Contrattempo di Paola Gandolfi: la femminilità si riappropria del centro della scena

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 

C’è un momento, un istante impercettibile, in cui tutto si ferma. Come quando l'orologio si inceppa, incapace di scandire un ritmo che non appartiene più alla linearità del tempo. In quello spazio sospeso, Paola Gandolfi disegna il suo universo femminile.

Contrattempo di Paola Gandolfi: la femminilità si riappropria del centro della scena

All’Auditorium Parco della Musica di Roma, tra le mura accoglienti del Foyer Sinopoli, si stagliano figure di donne monumentali. Donne che sembrano venire da un tempo altro, lontano dalla rigidità di ciò che è già scritto, eppure vicine, così vicine, che ci costringono a guardarle negli occhi. Con i loro colori sgargianti e il loro surrealismo pop, queste figure femminili si riappropriano dello spazio, come se da sempre fosse loro.

Le 14 tele, molte inedite, raccolte sotto il titolo Contrattempo, raccontano un femminile ribelle ma gentile, deciso ma mai urlato. È un femminismo che non si impone con violenza, ma che si insinua silenzioso, con la stessa naturalezza di una mareggiata che reclama la riva. Le donne di Gandolfi non chiedono il permesso: vivono, danzano, osservano o ignorano, a seconda del loro desiderio.

La parola “contrattempo” non è scelta a caso. In musica, è un’irregolarità, un movimento che sfugge all’armonia principale, e proprio per questo la arricchisce. Nelle mani di Gandolfi, il termine diventa metafora del femminile nella storia: un ritmo fuori sincrono, un inciampo che scompiglia le regole preordinate. Eppure, senza quel movimento dissonante, la melodia non sarebbe mai completa.

Come scrive la filosofa Geneviève Fraisse, il femminismo è sempre stato percepito come un’interferenza nel corso lineare della storia. Eppure, ci dice Gandolfi, è proprio in quell’interferenza che il femminile trova la sua forza. Le sue donne non temono di essere “fuori posto”. Al contrario, con una naturalezza disarmante, occupano ogni angolo della tela.

C’è un’ironia, un gioco, nei gesti e negli sguardi di queste figure. Non ci sfidano apertamente, ma ci mettono a disagio, ricordandoci quanto siamo ancora legati a un’immagine di donna piegata alle convenzioni. E proprio lì, nel contrasto tra la loro innocenza apparente e la loro consapevolezza profonda, nasce la rivoluzione silenziosa di Paola Gandolfi.

Fino al 2 marzo 2025, Contrattempo resterà un invito aperto, una riflessione visiva sulla femminilità e sulla sua capacità di scardinare i confini imposti. Non c’è fretta di rispondere alle domande che queste tele ci pongono. Come ogni contrattempo, la loro forza sta proprio nel tempo sospeso che ci concedono per pensare.

Forse, uscendo dall’Auditorium, sentiremo addosso un nuovo ritmo. Non più imposto, ma scelto. E non è forse questa la vera libertà?

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