L'amministrazione statunitense, con un passo che non ha precedenti nelle pur complesse relazioni con Israele, ha annunciato che non invierà armi se il primi ministro Benjamin Netanyahu dovesse dare il via ad una massiccia operazione a Rafah. Il governo degli Stati Uniti ha quindi confermato la sospensione della consegna di armi ad Israele, tra le quali 1.800 bombe da 2.000 libbre e e 1.700 bombe da 500 libbre (226 kg). Altre consegne di armi previste nel prossimo futuro dovrebbero essere riviste, a seconda degli sviluppi a Rafah.
Il pensiero dell'Amministrazione americana è stato chiarito, senza possibilità d'essere interpretato, dallo stesso Joe Biden che, in una intervista alla CNN trasmessa ieri era, ha detto ''L’ho detto chiaramente a Netanyahu e al gabinetto di guerra: non avranno il nostro sostegno se andranno nei centri abitati''.
Medio Oriente - Biden minaccia Netanyahu: "Niente armi se attacchi Rafah"
Il presidente americano ha sottolineato che per il momento gli israeliani hanno occupato solo il valico di Rafah, creando così "problemi" con l'Egitto, interlocutore essenziale di Washington in questa crisi. Ma nel caso di un’operazione su larga scala, ''non forniremo armi e proiettili di artiglieria'', ha il presidente. Si tratta di un punto di svolta, ma non di una rottura strategica, nel sostegno totale dell’amministrazione americana a Israele dal 7 ottobre 2023.
All'inizio di marzo, il Washington Post aveva rivelato che in sei mesi erano già state organizzate quasi un centinaio di consegne di armi, un vero e proprio ponte aereo. Il 24 aprile Joe Biden ha firmato una legge approvata dal Congresso che concede 15 miliardi di dollari di aiuti aggiuntivi a Israele e ai palestinesi. Di questa somma, 5 miliardi sarebbero destinati ai tre sistemi di difesa antimissile dello Stato ebraico.
Il pacchetto di aiuti militari non è messo, comunque, in discussione, poiché è considerato cruciale, soprattutto dopo il recente attacco dell'Iran contro Israele, portato con l'utilizzo di droni e missili. D’altro canto, gli Stati Uniti mettono in dubbio il lancio massiccio di bombe usate indiscriminatamente da Israele. Sette mesi dopo l'inizio del conflitto, l'amministrazione ha utilizzato questa leva di pressione, sulle quali non si conoscono ancora le reazioni di Israele.
Secondo gli analisti americani, la scelta di sospendere la consegna di armi riflette sia l'esasperazione provocata a Washington dall'atteggiamento del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che la apprensione per le conseguenze per la popolazione di un'operazione di massa a Rafah, che, infine, una questione giuridica sulla responsabilità americana.