorché timbrava in mutande Muraglia era visto solo dai finanzieri che avevano collocato le telecamere). Se i media hanno fatto delle immagini del vigile in mutande, diffuse senza risparmio da giornali e televisioni, il simbolo del malcostume generalizzato dei pubblici dipendenti (......) questo giudice ritiene, in adesione a quanto sostenuto dalla difesa, che la timbratura in abiti succinti non costituisce neppure un indizio di illiceità penale e che abbia una sua spiegazione logica e non connotabile come indizio di illiceità''.

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