Giovanni Natali (AssoNext): "Il Ddl Capitali sia il primo passo per supportare la crescita delle PMI, in Italia e all'estero"

 

Giudizio ottimo sul Ddl Capitali che semplifica i mercati, ma che va inteso come primo passo verso una politica industriale di ampio respiro per fa esprimere alle Pmi italiane tutto il loro potenziale di crescita in Italia e all’estero, far affluire il risparmio all’economia reale mobilitando una parte di quella ricchezza detenuta da investitori istituzionali nazionali come fondi pensione, assicurazioni, casse di previdenza, che oggi viene allocata per lo più in obbligazioni governative e altri titoli di debito e che, almeno per una parte, invece potrebbe alimentare il mercato dei capitali, la delusione per il fatto che, nell’ultima Relazione annuale, il Governatore di Banca d’Italia Ignazio Visco non ha mai citato il termine ‘Borsa’, i numerosi e consistenti vantaggi, strategici e del conto economico, dell’impresa che accede al mercato dei capitali.

Da presidente di Assonext (l’associazione delle società quotate e di quelle che le stanno per seguire sul mercato Euronext Growth Milan), oltre che amministratore delegato e direttore generale di 4Aim Sicaf, Giovanni Natali è forse il più titolato a rispondere a una delle domande che gli operatori del settore delle pmi si pongono più di frequente. E cioè come attrarre nuovi investitori per il mercato Egm. E a lui, su questo argomento, “Italia Informa” ha posto delle domande. 

Giovanni Natali (AssoNext): "Il Ddl Capitali sia il primo passo per supportare la crescita delle PMI, in Italia e all'estero"

Assonext auspica che il ddl Capitali sia il primo passo verso una politica industriale di ampio respiro destinata a supportare la crescita in Italia e all’estero delle pmi, asse portante del Made in Italy. Può spiegarci attraverso quali strumenti si possono raggiungere questi obiettivi?

Il DDL Capitali è stato accolto con entusiasmo dai nostri Associati e da tutto l’ecosistema EGM perché ha dato un contributo fondamentale al processo di semplificazione dei mercati. Davanti ad un numero sempre più importante di società che intendono arrivare sul mercato dei capitali, oggi dobbiamo pensare anche a creare nuovi stimoli e incentivi, mirati ed organici, che portino a un incremento sensibile degli investitori istituzionali in grado di recepire un’offerta così robusta. Ciò può accadere ad esempio grazie all’intervento di soggetti a partecipazione pubblica (come ad esempio CDP Equity, Fondo Italiano d’Investimento, Invitalia, il neocostituito Fondo Strategico Nazionale del Made in Italy) che possono creare veicoli per investire le risorse dello stato sul mercato dei capitali pubblici, sia in sede di IPO sia successivamente, e ciò sia tramite interventi diretti che attraverso investimenti in veicoli di investimento destinati alle PMI quotate.

Un’altra strada da percorrere per supportare la crescita delle pmi è sicuramente rappresentata da nuove regole per i PIR e gli ELTIF, che incentivino concretamente il risparmio italiano a investire nell’economia domestica; oppure attraverso il risparmio previdenziale, che ha finora svolto un ruolo molto modesto e che, seguendo l’esempio della Francia, andrebbe decisamente potenziato.

 

Lei ha anche di recente sottolineato che i primi trenta investitori istituzionali che operano su EGM raggiungono a fatica i 500 milioni di euro e alcuni di essi hanno anche cambiato strategia, qualcuno addirittura uscendo da questo mercato. Come si fa ad invertire questa tendenza? 


Diciamo innanzitutto che i gestori specializzati in pmi, che seguono il mercato EGM, sono pochi in termini numerici e la loro attenzione a seguire contemporaneamente più operazioni è fisiologicamente ‘limitata’. Inoltre Banca d’Italia – in recepimento di direttive UCITS a livello comunitario – chiede alle società di investimento di porre attenzione / disinvestire gli investimenti nelle asset class illiquide. Secondo i parametri dati, gli MTF e quindi gli investimenti su EGM sono definiti illiquidi: per questo motivo i gestori stanno alleggerendo i propri portafogli, rientrando nella soglia di investimento del 10% (oltre la quale ci sarebbe un’assunzione di responsabilità da parte del gestore circa la liquidità del titolo).
Infine questi operatori, avendo minori dimensioni, si trovano ad affrontare costi di compliance molto elevati: la normativa primaria e secondaria che li riguarda andrebbe rimodulata con costi di proporzionali, prendendo anche spunto da altre esperienze Ue.

Tra coloro che lei considera restii ad investire nelle pmi ci sono anche i fondi pensionistici e il comparto delle assicurazioni, le cui riserve tecniche ammontano a 650 miliardi di euro (anche questo è un argomento che lei sente particolarmente). Si è dato una risposta al quesito del perché di questa mancata “attenzione”? E, sempre citandola, è vero che “basterebbe investire uno ‘zero-virgola’ delle loro riserve tecniche e magicamente la liquidità arriverebbe’?

Il risparmio previdenziale rappresenta un importante fonte potenziale di finanziamento alle PMI e il nostro Paese ha il risparmio privato tra i più elevati al mondo. Tuttavia questa ricchezza finanziaria, detenuta da investitori istituzionali nazionali come fondi pensione, assicurazioni, casse di previdenza, viene allocata per lo più in obbligazioni governative e altri titoli di debito: poco o nulla è destinato all’economia reale e all’investimento nelle imprese domestiche. Solo grazie a una concreta moral suasion delle Autorità di Vigilanza e dei policy makers si potrebbe creare una categoria stabile di investitori istituzionali di lungo termine: fare confluire anche solo uno ‘zero virgola qualcosa’ in investimenti in PMI quotate avrebbe un impatto molto significativo per il mercato borsistico.

 

A fronte dell’auspicio di quest’opera di convincimento, di moral suasion, di recente, nel corso di un dibattito, non ha risparmiato una stoccata al Governatore uscente della Banca d’Italia che, nella sua ultima Relazione annuale, non ha mai pronunciato la parola ‘borsa’. Una disattenzione o proprio una mancata attenzione?

Il caso del Governatore uscente della Banca d’Italia non è un caso isolato: purtroppo spesso accade che, in occasione degli incontri annuali di importanti istituzioni con la comunità finanziaria, si voli molto, troppo alto, affrontando temi macroeconomici, dissertando su cryptocurrency o intelligenza artificiale, senza fare mai accenno ai mercati di Borsa e in particolare a quelli dedicati alle PMI, che poi sono gli unici che si stanno sviluppando. E dunque mi rammarico per la poca attenzione riservata a un mercato di successo come Euronext Growth Milan. 

Lei, in una intervista, ha detto: “Un imprenditore che pensa alla crescita si patrimonializza, allarga la governance aziendale a soggetti esterni alla famiglia, sa che dal confronto con una pluralità di investitori la sua cultura economico-aziendale può solo aumentare, a vantaggio di tutti, anche del conto economico’”. Alla luce di queste considerazioni, quali sono le difficoltà che rileva nel processo di quotazione di società?

L’impresa che pensa alla crescita attraverso la quotazione non ricorre al debito, si rafforza patrimonialmente e ottiene un effetto positivo sul conto economico. Andando sul mercato si possono poi cogliere anche altre opportunità, come la possibilità di gestire i passaggi generazionali, managerializzare l’azienda oppure effettuare acquisizioni carta contro carta. Ricordo che su EGM ci si quota con un solo bilancio certificato e con i principi contabili italiani, in quattro mesi, senza la redazione di un prospetto informativo autorizzato dalla Consob, con un solo amministratore indipendente all’interno del board, con la possibilità di disegnare assetti azionari con voto maggiorato o voto plurimo. Il Governo poi, dal 2018, ha messo a disposizione un credito di imposta per i costi sostenuti nel processo di quotazione. Le difficoltà nel processo di quotazione? Le definirei stimoli a fare meglio: da quotata, la società deve essere trasparente, saper accettare le critiche e le bocciature degli investitori, le discese dei titoli e le interazioni con soggetti estranei (non solo il mercato, ma anche i revisori, i consulenti e così via). Ma quello che continuo a ripetere agli imprenditori è che ne vale assolutamente la pena.

La cito quasi testualmente, rispetto al fatto che bisogna convincere gli imprenditori che per crescere non c’è solo il prestito bancario, soprattutto in questo periodo con i tassi così alti. È così difficile convincere gli imprenditori? 

Sappiamo che l’aumento dei tassi riduce le possibilità di finanziamento per le imprese e, anche se non dovesse esserci una riduzione del credito alle imprese, il costo del denaro - del prestito bancario - andrebbe comunque ad appesantire il conto economico per effetto degli oneri finanziari, influenzando la redditività aziendale. In uno scenario di tassi positivi e in crescita, le imprese farebbero meglio a rafforzarsi patrimonialmente e decidere un aumento di capitale per arrivare in quotazione.

È recente la proposta, elaborata da una banca d’affari internazionale e da uno studio specializzato in operazioni d’impresa, che individua la strada per aumentare l’interesse verso il mercato italiano in una stretta al ruolo delle minoranze, spianando la strada ‘’a chi vuole uscire dalla Borsa’’. Qual è il suo giudizio su proposte del genere, nelle quali in molti vedono un modo per favorire i private equity?

Di proposte ne stiamo leggendo tante e in fondo ci dovremmo pure essere abituati a interpretarle a seconda di chi le formula. Ma, in quella cui lei fa riferimento, ha preso il sopravvento la sorpresa, perché non ci saremmo mai aspettati di leggere che, cito testualmente, ‘’ci sono ostacoli legali e finanziari per lo sviluppo delle operazioni di public M&A’’, giungendo addirittura a dire che ‘’la protezione ad ogni costo di minoranze (…) costituisce un grave freno allo sviluppo del mercato del controllo’’. Una affermazione che va contro ogni ragionevole approccio al problema di aumentare l’appeal del nostro mercato, anche perché sembra volere quasi riconoscere una posizione di privilegio ai private equity rispetto alle minoranze. Quasi che i soldi abbiano peso diverso a seconda di chi li tira fuori.  L’Opa è uno dei cardini dei mercati borsistici mondiali, speriamo che l’ottimo ddl capitali, frutto del libro verde elaborato negli anni scorsi, con le proposte di emendamento serie arrivate da diversi operatori e dalle associazioni, venga convertito i legge al più presto, senza ascoltare suggeritori inutilmente aggressivi.

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