Da Artemisia Gentileschi a Valerio Adami, quattro mostre per il weekend

- di: Samantha De Martin
 

FOTO: Artemisia Gentileschi, Maddalena, 1630 - 1635, Olio su tela, 108 x 78.5 cm, Beirut (Libano), Sursock Palace Collection

La Maddalena di Artemisia torna a Napoli dopo 400 anni

Custodita nella prestigiosa collezione Sursock, a Beirut, il 4 agosto 2020 era stata gravemente danneggiata da un’esplosione. Adesso, sapientemente restaurata grazie all’intervento di Arthemisia, la Maddalena di Artemisia Gentileschi, dipinta dall’artista durante il periodo trascorso a Napoli, dal 1630 fino alla morte nel 1654, torna in città dopo 400 anni.

La si potrà ammirare dal 19 luglio al 19 gennaio al Complesso monumentale di Santa Chiara, a Napoli, nell’ambito dell’esposizione a cura di Costantino d’Orazio, realizzata grazie alla collaborazione tra la Provincia Napoletana del Ss. Cuore di Gesù dell’Ordine dei Frati Minori, il FEC (Fondo Edifici di Culto), Agape e Arthemisia.

Domodossola celebra i tempi del bello

L’arte di ogni tempo ha sempre attinto dal mondo classico. Giacomo Leopardi individuava il “Tempo de Bello” nella Grecia del V secolo a.C., quando artisti come Fidia, Mirone e Policleto interpretavano il concetto di bellezza come frutto di un equilibrio tra valori estetici ed etici, espresso dal termine kalokagathìa. Dal 18 luglio a Palazzo San Francesco di Domodossola - sede dei Musei Civici Gian Giacomo Galletti - oltre quaranta opere, tra dipinti e sculture in marmo e bronzo, provenienti da importanti musei italiani e prestigiose collezioni private, raccontano i vari “Tempi del Bello”.

L’occasione è la mostra I tempi del Bello. Tra mondo classico, Guido Reni e Magritte ideata e curata da Antonio D’Amico, Stefano Papetti e Federico Troletti.

Da non perdere il “divino” Guido Reni, il paladino della classicità nell’arte europea del Seicento, a Domodossola con l’Annunciazione della Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno, e il San Sebastiano di collezione privata. L’eleganza formale della Vergine e dell’angelo nell’imponente pala d’altare, e la torsione scultorea del busto nel giovane santo, testimoniano come nella Bologna del Seicento la conoscenza della statuaria classica fosse ampiamente diffusa.

Lecce riscopre la “Pompei d’Oriente”

Fino al 28 luglio il Monastero degli Olivetani di Lecce racconta una storia lunga 1500 anni con la mostra "Shahr-i Sokhta. Quando il mito diventa storia".

Pannelli esplicativi, 141 foto e una ricostruzione puntuale delle ultime evidenze scientifiche ripercorrono iper la prima volta in Italia le tappe degli studi condotti su un importante sito patrimonio UNESCO: un progetto archeologico multidisciplinare che vede coinvolti il Research Institute for Cultural Heritage and Tourism, il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, l’Iranian Center for Archaeological Research e l’Università del Salento, sotto la direzione di Enrico Ascalone e Mansur Sajjadi.

Non solo fortezze, guerre, apparati difensivi. Conosciuta come la Pompei d’Oriente, Shahr-i Sokhta, patrimonio UNESCO nell’iraniano Sistan-va-Baluchistan, secondo le ultime evidenze scientifico-archeologiche emerse grazie alle ricerche di Enrico Ascalone e Mansur Sajjadi, fu abitata già nell’Età del Bronzo da un popolo cosmopolita e pacifista, una “contemporanea” civiltà interculturale aperta al mondo, la cui esistenza racconta oggi una storia di pace e interscambio culturale.

La comunità scientifica internazionale lo considera uno dei siti più significativi dell’intera Età del Bronzo. Privo di mura difensive e di oggetti di offesa, basato su un’organizzazione di tipo eterarchico, pacifica e matrilineare, questo modello di sviluppo dovette collassare con l’inizio del secondo millennio a.C. per fattori climatici che misero fine almeno a tre delle grandi civiltà fluviali (Indo, Halil e Hilmand), per mostrare nuovi segni di ripresa solo 1500 anni dopo questa gravissima crisi.

La mostra rappresenta il culmine di una collaborazione scientifica iniziata nel 2016 tra Enrico Ascalone, docente di Archeologia e Storia dell’Arte del Vicino Oriente Antico presso l’Università del Salento, e Mansur Sajjadi dell’Iranian Center for Archaeological Research, direttore degli scavi nel sito a partire dal 1997.

Tra le più recenti scoperte si inserisce il ritrovamento di una tavoletta protoelamita con indicazioni contabili datata al 3000 a.C., che testimonia le complesse attività amministrative della città.

A Milano Valerio Adami, pittore di idee

Fino al 22 settembre Palazzo Reale, a Milano, accoglie un’antologica di Valerio Adami, uno dei maggiori artisti italiani del Dopoguerra.

La mostra, curata da Marco Meneguzzo, promossa da Comune di Milano – Cultura e prodotta da Palazzo Reale con l’Archivio Valerio Adami, con il patrocinio dell’Istituto Italiano di Cultura di Parigi, ripercorre i sessantacinque anni di carriera e ricerca del maestro attraverso oltre settanta quadri e una cinquantina di disegni, realizzati tra il 1957 e il 2023.

Contraddistinti dai segni distintivi della pop art - la linea nera, i colori accesi e piatti, i tratti decisi e i soggetti urbani - i suoi lavori diventano espressione critica del proprio tempo, caricandosi di citazioni visive.

Immagini di immediata leggibilità nascondono una narrazione più profonda. I quadri di Adami si popolano di metafore visive sofisticate e racchiudono concetti filosofici, letterari e mitologici, rappresentando l’evoluzione del pensiero occidentale.

La mostra è l’occasione per far conoscere il lavoro dell’Archivio Valerio Adami, nato nel 2021 con lo scopo di valorizzare, conservare, promuovere e tutelare l’opera di Valerio Adami.

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