L’area dei Campi Flegrei è tornata a tremare nella notte, quando una scossa di magnitudo 4,4 ha colpito la zona di Pozzuoli, epicentro di un fenomeno sempre più evidente: il rapido sollevamento del suolo, che ha visto la sua velocità triplicarsi nel corso degli ultimi mesi. Un trend che conferma l’intensificarsi della crisi bradisismica in corso, ma che – secondo gli esperti – non rappresenta al momento un’indicazione diretta di un’imminente eruzione vulcanica.
Campi Flegrei, la terra trema: il suolo si solleva tre volte più velocemente
Secondo Francesca Bianco, direttrice del dipartimento Vulcani dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), il fenomeno non è del tutto inatteso. Negli ultimi anni, l’area ha vissuto un aumento graduale del bradisismo, ovvero il sollevamento del suolo legato all’attività vulcanica sotterranea. Tuttavia, il dato che oggi preoccupa gli studiosi è la velocità con cui questo processo sta avvenendo. Se nel 2023 la media registrata era di circa un centimetro al mese, negli ultimi tempi si è passati a tre, un’accelerazione significativa che testimonia una maggiore pressione sotterranea.
Il bradisismo è un fenomeno noto nella zona flegrea, già osservato in diverse epoche storiche, ma la sua evoluzione può portare a conseguenze imprevedibili. L’ultima grande crisi si verificò negli anni ‘80, quando il sollevamento del suolo raggiunse livelli critici e rese necessaria l’evacuazione di migliaia di residenti da alcuni quartieri di Pozzuoli. Oggi, la situazione è diversa e il monitoraggio scientifico più avanzato consente di analizzare con maggiore precisione l’andamento del fenomeno, riducendo l’incertezza su eventuali sviluppi più critici. Tuttavia, l’attenzione resta alta.
L’analisi del fenomeno: cosa sappiamo
Gli esperti dell’INGV sottolineano che, nonostante il forte sciame sismico e il rapido sollevamento del suolo, non ci sono segnali di magma in risalita verso la superficie. Questo elemento, se presente, potrebbe indicare un processo eruttivo imminente. Al momento, gli studi geochimici e sismici non rilevano movimenti di materiale fuso in profondità tali da far pensare a una fuoriuscita di lava nel breve termine. Ciò non significa che il rischio sia inesistente, ma che il fenomeno va letto in un’ottica più ampia, considerando che i Campi Flegrei rappresentano un’area vulcanica tra le più complesse al mondo, con un equilibrio delicato tra movimenti del suolo, gas sotterranei e pressione magmatica.
Le scosse registrate nella notte, così come quelle che stanno caratterizzando il 2024, rientrano nella dinamica tipica del bradisismo. La pressione sotterranea tende a sollevare il terreno, generando fratture e microterremoti che possono diventare più intensi con l’aumentare della deformazione del suolo. La frequenza e l’intensità di questi eventi sono quindi strettamente legate al processo in corso.
La risposta delle istituzioni
A seguito della scossa, la Prefettura di Napoli ha convocato immediatamente una riunione del Centro di coordinamento dei soccorsi, coinvolgendo Protezione Civile, INGV e amministrazioni locali. L’obiettivo è valutare l’andamento della crisi sismica e predisporre eventuali misure di emergenza nel caso di un ulteriore intensificarsi dell’attività. Al momento, i danni segnalati sarebbero limitati, ma l’evento è stato avvertito chiaramente in tutta l’area flegrea e a Napoli città, alimentando preoccupazione tra la popolazione.
Il governo segue con attenzione la situazione. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è stata costantemente aggiornata sugli sviluppi e sulle eventuali necessità di intervento. L’attenzione dell’esecutivo è rivolta soprattutto alla sicurezza degli abitanti della zona, considerata una delle più densamente popolate d’Europa in un’area vulcanica attiva.
Il nodo della sicurezza e il rischio di evacuazioni
Le autorità locali e la Protezione Civile stanno valutando diverse opzioni nel caso in cui l’evoluzione del fenomeno dovesse rendere necessarie misure straordinarie. Uno dei temi più delicati è quello delle possibili evacuazioni. Già nei mesi scorsi, era stata discussa la necessità di un piano di emergenza che prevedesse un’eventuale delocalizzazione temporanea degli abitanti delle aree più a rischio, in caso di un aumento critico del bradisismo. Tuttavia, la prospettiva di dover trasferire migliaia di persone, come accaduto negli anni ‘80, è una scelta che le istituzioni vorrebbero evitare se non strettamente necessaria.
Uno degli aspetti più critici è rappresentato dalla vulnerabilità degli edifici. Molte strutture della zona flegrea risalgono a decenni fa e potrebbero non essere adeguatamente resistenti a una sequenza sismica più intensa. Questo elemento è uno dei punti su cui i tecnici stanno concentrando l’attenzione, valutando la necessità di verifiche strutturali sugli edifici più a rischio.
La popolazione tra paura e rassegnazione
Per gli abitanti dell’area flegrea, convivere con il bradisismo è una realtà consolidata. Negli ultimi anni, il fenomeno si è fatto più evidente, con scosse sempre più frequenti e un senso di insicurezza crescente. La comunità si divide tra chi è abituato ai terremoti periodici e chi, invece, teme che la situazione possa precipitare improvvisamente.
La memoria della crisi degli anni ‘80 è ancora viva tra i residenti più anziani, che ricordano l’evacuazione forzata e la difficoltà di ricostruire una vita lontano dalle proprie case. Oggi, l’incertezza è alimentata dalle informazioni spesso contrastanti che circolano sui social e tra i media, contribuendo a un clima di tensione. Le istituzioni, consapevoli di questo, stanno cercando di rafforzare la comunicazione con i cittadini, fornendo aggiornamenti costanti attraverso canali ufficiali per evitare allarmismi ingiustificati.
Prospettive future
L’evoluzione della crisi bradisismica nei prossimi mesi sarà determinante per capire quali scenari si prospettano per l’area flegrea. Il monitoraggio degli esperti continuerà a essere cruciale per valutare la progressione del fenomeno e individuare eventuali segnali di cambiamento.
La speranza delle autorità è che il sollevamento del suolo rallenti, riportandosi su livelli più gestibili. Tuttavia, il rischio di ulteriori scosse o di un’intensificazione del fenomeno non può essere escluso. L’attenzione resta alta, così come la necessità di un piano di gestione a lungo termine che garantisca sicurezza e stabilità a una delle aree più affascinanti e al tempo stesso fragili del Paese.